Cade pure Matt Lauer, il volto rassicurante dell'informazione perbene
Le accuse di molestie hanno sporcato anche il rituale puritano della Nbc
New York. Le detronizzazioni da molestie sessuali si dividono in quelle con rehab e quelle senza, per il resto sono tutte pressoché identiche: l’accusa, il licenziamento esemplare, le scuse sentite, le inchieste che dimostrano il pattern della perversione, la costernazione delle persone vicine al molestatore, donne comprese, che non s’erano mai accorte di nulla, ma la resa dei conti è già in ritardo, overdue è un termine centrale in questa fase, e poco importa se tante possono testimoniare che con loro l’orco è stato sempre più che galantuomo. La cacciata di Matt Lauer segue il copione, compresa la grande divisione fra quelli che sapevano e quelli che non sapevano. Megyn Kelly, che ora sarà la più pagata del network, dice che aveva sentito molte voci su di lui, ma sperava che fossero false; Jeff Zucker, presidente di Nbc che ha prodotto lo show “Today” per dieci anni e conosce Lauer da venticinque anni giura che non aveva mai avuto sentore delle abitudini dell’amico.
La Nbc ha ricevuto una dettagliata segnalazione da parte di una donna molestata, un paio di giorni dopo ha stracciato il contratto, altre storie si sono aggiunte per completare il quadro dell’abuso e trovare una collocazione precisa per Lauer, che è del tipo che regala a una collega un vibratore con suggerimenti sull’uso nel biglietto di auguri e si cala i pantaloni per mostrare le nudità alla stagista convocata d’urgenza in ufficio. Lauer ha riproposto il comunicato di scuse standard (“non ci sono parole per esprimere la mia tristezza e il mio senso di colpa per il dolore che ho causato ad altre persone con le mie parole e le mie azioni”) ma ha aggiunto come nota a margine che “alcune delle cose che sono state dette su di me sono false o fuorvianti”, ma “c’è abbastanza verità per farmi sentire imbarazzato e pieno di vergogna”. Non c’è niente di nuovo sotto il sole di questo rituale espiatorio, senonché la caduta di Lauer presenta un elemento peculiare rispetto a tutte le altre defenestrazioni dell’èra post Weinstein. Da vent’anni Lauer è il volto pulito e rassicurante che accompagna il risveglio dell’America nel salotto della più antica e istituzionale delle televisioni, praticamente un simbolo marmorizzato del buon senso, dei valori della famiglia, delle idee misurate e mai strumentali. “Today” è il luogo dell’informazione dove si rifugia chi non vuole iniziare la mattinata con i tweet di Trump, e per questo la caduta di Lauer è sostanzialmente identica a quella degli altri ma fa più rumore.
Nel mondo giornalistico lo scandalo è iniziato con Roger Ailes e Bill O’Reilly, la spina dorsale dei conservatori di Fox News, ma per loro vigeva una tacita presunzione di colpevolezza. Violenza, machismo e perversioni erano ovvietà in attesa di essere corroborate in modo puntuale dai fatti. Da lì si è aperto il vaso di Pandora, e l’inquisizione femminile si è spostata sul mondo del cinema, cioè il mondo del casting couch e della promiscuità come regola di socializzazione, un settore dove l’aspettativa d’innocenza e candore è pari allo zero, dove le regole del gioco sono chiare a chiunque non abbia vissuto su un anello di Saturno negli ultimi cinquant’anni e più. Anche Charlie Rose, il più venerato e potente fra i giornalisti che sono stati finora colpiti dalle baccanti, era un personaggio a cavallo del mondo dello spettacolo, un ottocentesco uomo di mondo con tanto charme e potere. Lauer era invece il custode di un rituale quasi puritano dell’informazione, e un divorzio turbolento non aveva dissuaso le casalinghe di tutta America dal seguirlo. Ora ha perso tutto, probabilmente anche la fattoria che stava per comprare in Nuova Zelanda, dove gli stranieri che vogliono acquistare proprietà devono dimostrare di avere un good character.