Ideologie senza controllo
Un libro che parla del riscatto del liberalismo, dei desideri della maggioranza, e intanto urla: “What the fuck”
Cosa abbiamo fatto? Come è successo? Come facciamo a riprendere il controllo? Queste sono le domande che compaiono sulla copertina dell’ultimo libro di Robert Peston, political editor dell’emittente inglese Itv News e conduttore da poco più di un anno del talk show Peston on Sunday, appuntamento della domenica mattina. Il titolo di questo saggio che è entrato nelle (tante) classifiche dei migliori libri non-fiction del 2017 nel Regno Unito è molto più diretto, e memorabile: “WTF”, what the fuck. “Ho scelto questo titolo – dice Peston al Foglio – perché esprime tutto il mio sconcerto di fronte al fatto che gli inglesi abbiano votato per la Brexit e gli americani per Donald Trump. Sono stati voti decisivi, rappresentano la rivolta di milioni di persone – specialmente di quelle che vivono con redditi bassi, con la qualità della vita che peggiora negli anni – contro l’establishment e contro le modalità con cui vengono gestite le economie più ricche”. Ma che cazzo, dice Peston, che è famoso nel Regno Unito per i suoi scontri (con Alastair Campbell, quando ancora era il capo della comunicazione di Tony Blair, con James Murdoch durante lo scandalo delle intercettazioni a News Corp), per i suoi scoop (nel 2007, quando era business editor alla Bbc, annunciò che la banca Northern Rock stava collassando, era l’inizio dello choc finanziario che ha costretto molti della City ad aggirarsi disoccupati per la strada con uno scatolone in mano), per i suoi capelli (che hanno un account Twitter), e per il suo modo di parlare, pieno di intercalari e di interruzioni e di falsetto, che dividono il mondo in due: chi lo trova irritante, chi lo trova unico. I suoi racconti sulla leadership inglese, soprattutto quella economica, sono epocali, ancora si ricorda quando Peston denunciò il fatto che per parlare con le fonti della City bisognasse per forza andare alla sera “a prendere un drink”, il fegato distrutto per chiacchiere a volte pure inutili, per fortuna a un certo punto è arrivata “la sobrietà americana”, e il fegato s’è salvato.
Dopo aver pubblicato una biografia di Gordon Brown nel 2005, Peston si è dedicato ai superricchi che hanno cambiato la vita di tutti (peggiorandola) e di come provare ad aggiustare il sistema economico e sociale inglese, fino ad arrivare a oggi, a “WTF”, che è un po’ una lettera al padre Maurice, che era un peer laburista ed è morto l’anno scorso, un po’ una denuncia, un po’ uno sfogo e un po’ un modo per venir fuori dal senso di isolamento che ha colto il Regno, e tutto l’occidente. “Il liberalismo si deve reinventare – dice Peston – e deve ammettere che il modello antico di riduzione dell’intervento statale ha premiato soltanto chi sta in cima alla classifica dei redditi. Gli ultimi due capitoli del mio libro sono dedicati a dimostrare che le democrazie liberali possono ancora servire gli interessi della maggioranza”.
Peston si colloca sul confine tra i moderati e i radicali, dove si riflette su liberalismo e globalizzazione cercando di trovare soluzioni e ogni tanto rischiando di cadere nella critica, invece che nella costruzione. “Siamo un paese che si è frammentato culturalmente, politicamente, economicamente e socialmente – dice Peston, sintetizzando in una parola, i frammenti, lo stato d’animo del Regno Unito – Dobbiamo riscoprire un obiettivo collettivo, ma questo non sarà possibile se non riusciamo a essere più decisi nella volontà di restaurare la marcia del progresso, l’idea che i nostri figli dovranno stare meglio di noi, o almeno non peggio”. Quando parla dei figli e del progresso Peston si infervora sempre, un po’ perché sta crescendo da solo un adolescente, sua moglie è morta di tumore nel 2012 (ora ha una nuova fidanzata), e un po’ perché è da sempre convinto che i giovani e i lavoratori siano rimasti senza potere e che tutto quello che dovrebbe fare un politico è badare a loro. E’ un fan di Jeremy Corbyn allora? No, dice che lo statalismo corbyniano è eccessivo e anacronistico, ma ai ragazzi non importa, ormai sono convinti che il capitalismo li abbia fregati. “Oggi i ragazzi sono più radicali di quanto lo siano mai stati dagli anni Settanta a oggi – dice Peston – E questa è una cosa davvero molto positiva”. Accidenti, i giovani innamorati del passato, nostalgici di un mondo che non hanno nemmeno conosciuto è una buona cosa? Cosa ne sarà del progressismo al quale pure Peston tiene così tanto? Dopo aver proposto alcune soluzioni che hanno molto a che fare con la redistribuzione dei redditi e la lotta alla diseguaglianza (è l’ultima parte del libro e molti recensori hanno scritto: spiegaci meglio), Peston ammette che oggi agisce su di lui soprattutto il senso di colpa: anche lui non ha capito niente. Lui pensava di essere a contatto con il paese, di conoscerlo, di saperlo interpretare, e con la Brexit ha scoperto di essere come tutti gli altri, gli esperti, che non hanno capito. Ma che cazzo, dice. Che choc. Non vede però la fine del mondo imminente, il Regno Unito e l’occidente non sono finiti, basta avere la consapevolezza che la Brexit (“devastante”) non è stato uno sfogo di un attimo, un’intemperanza, è il risultato di un impoverimento rabbioso (se vi dovesse capitare di leggere il libro, cercate di evitare le statistiche, ove possibile: sono deprimenti). Da qui poi si può ripartire, con una nuova leadership – perché la premier Theresa May ha un difetto enorme, “non parla con chi non conosce”, e un pregio enorme, “ha il senso dello stato”, e quindi quando dovrà andarsene se ne andrà – che forse sarà di Corbyn. Non c’è una grande passione, il liberalismo non si riformerà con uno che vuole distruggerlo, ma a oggi le uniche idee vengono dal mondo corbyniano. “Momentum, il gruppo di attivisti che ha creato e sostenuto il corbynismo, è il movimento politico più importante che è stato creato nel Regno dall’esperienza dell’Sdp trentacinque anni fa – dice Peston – Ha spostato il Labour ma anche buona parte della politica centrista tutta a sinistra. Può piacere o non piacere, ma certamente è rilevante”. Come ci si salverà non si sa, semmai continueremo a ripeterci “what the fuck”.