Arriva il governo d'Austria
Ci siamo quasi. Ecco l’equilibrio che il giovane Kurz sta trovando con l’estrema destra
Tu Felix Austria nube. Che altro si può dire quando la questione apparentemente più controversa tra il capo del partito popolare austriaco Övp nonché cancelliere in pectore, Sebastian Kurz, e il capo del partito nazional-populista Fpö, Heinz-Christian
Strache, riguarda il fumo? La coalizione uscente aveva stabilito che a partire da maggio anche in Austria non si sarebbe più potuto fumare nei locali pubblici. A Strache, accanito fumatore, l’idea non è mai piaciuta, mentre Kurz, non fumatore, ne aveva appoggiato l’approvazione. Ha vinto Strache, l’entrata in vigore del divieto è posticipata a data da destinarsi.
Bruxelles vuole rassicurazioni, e Kurz ha intenzione di dargliele. C'è chi dubita delle intenzioni di Strache. Il dibattito sull'esempio norvegese
La diatriba sul fumo è una delle poche notizie trapelate dalle trattative degli ultimi due mesi tra Övp e Fpö per la formazione del nuovo governo austriaco: se i problemi tra Övp e Fpö, tra Kruz e Strache, si riducono a questo, be’, che matrimonio si faccia. I preparativi sono a buon punto: sabato Kurz e Strache dovrebbero presentare il programma di governo e sottoporre al capo di stato la lista dei ministri.
Sarà un primo momento per capire quale direzione la coalizione Övp-Fpö intende imboccare sul piano della politica interna (soprattutto per quel che riguarda migranti e sicurezza) e, altrettanto importante, per quel che riguarda l’Europa. Kurz si dichiara europeista convinto, mentre Strache e il suo partito hanno soltanto di recente smorzato i toni contro l’Unione europea, pure se Strache è stato tra i fondatori del gruppo europarlamentare Europa delle Nazioni e della Libertà, il gruppo degli euroscettici à la Marine Le Pen (un’altra pentita). Per questa e altre divergenze potrebbe mancare nel programma di governo una idea chiara sulla politica europea, come ha scritto il quotidiano Standard: “Fino a ora il dibattito sul programma di governo ha riguardato temi di politica interna – la reintroduzione dei voti a scuola, la giornata lavorativa di 12 ore, l’iscrizione obbligatoria agli ordini professionali, il divieto di fumo nei locali pubblici. Questioni, per carità, importanti. Ma assai più importante per il futuro degli austriaci è sapere come il paese si posizionerà e svilupperà all’interno dell’Ue. Se l’Austria intende cooperare nell’elaborazione di una comune politica estera ed economica, se vuole approfittare appieno del commercio internazionale. Di tutto questo non si è saputo nulla”. Stando a indiscrezioni riportate dai media, proprio per quel che riguarda la deroga sul divieto di fumo pare esserci stato però uno scambio: si dice che Kurz sia andato incontro a Strache e Strache gli abbia promesso di non ostacolare più il Ceta, cioè l’accordo commerciale con il Canada. Chiacchere di corridoio o no, lo si saprà probabilmente già sabato.
Più decisiva per il paese e per l’Europa è però una questione a monte che si può riassumere nelle seguenti domande: Kurz sarà veramente in grado di tener testa all’assai più scafato Strache e ai suoi uomini? Chi detterà la linea del governo? E si può anche dar credito a chi sostiene che Kurz non è un altro Viktor Orban, cioè un lupo travestito da agnello (il premier ungherese in gioventù è stato un fervente difensore dei diritti democratici, e questo ai tempi della Cortina di Ferro), ma lo è Strache? Ad alcune questioni, la storia ha dato certe risposte: l’esperienza di governo ha logorato l’Fpö durante la prima coalizione Övp-Fpö (dal 2000 al 2006). Dopo quei sei anni il partito è esploso e imploso: Jörg Haider fondò il Bzö (Movimento per il futuro dell’Austria), Strache si prese l’Fpö, ma molti elettori abbandonarono entrambi. E aleggia sempre, nelle analisi sui giornali internazionali, il cosiddetto modello norvegese, con il Partito del Progresso – di matrice populista e anti-migranti – che è diventato assai pragmatico una volta al governo: ha saputo “gestire in modo intelligente l’incarico, assumendo un atteggiamento collaborativo e responsabile a livello governativo, mentre ai militanti ha lasciato il compito della protesta”, scriveva qualche tempo fa il Financial Times.
