Guerricciola mondiale
Perché il Cremlino finge indifferenza quando gli americani ammazzano russi in Siria
Roma. Gli americani in Siria hanno ucciso in combattimento alcuni contractor militari russi che erano schierati con le forze del presidente siriano Bashar el Assad e il Cremlino per ora tace – anche se non nega. I russi uccisi sono almeno sei, ma potrebbero essere molti di più, decine, tutti appartenenti alle compagnie private che il governo di Mosca assolda per rafforzare le proprie operazioni militari in Siria e al contempo non essere costretto a dichiarare troppe perdite. I contractor infatti non sono inquadrati tra le forze regolari e le morti nel loro caso sono più facili da coprire. A volte passano mesi prima che amici e parenti confermino il decesso in guerra. In questo caso, la denuncia delle morti arriva via social media dagli angoli più nazionalisti della Russia, forse con l’intenzione di scuotere l’indifferenza diplomatica di Mosca contro gli americani. Il governo con tutta evidenza vuole minimizzare per non complicare una situazione già difficile e dalla quale vorrebbe districarsi in fretta. Se avesse voluto dare risalto alla faccenda, avrebbe fatto parlare la sua macchina di propaganda ben rodata, i canali internazionali Russia Today e Sputnik. Non è uscito nulla.
Che cosa è successo? Giovedì scorso il Pentagono ha dichiarato di avere respinto un assalto contro un quartier generale dei curdi – alleati degli americani contro lo Stato islamico – da parte di cinquecento miliziani fedeli al presidente Assad. La scena dei fatti è la parte orientale vicino Deir Ezzor, lontana dalla costa e dalle città importanti, dove non c’è nessun giornalista nel raggio di centinaia di chilometri. In quella zona il fiume Eufrate fa da linea di demarcazione tra le forze assadiste sponsorizzate dalla Russia con generoso apporto di mezzi e di consiglieri militari e le forze curde sponsorizzate dall’America con generoso apporto – anche in questo caso – di mezzi e di consiglieri militari.
I miliziani hanno tentato di attraversare il fiume e di prendere il quartier generale curdo, hanno sparato colpi di cannone che sono caduti vicino all’edificio, dove c’erano anche alcuni uomini delle Forze speciali americane, gli americani si sono sentiti minacciati e per tre ore hanno reagito con il volume di fuoco a loro disposizione: aerei F-15, aerei F-22, elicotteri da guerra Apache, droni e anche colpi di artiglieria dei soldati a terra, secondo le fonti militari americane. L’analista Aymenn al Tamimi dice grazie a contatti sul posto che la maggior parte delle perdite è stata inflitta a una milizia che si fa chiamare Isis hunters, i cacciatori dello Stato islamico, ma già nelle prime ore dopo la battaglia è cominciata a circolare la voce che fossero morti anche russi della compagnia privata Wagner, molto conosciuta in questo settore. In particolare, rumors non confermabili dicevano che erano morti contractor specializzati nell’allestire i pontoni mobili usati dalle forze assadiste per l’assalto oltre il fiume Eufrate. La voce è circolata per cinque giorni, ma ieri sono uscite le conferme da parte russa quando le prime notizie di funerali hanno cominciato a circolare e a essere verificate.
Il problema è che questo scontro di mercoledì scorso – come pure i raid aerei pesantissimi lanciati da Israele sabato mattina – non appaiono come anomalie singole e irripetibili della guerra in Siria, ma come il preludio ad altri episodi simili, perché dopo la fine dello Stato islamico le forze in campo non trovano un accordo per terminare le ostilità. L’Amministrazione Trump non vuole cedere il controllo che ha per interposti curdi sul trenta per cento della Siria, l’Iran vuole usare il paese come piattaforma militare per aggredire Israele e la Turchia vuole spegnere ogni velleità autonomista dei curdi.
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