Come funziona il Venezuela, lo stato senza vaccini che piace tanto al M5s
Epidemie di difterite, tubercolosi e morbillo mettono in ginocchio il paese di Maduro. Qualche numero
“Cominciano a copiare le nostre idee”, si è vantato la settimana scorsa il grillino Alessandro Di Battista durante la trasmissione di Giovanni Floris, “Di Martedì”. Effettivamente, l'asse tra M5s e Salvini contro la Legge Lorenzin dimostra come una sorta Legge di Grisham sui programmi si stia imponendo nel dibattito politico. Ieri mattina, Di Battista ha pubblicato su Facebook un nuovo video in cui contesta il decreto sull'obbligatorietà dei vaccini, lamentandosi per il fatto che occorre prenotarsi per ottenere la prestazione sanitaria (il video lo trovate qui). Ma che succederebbe se davvero si smettesse di vaccinare? In realtà il caso da laboratorio sociale di un paese che è passato da un sistema sanitario “Vax” a uno “No Vax” esiste, e tra l'altro riguarda un regime che tra molti dei Cinque stelle ha suscitato interesse e consenso: ci riferiamo al Venezuela di Chávez e Maduro. A Caracas, il governo bolivariano non ha fatto una battaglia ideologica di principio contro i vaccini, ma si è limitato a farli mancare per inefficienza.
L'effetto, comunque, è stato ugualmente disastroso. Nel 2014 in Venezuela fu creata una “impresa socialista” per produrre 120 milioni di dosi di vaccino all'anno. Quel che si sa, anche se dati ufficiali non ce ne sono, è che questa “impresa” non riuscì a produrne a sufficienza. Non è chiaro se l'inefficienza venezuelana investa anche la capacità statistica o se queste cifre siano tenute segrete perché troppo imbarazzanti. Il Foglio ha provato a rivolgersi a personaggi che lavorano con la sanità pubblica del paese sudamericano e il tono delle risposte fa propendere per la seconda ipotesi. “Chi sei? Chi ti ha dato il mio recapito? Perché ti servono queste informazioni?”, è stata ad esempio la reazione di una insigne specialista e docente universitaria che ha fatto ricerca pure in Italia. Chiarite le credenziali si è rassicurata, ma non si è sbottonata. “A noi funzionari del Ministero del Potere popolare per la Salute è vietato divulgare questi dati”, ha insistito. Ci ha però consigliato altre fonti: ovviamente, in condizioni di assoluto anonimato. Peraltro, lo stesso ministro della Salute, Antonieta Caporale, lo scorso maggio fu destituita subito dopo che, attraverso un bollettino, aveva ammesso come tra il 2015 e il 2016 la mortalità infantile fosse aumentata del 30 per cento, quella materna del 65,79 per cento e la diffusione della malaria del 76,4 per cento.
Si sa inoltre che il Venezuela è interessato da epidemie di difterite, tubercolosi e morbillo in 22 dei 24 stati del paese. Ovviamente non dipende tutto dalla mancanza di vaccini, ma anche da un più generale disastro delle condizioni sanitari e nutrizionali. Ma i 240.000 casi di malaria ammessi dalla Caporale sono aumentati a 600.000 nel giro di un anno. Che ci siano vaccini solo per 400.000 dei 500.000 bambini che nascono in Venezuela lo denuncia Adelfa Betancourt, ex direttrice del Programa de Inmunizaciones del Ministerio de Salud e membro della Comisión de Vacunas de la Sociedad de Pediatría, che può riferire cifre senza più paura di licenziamenti. Il dato reso noto da Betancourt è di una copertura vaccinale di appena l'80 per cento, un valore ammesso anche dalla Caporale, e drammaticamente inferiore al 95 per cento che l'Organizzazione mondiale della Sanità considera indispensabile per assicurare l'immunità di gregge.
Un altro ex ministro della Salute, il dottor José Félix Oletta, segnala ben 17 focolai di difterite e uno di morbillo. Proprio grazie ai vaccini, il morbillo aveva smesso di uccidere dopo che negli anni Ottanta aveva provocato oltre due milioni di morti all'anno; anche la difterite era scomparsa dopo 24 anni. A sua volta, Huníades Urbina Medina, presidente della Sociedad Venezolana de Puericultura y Pediatría, denuncia che in Venezuela si è smesso di vaccinare contro lo pneumococco da due anni e contro la varicella da tre, che l'anno scorso molti bambini sono rimasti senza vaccini anti-tubercolosi, che il programma di vaccinazioni obbligatorie ha smesso di includere papilloma virus ed epatite e che nello stato di Bolívar c'è stata una copertura di vaccini anti difterite di appena il 50 per cento, contro il 90 per cento minimo consigliabile.
Dalle piazze ai palazzi