Il premier polacco Mateusz Morawiecki (foto LaPresse)

Il governo polacco tenta la distensione con l'Ue

Micol Flammini

Il premier “moderato” Mateusz Morawiecki ha nominato nuovi ministri e cacciato i più intransigenti, ma non è detto che basti per scongiurare l’Articolo 7

Roma. Il rimpasto del governo del nuovo premier Mateusz Morawiecki indica la strada che la Polonia, paese osservato speciale in sede Ue, percorrerà nel prossimo futuro. E le nuove nomine, in parte inattese, hanno confuso tutti coloro che nell’incontro del 3 gennaio scorso con il presidente ungherese Viktor Orbán a Budapest avevano visto l’inasprimento della politica anti europeista di Varsavia e il consolidamento del gruppo di Visegrad.

  
“Come dicono i tifosi – ha esordito il premier dopo aver annunciato al presidente Andrzej Duda i nomi che avrebbero composto il suo gabinetto – non sono i cognomi che portano alla vittoria, ma è l’intera squadra che fa vincere le partite”. Nella nuova squadra di Morawiecki ci sono stati dei cambiamenti importanti, alcuni controversi, altri attesi già da qualche giorno. Se in alcune nomine si intravede l’impronta di Jaroslaw Kaczynski, fondatore del partito governativo Diritto e giustizia (Pis), altre sono state una vera sorpresa che sembra aprire a relazioni più distese con l’Unione europea.

  
La più discussa, anche se annunciata in precedenza, è la nomina del nuovo ministro della Difesa. Al posto di Antoni Macierowicz è stato scelto Mariusz Blaszczak, ex ministro dell’Interno. Macierowicz è una figura storica nel Pis. Rappresenta l’ala più conservatrice, è un convinto nazionalista e amico di lunga data di Jaroslaw Kaczynski. L’ex ministro della Difesa aveva creato problemi e malumori all’interno del governo quando arrivò a scontrarsi con la Nato per aver epurato i ranghi più alti dell’esercito e soprattutto quando decise di boicottare l’accordo che prevedeva l’acquisto di cinquanta Airbus francesi che portò alla cancellazione di una partnership franco-polacca sulla difesa. L’uscita di Macierowicz dal governo ha soddisfatto i moderati, anche se il suo successore, Mariusz Blaszczak, rimane un fedele alleato di Kaczynski.

  
Un altro personaggio controverso, il ministro degli Esteri Witold Waszczykowski, è stato sostituito dal più moderato Jacek Czaputowicz. La sua nomina non è piaciuta molto al Pis, ma è stata apprezzata dal Po, il partito liberale di Donald Tusk, tanto che Radoslaw Sikorski, ministro degli Esteri nel passato governo ha esultato su Twitter: “Czaputowicz è un vero patriota e sa cosa vuol dire fare il ministro”.

  
Una delle nomine più coraggiose è quella di Lukasz Szumowski, nuovo ministro della Salute, in luogo di Konstanty Radzill, padre delle leggi restrittive su aborto e contraccezione. Ultra conservatore, le sue idee avevano scatenato le proteste dei medici in tutta la Polonia.

  
Non si sa ancora se Kaczynski, deus ex machina del partito, abbia approvato tutti i cambiamenti apportati dal nuovo premier, che ha voluto, con queste nuove nomine, mandare un messaggio di stabilità e forse anche di razionalità all’Europa. Mateusz Morawiecki è stato scelto per rappresentare l’anello di congiunzione tra il Pis e la borghesia polacca, fortemente delusa dagli ultimi anni di governo. Il suo profilo sembra fatto apposta per corteggiare chi a Varsavia prova ancora sentimenti europeisti: studi di Diritto in Germania e Svizzera, un master negli Stati Uniti e un passato da presidente di una delle banche più grandi in Polonia, Bank Zachodni del gruppo Santander. Un curriculum strabiliante rispetto a quello di Beata Szydlo, scelta da Kaczynski per la sua totale mancanza di indipendenza e autonomia.

  
Il rimpasto del nuovo governo polacco ha tra i suoi obiettivi la normalizzazione dei rapporti tesissimi con l’Europa. Alla vigilia dell’annuncio, Guy Verhofstadt, il presidente dell’Alde, in un lungo articolo pubblicato sul quotidiano francese L’Opinion, aveva accusato Morawiecki di “voler sottomettere la giustizia al potere” e aveva dato ormai per spacciata la Polonia. “Il Pis sta diffondendo uno spirito pericoloso, totalitario che minaccia la libertà editoriale, che riscrive la storia e compromette l’esercizio della democrazia”, aveva scritto l’ex primo ministro belga. Non si può ancora dire, tuttavia, se queste nomine potranno salvare Varsavia dall’applicazione dell’Articolo 7 dei Trattati, che prevede tra le altre cose la restrizione degli aiuti e la sospensione del diritto di voto in sede Ue.

 
“Questo è un governo con nuovi obiettivi”, ha detto il premier in chiusura. “Vogliamo ricongiungere lo stato con la società. Vogliamo una Polonia unita che sia parte di un’Europa forte”.

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