Il gruppo di potere dell’Fpö è dominato da membri delle confraternite che hanno un peso enorme, ci spiega la storica Reiter
L’Austria però è diversa dagli altri paesi, e questi non sono più i primi anni Duemila. Margit Reiter, storica e ricercatrice presso l’università di Vienna – si occupa in particolare di studiare che ne è stato dei nazisti a suo tempo “denazificati”, dove hanno trovato, politicamente parlando, una nuova casa e la loro influenza su figli, famiglia e ambiente – è convinta che l’alternativa norvegese non sia applicabile. In una chiacchierata con il Foglio a Vienna nel Cafe Museum, dove un tempo si incontravano Gustav Klimt, Oskar Kokoschka, Adolf Loos, la Reiter racconta che l’Fpö oggi “è un partito molto diverso da quello fondato nel 1956, quando era soprattutto bacino di raccolta di ex nazisti e nostalgici del Terzo Reich. Questa connotazione ideologica si è affievolita, nel corso degli anni, arrivando poi sul finire degli anni Novanta, ancora sotto Haider, a cambiare pelle. Da forza pan-germanica che considerava l’Austria poco più di una malformazione, diventava un partito nazionalista. Un cambiamento indotto anche dall’elettorato, sempre meno ideologizzato e più mosso dalla protesta contro l’immobilismo politico e dall’invasione degli stranieri”.
Se però l’elettorato Fpö continua a non essere troppo ideologizzato, lo stesso non si può più dire della dirigenza del partito. Il gruppo di potere è composto prevalentemente da membri delle Burschenschaften, le confraternite studentesche – fenomeno squisitamente austriaco (le confraternite ci sono anche in Germania, ma sono prevalentemente moderate, con affiliati iscritti anche alla Cdu, all’Spd e all’Fdp). In Austria le confraternite sono, note per le loro posizioni di estrema destra, con tutto il corollario xenofobo, di malcelato antisemitismo e di una certa nostalgia nazionalsocialista.
Di questa “Silenziosa presa del potere da parte di Hofer, Strache e delle confraternite studentesche” (“Stille Machtergreifung – Hofer, Strache und die Burschenschaften”, ed. Kreimayr-Scheriau), parla il libro appena pubblicato dallo storico Hans-Henning Scharsach. Le Burschenschaften, nate agli inizi dell’Ottocento in Germania per opera degli studenti, avevano allora come obiettivo l’unificazione dei principati tedeschi in un’unica nazione, e ancora il riconoscimento della parità dei diritti, della libertà di parola e di stampa. Quest’iniziale afflato liberale si esaurisce però presto e le confraternite diventano sempre più nazionaliste e antisemite. Questa ideologia permea in parte sino ai giorni nostri le confraternite austriache (nelle quali non sono ammessi gli ebrei). Secondo Scharsach, ovviamentenessuno degli affiliati si professerebbe oggi apertamente pan-germanico, ma agisce sottotraccia. Come ha fatto per esempio Norbert Hofer, ex candidato alla presidenza della Repubblica austriaca, all’Akademikerball, il ballo che l’Fpö organizza ogni anno. Pur essendo uno dei vicepresidenti del Parlamento austriaco, si è presentato, anziché con la fascia rossa bianca rossa, che sono i colori della bandiera austriaca, con una nera, rossa, oro, colori che richiamano la bandiera tedesca, ma anche i colori che contraddistinguevano i nazionalsocialisti austriaci negli anni Trenta, quando il partito era ancora vietato nel paese. Un altro richiamo al passato è la tradizione della “Mensur”. Si tratta di un duello con la spada il cui fine non è però tanto vincere contro l’avversario, ma dimostrare di essere disposti “a difendere la patria [tedesca] anche con il proprio sangue”, scrive Scharsach. Per questo le cicatrici in volto costituiscono un vanto e gli affiliati portano tutti ancora il tradizionale berretto con la fascia colorata, diversa per ogni confraternita. Il fatto di rendersi immediatamente riconoscibili, all’università così come nei locali in cui si ritrovano per bere e discutere, può essere letto anche come atto di sfida a un ordine statale ai più inviso.
Sabato il cancelliere in pectore Kurz potrebbe presentare la lista dei ministri decisa con il leader dell’Fpö Strache
Negli ultimi tempi è aumentata significativamente la presenza delle confraternite nei vertici dell’Fpö. Ecco un elenco non esaustivo: Heinz-Christian Strache, leader dell’Fpö, è membro di Vandalia; Norbert Hofer, vicepresidente del Parlamento, di Marko-Germania; Harald Stefan, deputato, di Olympia; Johann Gudenus, vicesindaco di Vienna, di Vandalia e Manfred Haimbuchner, vicegovernatore dell’Alta Austria, di Alemannia. Tra le trenta confraternite austriache, la più radicalmente di destra è Olympia, di cui fa parte Harald Stefan, che l’Fpö vedrebbe volentieri a capo del ministero dell’Interno. “Mai prima d’ora”, scriveva tempo addietro l’editorialista di punta dello Standard, Hans Rauscher, “ci sono stati tra i deputati dell’Fpö tanti affiliati alle confraternite. Attualmente costituiscono nel loro gruppo parlamentare il 39,22 per cento. Nel direttivo del partito poi, su 33 membri 20 appartengono a una Burschenschaft, mentre tra i capi regionali dell’Fpö sono sei su nove”. Di alcuni di loro esistono anche documenti che provano contatti passati, e presenti, con la scena neonazista austriaca e internazionale. A iniziare da Strache stesso, che in gioventù si era fatto fotografare mentre faceva il saluto nazista.
