L'ambiguità di Macron sul medio oriente
I francesi disapprovano la scelta trumpiana e cercano di dialogare con Teheran
Roma. Emmanuel Macron “disapprova” la decisione di Donald Trump. Ieri il presidente francese, in visita in Qatar, è tornato ancora una volta sul trasferimento dell’ambasciata americana in Israele da Tel Aviv a Gerusalemme: “E’ una decisione unilaterale, come ho già detto non la condivido e anzi la disapprovo perché contraddice il diritto internazionale e le risoluzioni del Consiglio di sicurezza delle Nazioni unite”. La Francia, in questo momento lo stato europeo più impegnato nelle questioni internazionali, soprattutto in medio oriente, non sosterrà dunque la volontà americana di imprimere un cambio di passo al conflitto israelo-palestinese e ribadirà la posizione contraria durante il Consiglio di sicurezza straordinario convocato per domani al Palazzo di vetro.
I francesi sono da sempre a favore della soluzione dei due popoli, due stati con una capitale unitaria, l’atteggiamento fermo dunque non sorprende. Anzi, dà modo al presidente di mettere in pratica il suo personale modo di agire, riassunto sui giornali con la formula “enmêmetempisme”, in riferimento all’intercalare “en même temps”, allo stesso tempo, utilizzato in maniera ossessiva in quasi tutti i discorsi pubblici. La Francia sta giocando una partita molto ambigua in medio oriente, muovendosi abilmente tra il blocco sunnita e quello sciita, e proponendosi come potenza stabilizzatrice della regione. Così, se il ministro degli Esteri, Jean Yves Le Drian, parla spesso di Arabia saudita come di un “alleato” e dell’Iran sì come parte dell’accordo sul nucleare ma come stato troppo aggressivo, e di certo non alleato, en même temps l’Eliseo tiene a specificare che “La Francia non sceglie un campo contro un altro”. Il presidente si vuole mediatore, in grado di dialogare con tutti gli attori senza pregiudizi: difficile però che questo atteggiamento possa essere replicato all’infinito su Gerusalemme. Si levano voci che chiedono alla Francia solidarietà esplicita nei confronti di Israele, per quanto tempo Macron potrà ignorarle?
In questo contesto la visita in Qatar non è casuale. Il piccolo emirato è, da sei mesi, al centro di un blocco commerciale da parte di Arabia Saudita, Bahrain, Emirati arabi ed Egitto, che hanno rotto unilateralmente le relazioni diplomatiche con Doha, accusata di sostenere gruppi terroristici e soprattutto di essersi molto, troppo avvicinata a Teheran. Anche Macron non era stato tenero durante la campagna elettorale, accusando Doha di partecipare al finanziamento del terrorismo. I giornalisti Christian Chesnot e Georges Malbrunot raccontano, nel loro ultimo libro, Nos très chers émirs, che l’emiro Tamim Ben Hamad al Thani ha dovuto attendere una settimana intera prima di poter parlare al telefono con il neoeletto presidente. Il Macron presidente è stato più diplomatico del Macron candidato: ha affermato di “non accusare nessuno”, ha ribadito che la Francia non prende posizioni nello scontro tra i paesi del golfo e ha invitato Al Thani al prossimo vertice antiterrorismo che dovrebbe tenersi a Parigi a gennaio.
L’apertura al Qatar fa dunque parte anche della volontà di dialogo con Teheran. Il viaggio a sorpresa del presidente francese a Riad per cercare di risolvere la questione di Saad Hariri, il premier libanese che il 4 novembre si era temporaneamente dimesso dalla sua carica dall’Arabia Saudita, dov’era praticamente prigioniero, non è piaciuto agli iraniani. Farsi vedere in buoni rapporti con l’emiro qatariota, che per l’occasione ha anche annunciato di aver iscritto i suoi figli in una scuola francese, riequilibra le relazioni. Se la Francia continua a sostenere l’accordo sul nucleare iraniano, ha espresso più volte preoccupazione per l’aumento dell’influenza di Teheran nella regione e condannato il suo programma missilistico convenzionale. I rapporti tra i due paesi stanno attraversando una fase abbastanza tesa; esiste un diffuso sentimento anti iraniano nella diplomazia francese che negli ultimi tempi sta guadagnando influenza, e il viaggio di Jean Yves Le Drian nel paese, previsto inizialmente prima della fine dell’anno per preparare la visita ufficiale di Emmanuel Macron, che andrà a Teheran, pare, nel 2018, non ha ancora una data.
La visita di Macron in Qatar non seguiva però soltanto interessi diplomatici. I francesi coltivano una proficua relazione di affari con il piccolo emirato, da molto tempo cliente privilegiato dei grandi gruppi parigini. Nella giornata di ieri i due stati hanno firmato contratti per più di 11 miliardi di euro. In ambito civile, un’impresa costituita dalla Sncf (ferrovie dello stato francesi) della Ratp (il consorzio di trasporti parigino) e dalla qatariota Hamad group, si è aggiudicata la gestione della futura metro di Doha e della rete tranviaria di Lusai, che dovrebbero iniziare a operare nel 2020. Un affare da 3 miliardi di euro per vent’anni strappato, specifica il Monde, ai tedeschi dell’Arriva, alla MTR di Hong Kong, ai britannici di Serco, ai giapponesi JR-West/Mitsubishi e ai concorrenti francesi di Transdev. In ambito militare i qatarioti hanno esercitato l’opzione conclusa nel 2015 per dodici caccia Rafale (costo 1,1 miliardi di euro), hanno firmato un’opzione per altri 36 caccia, e una lettera di intenzione per l’acquisto di 490 blindati per la fanteria (Vbci) del gruppo Nexter.