Le spie ceche a Londra, il ribelle a Napoli e i tormenti dell'elettore di sinistra
Corbyn e i contatti con i servizi della Repubblica Ceca, Mélenchon e gli incontri con Potere il Popolo. Persino Alexis Tsipras, pasionario greco spezzamoderati, sembra oggi in grado di dare sollievo
Milano. L’elettore di sinistra occidentale passa di tormento in tormento. Vorrebbe accucciarsi in un partito che lo rappresenta, a grandi linee, senza essere troppo schizzinoso ché questi non sono tempi buoni per le eccessive distinzioni, e si trova di continuo di fronte alla domanda: che cosa siamo stati, che cosa saremo? Non è una questione nuova e non ci sono nemmeno più troppe speranze di trovare una risposta così su due piedi, d’istinto e di slancio, ma il tormento resta opprimente. Passato e presente si confondono, sfogli i giornali e devi controllare la data, per essere certo di essere davvero sulle pagine di attualità, anno 2018. Slogan antichi che tornano, rivenduti come se fossero nuovi, anzi peggio: come se fossero realizzabili, ammesso che mai lo siano stati. Sembra che basti un pochino di trucco per coprire, riempire le rughe: la nostalgia è una corteggiatrice infida, ti conquista e ti pianta e non sai mai spiegare perché ti sei fatto ancora una volta abbindolare. L’elettore di sinistra poi, come ci casca lui nella nostalgia, nessuno. L’altro giorno c’era Jean-Luc Mélenchon a Napoli, restituiva la visita ricevuta a Parigi dalla delegazione di Potere al popolo e la condiva con la sua finta modestia: “Sono qui per imparare – ha detto il leader della Francia che non si sottomette – Qui fate la lotta per la rivoluzione in Europa”. Il collante sono i progetti e un sentimento comuni che, come dice il comunicato, mettono al centro “il protagonismo popolare”. Mobilitazione, piazza: gli “insoumis” di Francia si congiungono con i colleghi italiani, stesse buone parole sulla solidarietà, stessa rabbia stizzita nei confronti di chi prova ad andare nel cuore del progressismo, sporcandosi le mani, guardando avanti invece che facendosi risucchiare dal passato, Macron là, il Pd qui.
Un po’ più a nord, oltre quella Manica che si fa ogni giorno più larga, i giornali sono pieni di foto di trent’anni fa di Jeremy Corbyn, il leader del Labour che ieri ha incontrato Pietro Grasso, per sancire un’intesa “contro le diseguaglianze”, rilanciando stato sociale e nazionalizzazioni. I capelli e la barba del leader del Labour sono un po’ più lunghi di oggi, lo sguardo mezzo corrucciato mezzo impenetrabile è invece uguale, i suoi sorrisi a favor di telecamera sono sempre stati pochi: erano gli anni Ottanta, la Guerra fredda non sarebbe durata ancora a lungo ma nessuno poteva saperlo e Corbyn era già un attivista, tutto comizi, megafoni e appartenenza comunista.
Ma queste immagini che occupano da qualche giorno le prime pagine non fanno parte del gran rilancio del leader puro, combattivo, sempre dalla stessa parte: sono a corredo di uno scandalo, presunto. Il Sun ha scovato negli archivi dell’odierna Repubblica ceca i resoconti degli incontri dell’allora quasi quarantenne Corbyn con un agente dei servizi cecoslovacchi: almeno tre incontri, tra il 1986 e il 1987. Jan Sarkocy, ex spia della polizia segreta cecoslovacca durante la Guerra fredda noto come Jan Dymic, ha dichiarato di aver incontrato l’allora parlamentare almeno dieci volte: Corbyn era un informatore a libro paga, si chiamava “Agente Cob” e aveva passato informazioni sensibili all’interno di una “cooperazione consapevole”. Corbyn dice che gli incontri ci sono stati ma non ha passato alcun documento, figurarsi informazioni: anche volendo, non ne aveva. I corbyniani dicono che si tratta di un complotto ordito dalla destra. Potrebbe essere, anzi forse è vero, ma quando l’ineffabile ex sindaco londinese Ken Livingstone dice che anche lui aveva contatti con i servizi sovietici, ma “eravamo tutti troppo di sinistra per il Kgb”; quando scopri che molti, anche giovani, soprattutto giovani, restano affascinati dall’idea che Corbyn sia stato una spia e non vedono l’orrore, capisci che il tormento, per l’elettore di sinistra, non ha fine. Kevin Kuehnert, il ragazzotto ciarliero che da Berlino e da sinistra – è a capo dei giovani dell’Spd – dice che vuole affossare il moderatismo di una Grande coalizione in nome del radicalismo militante d’ispirazione corbyniana, mostra l’ultima ragnatela che la nostalgia ha tessuto attorno a quella mosca che è l’elettore di sinistra: persino Alexis Tsipras, pasionario greco spezzamoderati, sembra oggi in grado di dare sollievo a tanto tormento.