Secondo la storica Reiter gran parte degli elettori dell’Fpö non percepisce il pericolo rappresentato dalla crescente presenza dei Burschenschafter nel partito. “L’Fpö si dichiara ufficialmente contrario a ogni simpatia neonazista e caccia, come ha fatto di recente, chi fa dichiarazioni antisemite”. Ciò nonostante, ci sarebbero motivi sufficienti di preoccupazione per lo meno per chi ha votato Övp (ben sapendo che si sarebbe questa volta ritrovato al governo anche l’Fpö), nella speranza che il giovane Kurz riesca a far piazza pulita di un sistema che ha visto spartirsi il potere dal dopoguerra a oggi esclusivamente tra Spö e Övp. “Il primo elemento di preoccupazione – dice la Reiter – dovrebbero essere dato dalle ripetute provocazioni da parte di militanti e deputati dell’Fpö che non si fanno scrupolo a farsi sorprendere nel saluto nazista o a frequentare organizzazioni di estrema destra. E appare evidente un certo spregio nei confronti dell’Ue. Come hanno dimostrato due politici dell’Fpö che sono andati in Crimea per partecipare alla nascita dell’associazione internazionale Amici della Crimea, il cui fine è il riconoscimento dell’annessione della penisola da parte russa”.
Kurz non si stanca però di ribadire che è stata l’Övp a spingere a suo tempo per l’ingresso dell’Austria nell’Ue, che l’Fpö è il partner di minoranza, il che vuol dire che riguardo ai rapporti con Bruxelles nulla cambierà. Se così è, si potrebbe capire già capire nel momento in cui viene resa nota la lista dei ministri. Da quel che si sa dovrebbero essere sette per ognuno, più il ruolo di Kanzler all’Övp. Molti rumors e poche certezze ci sono invece ancora riguardo alla ripartizione. Voci di corridoio hanno fatto sapere che l’Fpö vorrebbe tutti e tre i ministeri preposti alla sicurezza, cioè Interno, Difesa e Protezione civile. L’idea però non piace al capo di stato Alexander Van der Bellen, il quale sembra aver anche già segnalato i nomi di due potenziali ministri Fpö che lui casserebbe: si tratta di Johannes Gudenus, vicesindaco di Vienna, e Harald Vilimsky, segretario generale dell’Fpö e deputato europeo. Entrambi sono membri di due Burschenschaften particolarmente radicali. Si dice che Van der Bellen abbia messo questi paletti durante un pranzo con il corpo diplomatico a Vienna. Probabilmente si è trattato di un primo tentativo di tranquillizzare l’Ue. Bruxelles non sente il bisogno di un altro paese bastian contrario, come i quattro di Visegrad . Questa volta l’Ue non potrebbe nemmeno stabulire sanzioni o quarantene nei confronti dell’Austria, come aveva fatto nel 2000, quando l’allora capo dell’Övp Wolfgang Schüssel aveva formato una coalizione con l’Fpö di Jörg Haider (il quale però non aveva avuto alcun ruolo nel governo, mentre Strache oltre alla vicecancelleria potrebbe avere anche un dicastero).
Bruxelles vuole rassicurazioni, e Kurz ha intenzione di dargliele. C’è chi dubita delle intenzioni di Strache. Il dibattito sull’esempio norvegese”
L’unico ministero del quale si conosce (con grande probabilità) la futura titolare è quello degli Esteri. Dovrebbe andare a Karin Kneissel, grande esperta di medioriente, battitrice libera, ma in questo caso in quota Fpö. Kneissel non avrebbe però competenze sull’agenda Ue che passerebbe nelle mani di Kurz. Ma questa soluzione ha già suscitato perplessità. Come scriveva il quotidiano Kurier giorni fa, “non tutelerebbe l’Austria da passi falsi e incidenti diplomatici, come il viaggio dei due politici dell’Fpö in Crimea. E le conseguenze potrebbero ricadere negativamente anche sulla nostra economia”.
Comunque, se tutto va, come dovrebbe andare, sabato pomeriggio Kurz e Strache presenteranno il programma di governo e la lista dei ministri. Poi toccherà a Van der Bellen. Potrebbe ancora chiedere sostituzioni di ministri. Ma avendo già tracciato chiare linee, pare difficile che Kurz e Strache gli sottopongano nomi “inaccettabili”. Il nuovo governo potrebbe dunque giurare nelle mani del presidente già martedì. E se così sarà, il giorno dopo Kurz volerà a Bruxelles per rassicurare di persona Jean-Claude Juncker sul fatto che l’Austria non intende deviare dal proprio corso europeista. Ma, consigliano molti, sarebbe bene che Kurz facesse seguire alle parole i fatti, proseguendo dopo Bruxelles alla volta di Parigi “dove si è da poco insediato Emmanuel Macron un presidente europeista e riformista”, scriveva lo Standard, e poi a quella di Berlino. “L’Austria è sempre stata al centro dell’Ue e quello dovrebbe rimanere il suo posto anche in futuro”.