C'è stato un complotto per affossare Fillon alle presidenziali francesi?
Il candidato di centrodestra francese era il favorito per vincere le elezioni, ma poi è stato affossato da una serie di scandali. Un documentario ricostruisce la storia
Chi ha ucciso François Fillon, candidato della destra postgollista alle ultime elezioni presidenziali ed eliminato fin dal primo turno dopo una serie di scandali? È la domanda che pone un documentario di Bfm tv, il canale di informazione non stop che ha cercato di ripercorrere le settimane del PenelopeGate, l’affaire che ha coinvolto Fillon e sua moglie rivelando un personaggio molto diverso da quello che i francesi credevano di conoscere e una famiglia politica lacerata da odi, vendette personali, rancori e ambizioni.
Il 25 gennaio 2017 il Canard enchainé, settimanale conosciuto per la satira aggressiva e le inchieste, pubblica in prima pagina un articolo secondo cui Penelope Fillon, moglie di François, ha ricevuto circa 500 mila euro lordi (cifra poi alzata a 800 mila in successivi articoli) come compenso di assistente parlamentare di suo marito dal 1998 al 2007, e del suo supplente fino al 2012, anni in cui Fillon era primo ministro. Il Canard afferma anche che Penelope sia stata pagata 5.000 euro lordi al mese per un anno e mezzo, tra maggio 2012 e dicembre 2013, in quanto redattrice della Revue des deux mondes. In entrambi i casi il rapporto lavorativo non è illegale ma, secondo il settimanale, fittizio. Questo sì, un reato, per il quale la magistratura apre subito un’inchiesta, ma soprattutto un colpo durissimo a un candidato che aveva costruito la sua immagine pubblica in quarant’anni di vita politica da uomo onesto, probo, un politico di professione del quale ci si può fidare.
Fillon, fino a quel momento favorito per la vittoria finale, diventa debolissimo. Così come debole, incongruente e solitaria è la sua difesa: quando il 24 gennaio il Canard enchainé avverte il comitato elettorale del contenuto dell’articolo per chiedere un commento, o magari una smentita, il direttore di campagna, Patrick Stefanini, la sua consigliera più vicina, Anne Méaux e il portavoce Thierry Solére, non hanno idea di cosa si stia parlando. Molti politici del cerchio ristretto di Fillon, interrogati nel documentario, spiegano che no, non ne sapevano niente. Emerge quindi il ritratto di un uomo solo, che non condivide le difficoltà, che non ha bisogno, in fondo, nemmeno dei suoi consiglieri più fidati. La sera del 26 gennaio Fillon è in televisione a difendere l’impiego della moglie e la sua integrità: “Soltanto se la mia integrità sarà messa in discussione, soltanto se sarò messo sotto esame dalla magistratura ritirerò la mia candidatura”, una dichiarazione non concordata con lo staff che si rivelerà fatale: il 15 marzo Fillon è messo sotto esame, ma decide di portare a termine, fino alla sconfitta, la campagna presidenziale ormai senza più alcuna credibilità.
Chi ha dato le informazioni sul contratto di assistente parlamentare di Penelope ai giornalisti del Canard, si chiede il documentario? Chi ha ucciso politicamente Fillon? I due cronisti, intervistati, assicurano di aver scoperto tutto da soli. Ed è probabile che non ci sia una regia, nello scandalo degli impieghi fittizi. Eppure, dopo l’inizio dell’inchiesta, il Canard e gli altri quotidiani e settimanali iniziano ad avere sempre più fonti, sempre più informazioni, sempre più notizie certe che non potevano che venire dal suo stesso partito. Questo vuol dire che in fondo in molti hanno colto l’occasione per regolare i propri conti. Ma, chiunque sia il responsabile delle pugnalate alle spalle, non aveva che da guardare nel passato di Fillon, nel suo tenore di vita elevatissimo, le passioni costose. Un rapporto squilibrato con il denaro. La distanza glaciale che l’ex primo ministro ha sempre posto tra se stesso e gli altri ha fatto il resto. Ecco perché, alla fine, nessuno l’ha difeso più di tanto.
Un piccolo complotto c’è. Il 12 febbraio il Journal du Dimanche scrive che Fillon ha ricevuto tre vestiti su misura dal valore di 12 mila euro offerti dall’avvocato franco-libanese Robert Bourgi, uomo vicinissimo a Sarkozy. La rivelazione, sommata all’altro scandalo, affossa definitivamente la campagna della destra. “Sì, l’ho fottuto”, dice soddisfatto Bourgi durante il documentario. “Sapevo che Fillon aveva un rapporto con i soldi molto particolare. E volevo vendicarmi degli insulti contro di me e soprattutto contro Sarkozy durante la campagna per le primarie”. Ecco perché offre i vestiti a Fillon a dicembre, costruisce una “prova” in un momento insospettabile, aspetta fino a febbraio per pagare e poi chiama personalmente i giornalisti del Journal du Dimanche per raccontare, in pieno scandalo, lo scoop. E Sarkozy, spiega l’avvocato, sapeva: “Quando gli ho spiegato che avrei distrutto la candidatura di Fillon non ha fatto niente per impedirmelo”. Una frase che riassume bene le relazioni tra i Républicains.