La commissione anti pedofilia del Vaticano fa la morale pure al Papa
Roma. E’ giunta fino a Roma l’eco della particolare accoglienza che circa seicentocinquanta fedeli della diocesi cilena di Osorno hanno riservato al loro nuovo vescovo, mons. Juan Barros, nominato dal Papa lo scorso gennaio. Urla, lanci di oggetti, sventolio di bandiere dalle raffigurazioni ivi impresse non meglio identificate, strattonamenti ai paramenti del novello pastore, evidentemente scioccato. Tutto motivato, spiega chi ha messo in piedi la protesta: quel vescovo ha coperto diversi abusi sessuali commessi anni fa da padre Fernando Karadima, che nel 2011 fu dichiarato colpevole dalla congregazione per la Dottrina della fede e mandato a ritirarsi in quasi eremitica solitudine e preghiera. Forse, sostiene qualcuno, ha pure assistito mentre Karadima abusava di diversi minori. Contro la scelta di Francesco s’è levata perfino la voce di uno dei più autorevoli componenti della commissione pontificia per la Protezione dei minori, Peter Saunders: “Siamo tutti molto disturbati da quanto sta accadendo in Cile.
Parlando a titolo personale, sono seriamente preoccupato per questo problema. Un paio di membri del nostro gruppo di lavoro ci stanno suggerendo di andare a Roma per parlare con il Papa, o almeno con il cardinale O’Malley”, che della commissione è il coordinatore, ha detto al National Catholic Reporter. Non è la prima volta che dalla commissione istituita per volontà di Bergoglio al fine di garantire la massima trasparenza della Santa Sede su una materia delicata come quella degli abusi da parte di membri del clero si leva (pubblicamente) la voce per bacchettare qualche mossa del Pontefice. Quando, lo scorso febbraio, il Papa aveva sdoganato la sculacciata – giustificando un padre che aveva ammesso di dover picchiare un po’ i figli, “ma mai in faccia” – lo stesso Saunders era insorto, parlando addirittura di un “apparente appoggio alle botte per i bambini”. Un altro membro dell’organismo, Mary Collins, ha quasi intimato a Francesco di rimuovere il vescovo anche se non è personalmente accusato d’aver partecipato agli abusi di padre Karadima: “Ma potrebbe essere stato a conoscenza dei fatti senza fare nulla. E questo è abbastanza”, ha fatto sapere la signora che già qualche settimana fa aveva posto l’aut aut: o si fa subito qualcosa per la responsabilità dei vescovi nei casi di abuso, o lei (con Saunders) avrebbero fatto i bagagli e abbandonato la commissione.
Ma i problemi di Francesco con il Cile, realtà che conosce molto bene e non solo per vicinanza geografica (nel consiglio dei nove porporati incaricati di studiare la riforma della curia romana ha voluto il cardinale Francisco Javier Errázuriz Ossa, arcivescovo emerito di Santiago del Cile, l’unico “pensionato” tra i prescelti del Pontefice), non si limitano alla diocesi di Osorno.
[**Video_box_2**] Qualche giorno fa, infatti, il successore di Errázuriz Ossa, il cardinale Ricardo Ezzati Andrello, ha dato il benservito al professor Jorge Costadoat Carrasco, gesuita e docente di Teologia all’Università cattolica del Cile. I motivi dell’allontanamento – tecnicamente non gli è stato rinnovato il contratto per la docenza nell’ateneo – sarebbero da ricondurre all’esplicito appoggio dato da Costadoat Carrasco alle tesi pubblicate lo scorso settembre tramite documento plurilingue dal vescovo di Anversa, mons. Johan Bonny, che auspica la messa in soffitta della Humanae Vitae del beato Paolo VI, della Familiaris Consortio di san Giovanni Paolo II e di tutto quel che c’è di superato nell’insegnamento cattolico in fatto di morale sessuale: “Al Sinodo dovrà essere messo in discussione tutto, se la chiesa vuole aprire nuove strade per l’evangelizzazione del matrimonio e della famiglia nella nostra società”, aveva sottolineato il presule già collaboratore di Walter Kasper al pontificio consiglio per la Promozione dell’unità dei cristiani negli anni Novanta. Secondo quanto riportato dall’agenzia InfoCatólica, il decano della facoltà si sarebbe recato in udienza dal cardinale Ezzati Andrello per tentare di fargli cambiare idea, senza successo. Pare che la “teologia della circostanza” propugnata dal professor Costadoat, secondo cui “negare la comunione ai divorziati risposati corrisponderebbe a una negazione della verità evangelica” non abbia fatto breccia nel cuore del porporato. Gli studenti, attraverso un comunicato, precisano che il mancato rinnovo del contratto non deve essere interpretato né come una sanzione né come una condanna. Si tratta, invece, di una decisione presa “per il bene” del padre gesuita, che ora “avrà la possibilità di insegnare e fare ricerca in qualunque altro centro teologico”. In modo del tutto libero.
Vangelo a portata di mano