Perché l'Europa deve puntare a contare nel nuovo "GX"
Il ministro degli Esteri tedesco Gabriel riflette sul nuovo ordine mondiale e su come fare per non subire i cambiamenti. Con tre opzioni
Berlino. Se la Germania, l’Europa vogliono giocare un ruolo nel mondo, allora devono decidere e in fretta “se intendono plasmare il nuovo ordine mondiale o farsi plasmare. Perché l’opzione di mettersi in disparte e vedere che succede non esiste più”. Questo ha detto ieri il socialdemocratico Sigmar Gabriel, ministro degli Esteri tedesco, invitato dal think tank Körber Stiftung ad aprire il Berlin Foreign Policy Forum, uno degli appuntamenti annuali più importanti in tema di politica internazionale. “L’Europa oggi viene percepita come un continente ricco ma debole” e questo perché manca una strategia, “ma solo se definirà il proprio ruolo e i propri interessi proiettandoli poi in azioni potrà sopravvivere”.
Questo intervento è stato inteso anche come il momento di apertura del Congresso dell’Spd che inizia domani a Berlino. Tutta l’Europa guarda alla capitale tedesca per capire se ci sarà la terza grande coalizione, se i socialdemocratici invece preferiranno appoggiare un governo di scopo, oppure si se i tedeschi torneranno a votare. Gabriel non ha fatto mistero di prediligere una grande coalizione. E forse anche per questo ieri ha illustrato un quadro mondiale a tutto tondo, sottolineando l’urgenza di cogliere l’occasione offerta da un capo di stato francese europeista convinto, quale è Emmanuel Macron “che va considerato soprattutto dalla Germania come una particolare fortuna”. Anche in considerazione del fatto che con l’arrivo di Donald Trump a capo degli Stati Uniti, gli equilibri sono cambiati. Già Angela Merkel, quest’estate di ritorno dal G7 a Taormina, l’aveva detto e Gabriel ieri non ha fatto che ribadirlo: “Gli Stati Uniti non sono più nostri protettori, ma sono diventati a loro volta ‘combattenti’ sulla scena internazionale, come tanti altri attori, tra questi altri c’è anche l’Unione europea”.
L’Europa sino a oggi si è nascosta volentieri dietro ai suoi valori fondanti. E la Germania dietro la Ostpolitik, per bloccare attese, richieste di un maggior impegno sul piano internazionale. Ma proprio partendo dalla Ostpolitik, che “comunque non può più essere a firma esclusivamente tedesca, semmai europea”, ha sottolineato Gabriel, “è curioso notare quanto siano aumentate nell’Ue proprio le tensioni tra nord e sud, tra est e ovest”. E, andrebbe aggiunto, quanto proprio certi valori in alcuni paesi dell’est Europa rischiano vieppiù di essere spazzati via. E’ un mondo che si sta riaggiustando e riassestando. La direzione non è ancora chiara, chiaro è secondo Gabriel invece che “non basta più la prosperità economica per contare. Non basta per la Germania e neanche per l’Europa”. Berlino smettere di lamentarsi di essere un contribuente netto dell’Ue, “siamo al tempo stesso anche quelli che ci guadagnano di più”. Berlino e Parigi devono rimboccarsi le maniche, e indicare la direzione che il mondo del futuro prenderà.
Le possibili direzioni sono secondo lui tre. La prima è verso un mondo G0, dove non vigono né un piano né una strategia, ma semplicemente confronto e scontro tra poteri. Uno scenario simile sarebbe letale per la Germania, così come per qualsiasi altro paese dell’Ue. Oppure un mondo G2, dove come in passato sono due superpotenze a dettare le regole del gioco, a determinare gli equilibri. Diversamente dal passato però una delle due superpotenze sarà la China. La terza direzione, e quella per lui auspicabile, sarebbe verso un mondo GX, cioè con diversi centri gravitazionali.
E’ un discorso quello di Gabriel che oscilla tra uno sguardo, come lui stesso dice, oltre il proprio piatto, e a volte in quel piatto (tedesco) ci inciampa. Per esempio quando si riferisce alle sanzioni nei confronti della Russia, decise quest’estate dal Congresso americano. Sanzioni che, sottolinea, rischiano di avere ripercussioni anche sui rifornimenti energetici tedeschi. Per questo, dice, la Germania deve mostrarsi più consapevole nella difesa dei proprio interessi. Gabriel non appoggia né le intenzioni di Trump di disfare l’accordo sul nucleare con l’Iran e nemmeno la decisione di Washington di riconoscere Gerusalemme come nuova capitale di Israele. “La soluzione del problema Gerusalemme può essere trovata solo dalle parti in causa. Tutto il resto è controproducente”. Infine, curare i proprio interessi vuole dire non permettere che il ritiro degli Stati Uniti da accordi o da aree di conflitto e influenza lasci dei vuoti. Come è accaduto in Siria, dove Mosca ha colto la palla al balzo, ergendosi a uno degli attori principali e aprendo al contempo un varco anche a paesi i cui rapporti con l’Ue si sono fatti tesi e difficili: per esempio la Turchia.
Non è più tempo di nascondersi, anzi l’Europa deve imparare dalla Cina, l’unico paese che si è dotato di una strategia geopolitica. E ancora deve studiare e imparare dal recente incontro a Sochi sul Mar Nero. Putin ha invitato il presidente siriano Bashar el Assad, quello turco Recep Tayyip Erdogan, quell’iraniano Hassan Rouhani. “C’è chi l’ha soprannominato il summit delle anime nere. Ma ai partecipanti poco importa, sono disposti a incassare queste e altre critiche, basta raggiungere il loro fine: rivendicare un ruolo sullo scacchiere internazionale”.