Perché l'America ha deciso ora di inviare armi all'Ucraina
Il “conflitto congelato” però minaccia di scaldarsi con la decisione della Casa Bianca
Milano. “Critica”: è la parola che si ripete più spesso nel rapporto sull’est dell’Ucraina dell’ufficio delle Nazioni Unite per gli Affari umanitari. In una guerra dimenticata ai confini dell’Unione europea ci sono 4,4 milioni di persone in difficoltà, di cui 3,4 milioni hanno bisogno di un aiuto urgente; per quasi la metà sono anziani. Critica è la situazione alimentare (1,2 milioni di persone patiscono carenze di cibo), sanitaria (crescono i casi di Tbc, Aids e perfino poliomielite), abitativa, igienica, scolastica, ma soprattutto rimane l’emergenza militare. In quattro anni di conflitto, l’Onu stima 2.500 civili uccisi nel Donbass, di cui un centinaio solo quest’anno. Lungo i 457 chilometri della linea divisoria tra i territori controllati dal governo di Kiev e quelli in mano alle enclave dei separatisti filorussi si registrano in media 40 scontri al giorno, e il 40 per cento degli abitanti della zona è colpito da attacchi quotidiani, anche con armi pesanti. Milioni di persone rischiano la vita ogni giorno, tra mortai, pallottole e mine.
Un “conflitto a bassa intensità”, secondo i parametri dell’Onu, sottocutaneo, silenzioso e senza sbocco. Per il Capodanno e il Natale ortodosso è stata concordata un’ennesima tregua, ma gli osservatori di Mosca sono usciti dal comitato multilaterale che cerca di negoziare la situazione sul terreno. Dopo questa porta sbattuta la tedesca Angela Merkel e il francese Emmanuel Macron hanno fatto una dichiarazione congiunta di monito al presidente russo, Vladimir Putin, ricordandogli che la soluzione “può essere solo ed esclusivamente pacifica”. Putin, in una routine consolidata, ha replicato che lo stallo del processo di Minsk è colpa degli ucraini, che si rifiutano di concedere ai “singoli distretti delle regioni di Donetsk e di Luhansk” (come vengono definite negli accordi di pace le enclave di separatisti filorussi) l’autonomia e la possibilità di votare secondo un ordinamento separato.
Il “conflitto congelato” però minaccia di scaldarsi con la decisione della Casa Bianca di autorizzare la fornitura all’Ucraina di armi. Un confine che Barack Obama non si era deciso a oltrepassare, limitandosi a inviare equipaggiamento e istruttori militari. Ora Donald Trump ha permesso di vendere a Kiev armi “per difendere la sua sovranità e integrità territoriale, e impedire l’espandersi dell’aggressione”, ha spiegato la portavoce del dipartimento di stato, Heather Nauert. Secondo le indiscrezioni raccolte dai media americani a Washington, il pacchetto da 47 milioni di dollari include i fucili Barrett M107A1 e soprattutto i razzi anticarro Javelin. “Finalmente!”, ha esclamato su Facebook l’ambasciatore ucraino negli Stati Uniti, Valery Chaly, mentre da Mosca sono arrivate dichiarazioni di rabbia: il viceministro degli Esteri, Grigory Karasin, ha dichiarato che la mossa “porta alla guerra e non alla pace”, e che gli americani diventano “di fatto parte di un conflitto interno all’Ucraina”.
Questa decisione americana aiuta a smentire i sospetti che Donald Trump sia un “uomo dei russi”, ma il rischio che il Donbass diventi un’altra guerra per procura tra russi e americani, come lo è già di fatto la Siria, non può non preoccupare l’Europa, che intanto ha prorogato di altri sei mesi le sanzioni contro Mosca per l’ingerenza nel conflitto nell’est ucraino. Le cancellerie occidentali in questi giorni sono inquiete anche per un’altra notizia da Kiev: l’interprete del premier Volodimir Groisman, Stanislav Ezhov, è stato arrestato con accusa di spionaggio per i russi. Sarebbe stato arruolato dagli agenti di Mosca mentre lavorava negli Stati Uniti, e sul conto di sua moglie in una banca russa ci sarebbero diversi milioni di dollari. Negli ultimi mesi Ezhov aveva accompagnato Groisman a Downing street a Londra e alla Casa Bianca, e ha assistito a decine di incontri con leader stranieri, che ora stanno verificando ansiosi quante informazioni riservate si sono fatti scappare di fronte a una spia russa. La guerra dimenticata continua, ormai su un piano internazionale, e le elezioni indette in Ucraina l’anno prossimo non faranno che complicare la situazione, in un'élite politica che nei quattro anni trascorsi dalle proteste al Maidan è riuscita a dividersi di nuovo, tra faide di politici e oligarchi e pressioni sempre più rumorose della componente ultranazionalista, alimentata dalla guerra con i russi.
l'editoriale dell'elefantino