Londra, marcia anti-Brexit (foto LaPresse)

Il motore delle Midlands inglesi è l'applicazione esatta della filosofia anti Brexit

Paola Peduzzi

Costruire sulle idee migliori degli ultimi 40 anni: la convergenza virtuosa di aziende, università, politica raccontata da Adrian Wooldridge

Milano. Se vai a caccia di una buona notizia sul Regno Unito, di un segnale rassicurante, un impallidito “andrà tutto bene” rimasto dalla stagione blairiana, rischi di imbatterti soltanto in borbottii poco comprensibili, in musi lunghi per lo più. L’etichetta di “broken country” che la Brexit sta appiccicando sul paese è difficile da strappare, fa male, e la politica britannica, i giornali britannici ancora di più, non fanno nulla per alleviare il dolore. Non passa giorno senza una polemica, una lite, un pettegolezzo cattivo, al punto che tutto questo trambusto sta diventando un rumore di sottofondo fastidioso ma irrilevante: c’è il Sun che fa il conto di quanti parlamentari conservatori vogliono sfiduciare la premier Theresa May e sembra una notizia uguale a se stessa, da tanti mesi.

 

La May va a Davos, stringe di nuovo l’alleanza con Donald Trump, che le serve molto, cerca di parlare poco di Brexit e molto di rilancio e innovazione e il risultato è il solito: almeno questa volta non aveva la tosse come quella volta là, alla conferenza di partito; almeno questa volta non sono cadute le lettere delle scritte sul palco come quella volta là. I commenti sono più o meno tutti di questo tenore, e se è vero che la May ci ha messo molto del suo nel costruire questa immagine confusa e ferita di sé e del suo governo, non si può non notare che l’accanimento è tragicomico, se perde lei, perdono tutti gli inglesi, che piaccia o no.

 

Poi però la buona notizia arriva e non si tratta di un dato economico che non crolla o di un altro che tiene nonostante le previsioni catastrofiche – l’economia inglese alla fine del 2017 ha avuto una ripresa: si tratta di una storia. L’ha raccontata sull’ultimo numero dell’Economist Adrian Wooldridge, nella sua column Bagehot. Wooldridge è un osservatore eccezionale, guarda la politica à la Montesquieu studiando il contesto, la cultura, la società, la tecnologia: ci diede anni fa la “Right Nation”, quel libro imprescindibile che ci fece comprendere molto dell’America dell’inizio millennio. Ora si occupa del Regno Unito e in quest’ultima puntata del suo romanzo sul paese alle prese con la Brexit parla del “motore delle Midlands” in contrapposizione alla Westminster “cerebralmente morta”. Wooldridge si è concesso una fuga da Londra e si è avventurato nell’Inghilterra di mezzo, tutte le regioni che finiscono in “shire” che vi vengono in mente sono qui, il celebre Regno di Mercia del medioevo, il regno della “gente di confine”.

 

Qui si è messo a funzionare un motore straordinario alimentato dalla convergenza virtuosa di aziende, di università, di politica. Wooldridge racconta che non si trattato soltanto di una pur attraente “collezione di nuovi palazzi e di nuove iniziative”. C’è una nuova filosofia di governo, “centrista nel senso che cerca di costruire sulle idee migliori degli ultimi 40 anni, come quella di riconoscere il potere creativo del business. Ma è un approccio riformatore perché ammette che l’antico ordine aveva messo troppa enfasi su Londra e sulla finanza, dimenticandosi di rendere inclusiva la crescita. Chiamatelo ‘reform-centrism’”. Un sindaco conservatore in una roccaforte laburista, un nuovo rettore particolarmente attento alle logiche dell’inclusività, molte internship nelle aziende locali, il ritorno al lavoro manifatturiero ma anche la predisposizione alle nicchie, satelliti, droni, ali per aeroplani: questi pezzi e altri simili compongono il motore delle Midlands, che non è solo una bella storia da periferia, è un modello cui ispirarsi. E’ vero che conta, nei luoghi dell’eccellenza, pure l’armonia perfetta tra colline e pianura, ma è anche vero che conta l’idea, averla, portarla avanti. 

 

Wooldridge mette in guardia dall’eccessivo ottimismo: il Regno Unito è un paese straordinariamente centralista, i sostenitori di non-esiste-solo-Londra non hanno una voce forte e soprattutto la Brexit può interrompere il processo di attrazione, lo sviluppo della manifattura, il sogno alternativo alla finanza della City. Ma allo stesso tempo Wooldridge indugia sui particolari incoraggianti, soprattutto sulla filosofia della moderazione e della crescita, che è il contraltare allo sfascio brexitaro, la buona notizia che non sembra effimera.

Di più su questi argomenti:
  • Paola Peduzzi
  • Scrive di politica estera, in particolare di politica europea, inglese e americana. Tiene sul Foglio una rubrica, “Cosmopolitics”, che è un esperimento: raccontare la geopolitica come se fosse una storia d'amore - corteggiamenti e separazioni, confessioni e segreti, guerra e pace. Di recente la storia d'amore di cui si è occupata con cadenza settimanale è quella con l'Europa, con la newsletter e la rubrica “EuPorn – Il lato sexy dell'Europa”. Sposata, ha due figli, Anita e Ferrante. @paolapeduzzi