La rete di Trump

Eugenio Cau

Alla Casa Bianca gira una proposta per nazionalizzare la rete 5G in funzione anti cinese. Arietta da Guerra fredda

Roma. L’America sta pensando di nazionalizzare la rete 5G per paura della Cina – scrive Axios, giornale online accumulatore di scoop – e nel farlo potrebbe dare inizio a una nuova politica di protezionismo economico-strategico che sa molto di Guerra fredda. Lo scoop riguarda un memo e un file PowerPoint che, secondo Axios, sarebbero stati presentati in maniera riservata da un alto membro del consiglio per la Sicurezza nazionale dell’Amministrazione Trump. E’ una proposta ancora in fase embrionale – ieri ovviamente smentita dall’Amministrazione –, che tuttavia dice molto dell’arietta che si respira alla Casa Bianca quando si parla di concorrenza con la Cina. Funziona così: la rete 5G sarà l’infrastruttura fondamentale dei prossimi decenni. Se oggi il 4G serve ad avere internet sugli smartphone, il 5G muoverà il mondo informatizzato: dalle macchine che si guidano da sole alla realtà virtuale alle infrastrutture pubbliche strategiche. C’è un problema però. Il paese più avanzato a livello di ricerca e applicazione della tecnologia 5G è la Cina. E la Cina, scrive il report, è “il principale agente malevolo” nel campo. Un concorrente di cui non ci si può fidare. Dunque, per evitare che la grande infrastruttura del 5G sia infiltrata da tecnologia cinese, bisogna nazionalizzarla – o meglio: per quanto riguarda alcune frequenze strategiche, è necessario costruire una rete nazionale, esattamente come Eisenhower finanziò con fondi federali la rete autostradale americana. Attualmente lo sviluppo del 5G è in una fase seminale in cui decine di aziende private e di istituti di ricerca in tutto il mondo collaborano e competono per stabilire standard e tecnologie. In questo contesto, la proposta americana sembra eccessiva: il pericolo che emana dalla Cina è tanto da far riemergere termini certamente non reaganiani come “nazionalizzazione”? Il Foglio ha contattato due esperti e ha chiesto loro se il pericolo esiste e cosa stanno facendo l’Europa e il mondo a riguardo. Entrambi hanno detto che il pericolo c’è, almeno a livello teorico, ma che la soluzione è rudimentale, quando non controproducente.

  

“L’intrusione di altre potenze nella rete nazionale di telecomunicazioni è una preoccupazione antica e permanente degli stati”, dice al Foglio Gérard Pogorel, professore dell’Università Telecom ParisTech ed esperto di telecomunicazioni. Già l’Amministrazione Obama aveva mostrato diffidenza verso i prodotti di Huawei, campione cinese nel settore, e il trend è continuato sotto Trump. Secondo indiscrezioni giornalistiche, questo mese è stata la Casa Bianca a far saltare una grossa partnership praticamente già siglata tra Huawei e l’americana At&T. Ma la nuova proposta fa un passo ulteriore e introduce un elemento di novità, dando per scontato l’assunto non provato per cui una rete pubblica sarà per forza di cose più sicura di una rete costruita da privati. “Certamente la natura delle minacce è molto diffusa, ma la soluzione della nazionalizzazione è decisamente retrò, e dice molto dell’atteggiamento neo mercantilista della Casa Bianca”, continua Pogorel. “Anche in Europa c’è molta attenzione al ruolo strategico delle reti, si pensi all’insistenza recente sulla Golden share in Italia, ma difficilmente vengono addotte ragioni di sicurezza nazionale. Alcuni paesi europei hanno destinato porzioni delle frequenze mobile alle funzioni critiche di uso pubblico, ma stiamo parlando di frequenze, non della rete infrastrutturale”.

  

“La proposta sul 5G è come il muro al confine con il Messico: evocativa ma poco efficiente e attuabile”, ci dice Tommaso Ferruccio Camponeschi, imprenditore di aziende hi tech e sinologo. “Il primo problema è che, allo stato attuale, creare un network 5G made in Usa è praticamente impossibile. In secondo luogo ci sono modi migliori per proteggersi dalle intrusioni”. Una delle questioni sollevate dagli esperti è che, più che il controllo dell’infrastruttura, è importante il controllo dei dati. “L’Unione europea approverà quest’anno una nuova legge sulla protezione dei dati che sarà durissima contro le aziende del digitale, specie cinesi. Questa legge salvaguarderà gli utenti senza le misure di protezionismo ottocentesco che Trump sta pensando di adottare”.

   

Insomma, per ora la proposta rivelata da Axios ci dice più dell’atteggiamento della Casa Bianca nei confronti della Cina che della prossima battaglia per il predominio delle reti 5G. Molti leak dicono che l’Amministrazione si sta preparando a una nuova posizione “post engagement” con Pechino: smettere di considerare la Cina un paese in via di sviluppo e iniziare a trattarlo come un rivale. Sono leak che girano da mesi e finora non si è avverato niente. Ma le carte di Axios mostrano che alla Casa Bianca se ne parla, si fanno memo e PowerPoint, e prima o poi uno di questi attirerà l’attenzione di Trump. 

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  • Eugenio Cau
  • E’ nato a Bologna, si è laureato in Storia, fa parte della redazione del Foglio a Milano. Ha vissuto un periodo in Messico, dove ha deciso di fare il giornalista. E’ un ottimista tecnologico. Per il Foglio cura Silicio, una newsletter settimanale a tema tech, e il Foglio Innovazione, un inserto mensile in cui si parla di tecnologia e progresso. Ha una passione per la Cina e vorrebbe imparare il mandarino.