Democratici divisi e senza idee. Trump se la gode
Tutti dicono che a novembre il talpone perderà la maggioranza in una o due delle Camere, e che Mueller non si può licenziare, pena una grave crisi costituzionale. Non ne sarei troppo sicuro
Deep state, che poi sarebbe la teoria del doppio stato, il solito cospirazionismo, è la formula che si porta adesso nel mondo trumpesco dell’impostura, della truffa e dell’efficacia. Gli uomini del presidente hanno piegato con un colpo di maggioranza la commissione intelligence del Congresso, istituita dopo il Watergate per sorvegliare le agenzie federali a patto di restare riservata e bipartisan, a un basso servizio personale per il titolare della Casa Bianca. Impostura efficace: infatti tre paginette elaborate dai repubblicani dicono una chiassosa e parziale verità (inutile) sui traffici democratici del giro obamiano e clintoniano per sputtanare il candidato outsider, ma ammettono che le cose inerenti la collusione tra la campagna dell’Arancione e il Rifattone che comanda a Mosca avevano radici prima che l’Fbi e il dipartimento di giustizia mettesse sotto sorveglianza uno spione Americano che collaborava con Trump, senza menzionare, nella richiesta al giudice, il lato tendenzioso, perché commissionato a una organizzazione di sottobosco da finanziatori democratici, di una delle fonti in ballo, la FusionGPS.
Impostura anticospirazionista. Ma ecco l’efficacia. Da sei mesi il presidente, che undici giorni prima del voto fu beneficato da un atto del capo dell’Fbi contro la Clinton, e festeggiò la cosa come un evento storico con l’acquolina in bocca della vittoria, twittava indefesso contro l’Fbi, il cui capo aveva sfrontatamente licenziato per infedeltà, e il dipartimento di giustizia, agenzie i cui vertici sono nominati da lui, per colpire indirettamente la insidiosa indagine di Robert Mueller sulle sue relazioni speciali con gli uomini del Kgb o Fsb, che fa lo stesso. Ma un memo, cioè quelle tre paginette partisan elaborate dai suoi in parlamento, ha potuto più dei tuìt. L’hanno scritto, e intorno al documento segreto da mettere nelle mani del popolo hanno costruito una sceneggiata fantastica, e imbarazzante per l’opposizione. Noi, che tutte queste vicende le abbiamo sperimentate con vent’anni di anticipo, ricordiamo quando Berlusconi, dopo aver stravinto nel 2008, istituì subito la famosa commissione Mitrokhin con Paolo Guzzanti alla sua testa e l’altra sullo scandalo Telekom-Serbia: fu un vaudeville delizioso, come sempre quando il Cav. fa il cattivo, perché non è nella sua natura, non è la sua expertise, quella del cacciatore di fantasmi. Trump invece cattivo lo sa essere, ha preso tutto da Berlusconi salvo l’autoironia e la benevolenza, e ora per non essere infastidito dall’investigatore indipendente Mueller getta fango in faccia alle istituzioni americane che sarebbero il deep state, il doppio stato. Ben scavato, vecchio talpone arancione.
Tutti qui dicono che a novembre il talpone perderà la maggioranza in una o due delle Camere, e che Mueller non si può licenziare, come Trump ha già tentato di fare lo scorso luglio, pena una grave crisi costituzionale. Non ne sarei troppo sicuro, vista l’efficacia del cospirazionismo in un paese che si è sentito per otto anni prigioniero della sicurezza di sé, politicamente corretta, di un establishment cieco e sordo, che alla fine fu capace di prenderle da uno scroccone di tal fatta. Ma i dubbi nascono anche dal fatto che l’isteria delle opposizioni, i media sopra tutti, malgrado facciano un lavoro anche loro efficace di notizie e analisi, culmina nella nomenclatura democratica divisa e senza idee. Per battere Trump e tagliare corto con la sofferenza che questo incredibile bullo infligge al sistema costituzionale più antico del mondo (costituzione scritta, la Gran Bretagna è un’altra cosa) ci vogliono una coalizione larga, un programma sensato che non sia prigioniero della multiculturale diversità pol. corr., e un leader riconosciuto come forte e sicuro. Niente di tutto questo è minimamente alle viste. E nella versione della vecchia cultura liberale e antifiscale alla Reagan, combinata con i valori cari agli evangelici e ai pro-life (sarà il prossimo capitolo), il tutto gestito dal real estate broker venuto dal Queens a miracol mostrare, con le leve formidabili dell’esecutivo presidenziale, il mondo di Trump, per quanto lui sia pur sempre ultraminoritario nel voto popolare, si trova per adesso benissimo.