Trump castiga l'ex stratega Bannon
L'ex consigliere affida ad un libro di Michael Wolff la sua versione sugli incontri “eversivi” organizzati dal figlio di The Donald alla Trump Tower. E il presidente attacca: “Ha perso la testa”
Il divorzio politico fra Donald Trump e Steve Bannon era già stato celebrato, adesso è stato consumato con un comunicato di quelli che scrive il presidente di suo pugno, quelli che si aprono con una fucilata: “Quando è stato licenziato non ha perso soltanto il lavoro, ha perso la testa”. A seguire si legge la distruzione sistematica dell’ex stratega: “Steve ha pochissimo a che fare con la nostra vittoria ma ha moltissimo a che fare con la sconfitta in Alabama”, “finge di essere in guerra con i media”, “ha passato il suo tempo alla Casa Bianca a passare notizie false ai giornali”, “ha fatto ben pochi incontri con me in privato” e, in cauda venenum, contrariamente al presidente è impegnato nel “tentativo di dare alle fiamme il paese”. Sono espressioni che il presidente non riserva nemenno a Kim Jong-un, per giunta diramate con un comunicato ufficiale, non figlie dell’istinto twittarolo.
Il motivo di tanta animosità trumpiana sono le dichiarazioni che Bannon ha rilasciato a Michael Wolff, autorità suprema nell’area d’intersezione fra glamour, politica e media, per un libro in uscita la prossima settimana in America intitolato “Fire and Fury”. Il New York Magazine ha pubblicato un estratto del libro e su altri media sono circolate le dichiarazioni più esplosive dell’ex stratega, in particolare quella in cui giudica un atto “eversivo” e anti patriottico l’incontro organizzato dal primogenito dell’allora candidato, Don Jr., con alcuni sedicenti emissari del governo russo. “Anche se non pensassi che era una cosa eversiva o anti patriottica o bad shit, e io penso che fosse tutte e tre le cose, avrebbero comunque dovuto chiamare subito l’Fbi”. Così l’autoproclamato Rasputin di Trump a posteriori riscrive un pezzo cruciale del romanzo della collusione con il Cremlino. Ma un altro dettaglio ha fatto ulteriormente imbestialire il presidente.
Il giovane Donald ha incontrato gli intermediari alla Trump Tower, nel suo ufficio al 25esimo piano, assieme a Jared Kushner e Paul Manafort, ma per il Bannon intervistato da Wolff ci sono “zero possibilità” che il primogenito non abbia portato i suoi ospiti di sopra, al 26esimo piano, per un saluto al padre. Trump passa così da padre di un figlio inesperto e pasticcione che scrive “I love it” a chi gli offre fango sulla Clinton scavato da Mosca a candidato informato dei fatti e che legittima uno degli incontri al centro dell’inchiesta di Mueller. Il tutto condito da forti dosi di strafottenza da parte dell’ex consigliere che ha dato il suo contributo a un “libro fasullo”.