Intoccabile Putin
Il Tesoro elenca i russi da sanzionare (la copia da Forbes, pare). Ma Trump dice: nessuna sanzione
Roma. La lista pubblicata lunedì sera dal dipartimento del Tesoro avrebbe dovuto essere uno degli atti finali della storia complicata tra Donald Trump e Vladimir Putin. Avrebbe dovuto colpire tutti gli uomini del Cremlino sospettati di aver esercitato ingerenze e influenze sulla politica americana, e invece, il presidente Trump con il suo entourage ha deciso di non fare nulla. Non introdurrà nuove sanzioni contro la Russia e questo, dopo un anno di tormenti e testimonianze legate al Russiagate, fa un certo scalpore: come si toglierà questa nuvola di ingerenze e manipolazioni che grava sulla Casa Bianca?
I nomi nella lista del Tesoro sono in tutto 210, 114 personaggi politici, ministri, leader della Duma, sindaci, governatori e 96 uomini d’affari. “Sembra che il dipartimento del Tesoro abbia copiato l’elenco telefonico”, hanno ironizzato a Mosca e invece – il pasticcio c’è sempre – i novantasei ricchissimi presenti nella lista nera redatta da Washington sono tutti pescati dalla classifica dei World’s Billionaires di Forbes, come ha rivelato a BuzzFeed un portavoce dell’Amministrazione Trump. Oligarchi con un patrimonio che supera il miliardo di dollari e con interessi in tutto il mondo. Roman Abramovic, proprietario del Chelsea football club, Oleg Deripaska, imprenditore e direttore generale del gruppo produttore di alluminio RusAI, Vladimir Potanin, proprietario del complesso minerario della città di Norilsk, Evgenij Kaspersky, fondatore della Kasperky Lab. Ma anche Igor Sechin, capo di Rosneft, Alisher Usmanov, comproprietario dell’Arsenal, Alexej Miller, amministratore delegato di Gazprom e Arkady Volozh, fondatore del “google russo” Yandex. Nelle settimane precedenti la pubblicazione del report, molti di loro avevano detto di essere preoccupati per le sanzioni che il Tesoro avrebbe potuto imporgli. Come ha raccontato il Financial Times, si erano divisi tra chi ostentava prese di posizione distanti dal Cremlino e chi, invece, ha chiesto aiuto a Putin. Si sono affannati alla ricerca di avvocati o di persone che a Washington potessero intercedere o, addirittura, anticipare il contenuto del rapporto.
Lunedì sera è arrivata la sorpresa. L’elenco, “compilato sulla base di criteri oggettivi tratti da fonti consultabili pubblicamente”, redatto per varare nuove sanzioni in seguito alle interferenze della Russia sulle elezioni del 2016, in realtà non era “una lista di sanzioni”. Per il momento l’Amministrazione Trump ha escluso misure restrittive come il blocco degli affari negli Stati Uniti per alcuni degli oligarchi presenti o il divieto di ottenere il visto. “E’ una misura di deterrenza”, ha detto il presidente, specificando che l’effetto sperato è quello di dissuadere banche o altre istituzioni in America o in Europa a fare affari con i nomi presenti nella lista.
Il rapporto è stato redatto dall’Amministrazione secondo una legge del 2016, volta a punire la Russia per le interferenze durante le presidenziali e per le violazioni dei diritti umani come l’annessione della Crimea e le operazioni militari in corso nell’Ucraina orientale. Per ora l’Amministrazione Trump ha deciso di limitarsi a mettere in guardia i governi stranieri e i privati avvisandoli del fatto che “le transazioni significative con compagnie russe presenti nella lista potrebbero essere sanzionate”.
Tra i democratici, nessuno ha creduto alla strategia della deterrenza e anzi, il report si è trasformato in un’ulteriore prova a carico del presidente americano nell’ambito dell’inchiesta sul Russiagate, che lunedì ha subito un nuovo colpo di scena. Il vicedirettore dell’Fbi, Andrew McCabe si è dimesso. Aveva annunciato che sarebbe andato in pensione a marzo e invece ha deciso di mettersi in aspettativa fino alla data del suo ritiro. La decisione è stata probabilmente determinata da pressioni provenienti dall’Amministrazione e dalle accuse dei fedelissimi di Trump, secondo i quali il Bureau avrebbe abusato della sua autorità nell’ambito delle indagini sul Russiagate. I repubblicani della commissione Intelligence alla Camera hanno anche autorizzato la pubblicazione del rapporto segreto che accusa l’Fbi e il dipartimento di Giustizia di non aver reso noto che il Democratic national commitee e i Clinton avrebbero finanziato le indagini usate per ottenere un mandato di sorveglianza nei confronti del consigliere della campagna di Trump, Carter Page.
Sembra un gioco delle parti, in cui Putin ineffabile definisce la lista “una minaccia vuota”. Durante l’incontro con alcuni suoi sostenitori, il presidente russo ha presentato il suo programma elettorale in vista del voto di marzo e ha scherzato sul report del Tesoro con un proverbio russo: “I cani abbaiano, ma la carovana continua ad andare avanti”.