Libia, migranti a Tripoli (foto LaPresse)

Salvezza per via aerea

Daniele Raineri

La Nigeria si riprende i migranti intrappolati in Libia, è un piano che aiuta la strategia italiana

Roma. In questi giorni il governo della Nigeria è impegnato in un’operazione per evacuare i nigeriani bloccati nei campi di raccolta per migranti in Libia. Gli uomini del governo hanno finito di verificare i documenti di cinquemila persone e ne hanno già rimpatriate mille a bordo di alcuni aerei che sono partiti dagli aeroporti di Zuwara e di Misurata – sulla costa a est e a ovest di Tripoli, sono due delle città più tranquille della Libia. Il governo ha fatto sapere che si tratta di una missione a tempo indeterminato, i voli continueranno fino a quando ci saranno cittadini che chiedono di essere rimpatriati.

 

I nigeriani che tornano nel loro paese raccontano delle condizioni orribili in cui erano tenuti nei campi libici, dove erano maltrattati, torturati e in alcuni casi venduti come schiavi. Proprio un servizio della rete americana Cnn – che il 14 novembre ha trasmesso il video di un’asta in cui due nigeriani sono venduti a circa 400 euro l’uno – ha fatto scattare l’iniziativa di soccorso del governo di Abuja. I nigeriani rientrati hanno diritto per tre mesi a una paga striminzita e a frequentare brevi corsi professionali di avviamento o reinserimento, che includono anche discorsi motivazionali per convincerli ad abbandonare l’idea di cercare fortuna all’estero. Tuttavia, come molti di loro raccontano in un pezzo pubblicato sul New York Times tre giorni fa, il fatto di essere stati salvati dai trafficanti non toglie che si trovino ancora in una situazione molto difficile: si sono indebitati per pagare il viaggio verso l’Italia, dopo mesi di vessazioni sono ritornati al punto di partenza e i posti di lavoro in Nigeria scarseggiano ancora.

  

Un’operazione in sordina

L’operazione del governo di Abuja sta passando un po’ in sordina sui giornali, ma di fatto inaugura un modello d’azione che – se fosse ripreso e copiato su larga scala – sarebbe fondamentale per la strategia italiana contro il traffico di uomini. Il punto più critico del piano cominciato la scorsa estate è che anche se l’Italia riesce a fermare le partenze dei barconi dalla costa libica – come di fatto è successo, a vedere i numeri – resta il problema delle migliaia di migranti africani bloccati in mano ai trafficanti. Le morti in mare diminuiscono, ma non l’emergenza umanitaria in Libia. Proprio per questo, negli ultimi mesi si è parlato molto di come intervenire: il piano italiano prevede un impegno ufficiale delle Nazioni Unite, che dovrebbero assicurare il rispetto di standard umanitari nei campi di raccolta: il presidente francese, Emmanuel Macron, nei primi giorni di dicembre ha annunciato la possibilità di azioni militari per liberare i migranti chiusi nei campi, ma per ora il discorso è caduto. C’è anche un problema generale di dimensioni: Abuja sta imbarcando sui voli cinquemila persone, ma i migranti bloccati in Libia potrebbero essere mezzo milione e forse di più, provenienti da diversi paesi.

 

Se la Nigeria e altri governi cominciassero a evacuare con efficienza i centri in Libia allora sarebbe un’iniziativa complementare a quella italiana: da una parte si bloccano i barconi, dall’altra si svuotano i campi e intanto, più a sud, si rafforza il dispositivo militare che sorveglia il confine della Libia da cui arrivano i migranti – nel 2017 i nigeriani sono stati la nazionalità più comune tra gli sbarcati in Italia.

  

Lo scoop di Cnn a novembre è stato senz’altro importante per spingere il governo nigeriano all’azione, ma tutto avviene in un clima di cooperazione con l’Europa che è in preparazione da anni. Nel febbraio 2016 l’allora premier Matteo Renzi andò in Nigeria con il capo della polizia Alessandro Pansa per prendere accordi sull’immigrazione e pochi mesi dopo, ad agosto, l’allora ministro degli Esteri Paolo Gentiloni volò anche lui in Nigeria per meglio definire la cooperazione. L’Italia in questo campo propone il cosiddetto Migration compact, vale a dire una serie di accordi con i paesi africani per la sicurezza comune e per i rimpatri dei migranti, che ora è allo studio di Bruxelles per essere allargato a tutta l’Unione europea.

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  • Daniele Raineri
  • Di Genova. Nella redazione del Foglio mi occupo soprattutto delle notizie dall'estero. Sono stato corrispondente dal Cairo e da New York. Ho lavorato in Iraq, Siria e altri paesi. Ho studiato arabo in Yemen. Sono stato giornalista embedded con i soldati americani, con l'esercito iracheno, con i paracadutisti italiani e con i ribelli siriani durante la rivoluzione. Segui la pagina Facebook (https://www.facebook.com/news.danieleraineri/)