Parlare col nemico
Con il regime della Corea del nord ha vinto (per ora) la dottrina di apertura di Seul sui tweet insultanti di Trump
Roma. Per adesso, tra gli insulti via Twitter e le minacce ufficiali, ha vinto la linea del presidente sudcoreano Moon Jae-in. Il risultato ottenuto dai primi colloqui ad alto livello tra Pyongyang e Seul è la messa in sicurezza delle Olimpiadi invernali di PyeongChang, che si apriranno il 9 febbraio prossimo in Corea del sud. Il governo del liberal Moon, eletto nel maggio dello scorso anno, ha lavorato a lungo – sin dal cosiddetto “discorso di Berlino” pronunciato a luglio – per arrivare ai colloqui ad alto livello di martedì: è stata Seul a convincere i militari americani a rimandare le annuali esercitazioni congiunte a dopo la fine delle Paralimpiadi (18 marzo). Questa decisione ha portato all’ormai famoso discorso di Capodanno del leader Kim Jong-un, alla riapertura delle comunicazioni tra Nord e Sud e, martedì, ai colloqui distensivi (insomma, non una “mossa a sorpresa” di Kim, come si è letto spesso in questi giorni).
Si dice che nel 1953, durante la firma dell’armistizio, le delegazioni fossero attente a non oltrepassare neanche per sbaglio la linea su cui passa il 38° parallelo e che divide a metà il tavolo, nel prefabbricato di Panmunjeom – a pochi metri dal luogo in cui a novembre un soldato nordcoreano ha oltrepassato il confine, ammalato, denutrito, colpito dai proiettili dei suoi commilitoni. Da allora quel tavolo e quel prefabbricato hanno ospitato decine di colloqui, a volte cordiali, a volte meno. Martedì a guidare la delegazione sudcoreana c’era il ministro dell’Unificazione, Cho Myoung-gyon, una vecchia conoscenza dei nordcoreani, diplomatico che da quasi trent’anni è coinvolto nei colloqui strategici tra i due paesi. Prima che la riunione iniziasse, Cho ha stretto la mano al suo omologo nordcoreano, Ri Son-gwon, capo del comitato per la Riunificazione pacifica della Madrepatria, ed entrambi hanno sorriso al fotografo. E i simboli sono importanti, come l’acqua “di PyeongChang” offerta ai delegati insieme con il ginseng della Lotte group, la compagnia sudcoreana boicottata dalla Cina per aver fornito il terreno sul quale l’americana Lockheed Martin ha posizionato lo scudo antimissile Thaad. Alla fine della riunione, Nord e Sud hanno diffuso un comunicato congiunto nel quale hanno annunciato la ripresa dei colloqui militari e l’invio, da parte della Corea del nord, di una delegazione alle Olimpiadi. Ci sarà la coppia di pattinatori artistici che si è qualificata ai Giochi, ma anche la squadra di cheerleader e quella di taekwondo (l’arte marziale coreana per eccellenza), e funzionari di alto livello. Il Cio e il governo di Pyeongchang si sono messi a disposizione per offrire ospitalità ai nordcoreani in arrivo a febbraio. Il problema, però, è che offrire qualcosa ai nordcoreani potrebbe comportare una violazione delle sanzioni: ecco perché Seul sta iniziando a pensare a una sospensione delle misure unilaterali.
Sin dal 2015 – anno della chiusura del distretto industriale congiunto di Kaesong, e inizio del precipizio diplomatico tra le Coree – la questione nordcoreana è andata via via peggiorando. Kim Jong-un ha mostrato al mondo di avere tecnologie missilistiche e nucleari ben più potenti di quel che pensava la comunità d’intelligence. Il presidente Donald Trump ha assunto un atteggiamento aggressivo e ha personalizzato la crisi. E’ il primo momento, da allora, in cui a Nord e Sud viene lasciato (quasi) campo libero nella mediazione. Per adesso, la riapertura dei colloqui è un passo in avanti, come pure la possibilità di riorganizzare, entro febbraio, un incontro tra i 60 mila membri delle famiglie divise dal 38° parallelo.