La questione irlandese è esplosiva per la May e la sua Brexit
La frontiera tra Irlanda e Irlanda del nord sta creando un'altra crisi nel negoziato. May incontra Tusk, Dublino vacilla
Bruxelles. Molto più dei miliardi del “Brexit bill” sono le frontiere e le sovranità nazionali sull’isola d’Irlanda che rischiano di far andare a sbattere il Regno Unito fuori dall’Unione europea senza un accordo per unuscita ordinata. Il premier britannico, Theresa May, ieri ha incontrato il presidente del Consiglio europeo, Donald Tusk, per tentare una svolta sul conto della Brexit che permetta ai leader dell’Ue a 27 di dichiarare a metà dicembre che ci sono “progressi sufficienti” nei negoziati per passare alla seconda fase sulle relazioni future. “Ci sono ancore questioni da risolvere”, ma l’atmosfera è “positiva”, ha detto la premier. May si è presentata al tavolo con un’offerta più consistente dei 20 miliardi di euro evocati a settembre. Ma è toccato all’Irlanda, malgrado una crisi di governo in corso, ricordare che la Brexit non è solo una questione di soldi. “Se non saranno fatti progressi (...) su come evitare una frontiera fisica sull’isola di Irlanda, non possiamo muoverci alla fase due” dei negoziati, ha avvertito il ministro degli Esteri irlandese, Simon Coveney: “Non permetteremo che una frontiera riemerga”. Le altri capitali dell’Ue sono sulla stessa linea. La svolta sui “progressi sufficienti” a dicembre è possibile, ma la sfida è “enorme”, ha spiegato Tusk con un nuovo ultimatum a May: “Dobbiamo vedere progressi da parte britannica entro 10 giorni su tutte le questioni, inclusa l’Irlanda”. Il capo-negoziatore dell’Ue, Michel Barnier, ha fatto circolare una proposta che Londra ha subito rifiutato: permettere all’Irlanda del nord di restare nell’unione doganale e nel mercato interno, portando a una separazione di fatto dal Regno Unito.
May ha assicurato di non volere crear una “barriera al commercio e alla circolazione delle persone” tra l’ Irlanda e l’Irlanda del nord. “Con il dovuto rispetto, non possiamo passare alla seconda fase (dei negoziati) sulla base di auspici”, ha risposto Coveney, chiedendo “risposte credibili” prima del Vertice del 14 e 15 dicembre. Dopo aver trascorso mesi a studiare tutte le opzioni, Dublino e Bruxelles vedono un’unica soluzione: separare legalmente l’Irlanda del nord dal Regno Unito. Per preservare la nuova normalità irlandese seguita al processo di pace, occorre salvaguardare la libera circolazione di beni e persone, senza dogane e file. Ma, con l’uscita del Regno Unito dal mercato interno e dall’unione doganale, una frontiera aperta in Irlanda significherebbe un buco da cui potrebbero passare merci e persone senza pagare dazi o rispettare le regolamentazioni reciproche. L’Ue e il Regno Unito si erano impegnati a trovare soluzioni creative, ma telecamere e micro-chip non bastano. Una volta ritrovata la sua sovranità, Londra potrebbe imporre standard diversi da quelli dell’Ue su sicurezza alimentare, benessere degli animali o ambiente. Se ci saranno “divergenze in termini regolatori” tra Irlanda e Irlanda del nord “sarà molto più difficile evitare controlli a una frontiera fisica”, ha spiegato Coveney.
Per May e il suo governo di minoranza, che dipendono dagli unionisti nord-irlandesi, la frontiera sul Canale di San Giorgio è politicamente molto più esplosiva che mettere mano al portafoglio per il “Brexit bill”. “Può far saltare May”, spiega al Foglio un diplomatico. Alla premier britannica non resta che aggrapparsi alla possibile caduta del suo omologo irlandese, Leo Varadkar. Anche il suo governo di minoranza è in bilico, dopo che il principale partito di opposizione, il Fianna Fáil, ha presentato una mozione di sfiducia contro la vicepremier Frances Fitzgerald per uno scandalo del 2006. Un’iniziativa “sconsiderata”, l’ha definita Coveney: “L’Irlanda non ha bisogno di un’elezione ora”. Al Vertice di dicembre verranno perse “decisioni enormi per il futuro dell’Irlanda”. Ma soprattutto del Regno Unito.