Gli animali hanno un cuore? Pure a questo devi badare quando fai la Brexit
Il divorzio del Regno Unito con l'Europa risucchia tutte le energie e succede anche che un voto parlamentare banalissimo diventi uno scontro epocale
Milano. Il governo inglese “perde la battaglia online” titolava ieri la newsletter politica e quotidiana e imprescindibile del Times di Londra. Da qualche tempo molti commentatori e politici, per lo più conservatori, si stanno interrogando sulla comunicazione del governo e in generale su come si svolge il dibattito politico sulla rete. Il ritardo accumulato è già un problema, se si pensa che nel frattempo il mondo corbyniano, legato cioè al leader laburista Jeremy Corbyn, si è grandemente organizzato, al punto che oggi un anonimo deputato dei Tory dice: “Ogni giovane che abbia un po’ di dimestichezza con questo mondo e queste dinamiche è probabilmente già corbynista”. Il Labour e il suo leader retrò che con la politica della nostalgia si è portato dietro un mondo giovanissimo innamorato di antiche utopie – come Bernie Sanders in America, di più forse – stanno levando ai Tory le risorse umane che servono per sistemare guai di comunicazione ed elettorali.
Da cinque mesi l’headquarter del partito è senza un direttore del digitale, da quando se n’è andato Bethany Wheatley. L’offerta di lavoro, che pure pare sulla carta molto gustosa, non è riuscita ad attirare nessuno. A Downing Street invece un consulente è arrivato, scrive il Times, si chiama Mario Creatura (i suoi genitori sono italiani, ma lui ha passato tutta la vita nel Regno Unito, a Croydon, dove è consigliere per i conservatori), e si è già visto che ha voglia di fare perché mercoledì, il giorno in cui è stato annunciato il budget dal cancelliere dello Scacchiere Philip Hammond, l’account @theresa_may della premier ha postato ventisei tweet, più di tutti i tweet degli otto giorni precedenti, e il record da quando l’anno scorso Theresa May è stata nominata premier. Fino a ora, la comunicazione sui social del governo era stata viziata da rivalità interne, dalla voglia di-non-fare-come-David-Cameron, predecessore della May a Downing Street che era molto attivo sui social ma ha quello sfregio sul curriculum che è la sconfitta al referendum sulla Brexit, e da alcuni progetti abbandonati, come le diecimila sterline che erano state investite su Snapchat senza un chiaro obiettivo, e quindi sprecate. Nei mesi ci sono stati anche goffi tentativi indipendenti di rilanciare l’immagine del governo e controbattere alla retorica anti May, che sono diventati materiale di ulteriore dileggio sulla rete. Per non parlare della corsa dei conservatori a creare un “Momentum di destra”, sulla falsa riga del Momentum corbyniano, che con la sua campagna “grassroot” ha determinato il successo della sinistra radicale e ha introdotto un modello di attrazione del voto giovanile. Nonostante i molti tentativi e le tante iniziative, anche elaborate, ancora i conservatori non sono riusciti a impostare un progetto proprio per recuperare quel terreno elettorale che, tra Brexit e tentennamenti politici, è andato perduto. Quel che più sembra grave, dicono alcuni commentatori, è che pare che il governo e i Tory non abbiano molto idea di come creare questo progetto e che abbiano un grande problema di “capitale umano”.
La Brexit sta risucchiando tutte le risorse di competenza del sistema inglese, e per fare il resto, riformare, rinnovare, comunicare, rimane poco. E attorno invece il mondo si muove, in quel suo modo convulso, e succede anche che un voto parlamentare banalissimo diventi uno scontro epocale. E’ accaduto con un emendamento sulla legge che governerà la Brexit che prevedeva che “obblighi e diritti contenuti nei protocolli europei sulla senzienza degli animali dovrà essere riconosciuto nella legislazione interna anche dopo l’uscita dall’Ue”. L’emendamento è stato bocciato e così si è detto che i Tory pensano che gli animali non abbiano un cuore. E’ intervenuto il ministro dell’Ambiente, quel Michael Gove che è tornato a essere popolare e chiacchierato, allargando il problema: le fake news distorcono ogni cosa. Ma il guaio del governo, sulla Brexit e su tutto il resto, è che c’è un’asimmetria nel negoziato e c’è un’asimmetria informativa. E’ su questo che bisognerebbe lavorare.