La Francia cambia il "bac" e pensa al futuro della scuola. Idee
Modificare l'esame di maturità francese è "una riforma impossibile". Ma il nuovo ministro delle riforme è determinato ad andare fino in fondo
Parigi. Il Baccalauréat, la maturità francese, non è un semplice titolo di studio: è una sorta di monumento nazionale che il prossimo 17 marzo compirà 210 anni, e nessun ministro dell’Istruzione è mai riuscito a modificarlo in profondità. Non a caso la chiamano la “riforma impossibile”, quella che tutti gli inquilini di rue de Grenelle, sede dell’Éducation nationale, avrebbero voluto intestarsi. Ma ora alle redini dell’Istruzione c’è Jean-Michel Blanquer, il ministro pragmatico venuto dal privato, che a differenza dei suoi predecessori è determinato ad andare fino in fondo nella rivoluzione. Martedì, in Consiglio dei ministri, ha presentato le linee della riforma che entrerà a regime nel 2021.
La volontà riformista è un rapporto di 50 pagine curato dall’ex direttore di Sciences Po Lille, Pierre Mathiot, sulla base del quale sarà costruito il “nuovo bac”. Il documento suggerisce una riorganizzazione totale del liceo francese, per favorire la nascita del “liceo dei possibili”, ma soprattutto una trasformazione del “bac” per inserirlo in un “continuum di formazione”, secondo le parole di Mathiot, tra liceo e università. Rivalorizzare e semplificare la maturità, che conta attualmente tra le 10 e le 16 prove finali e costa circa 100 milioni di euro, sono le due priorità indicate. Come auspicato da Macron nella sua campagna elettorale, l’ex direttore di Sciences Po Lille propone di ridurre a 4 le prove finali: le prime due, sulle discipline di approfondimento (“majeures”) scelte dall’allievo, si terranno dopo le vacanze di primavera; le altre due, l’intoccabile esame di filosofia e un “grande orale interdisciplinare”, a giugno. La rivoluzione, oltre allo snellimento numerico delle prove, è rappresentata, appunto, dall’introduzione del “grand oral”, direttamente ispirato all’ultima prova dell’esame di maturità italiano. Si tratta indubbiamente di un segnale forte indirizzato a un sistema educativo, quello francese, che non ha mai messo l’accento sull’orale. Per “restaurare la credibilità del bac” Mathiot ha trovato un “totem: quello del discorso solenne”, scrive il Parisien. Lontano dai test a crocette anglosassoni, Blanquer, attraverso Mathiot, crede molto nelle virtù della prova orale à l’italienne per formare le future generazioni a prendere la parola in pubblico, ad argomentare e a difendere le proprie idee. Un’idea molto in sintonia con l’epoca attuale, in particolare nelle scuole private. Tutte le grandes écoles hanno le loro grandi prove orali d’ammissione, e le formazioni per imparare a parlare in pubblico si stanno moltiplicando, sia a scuola che nelle imprese (in queste settimane sta avendo molto successo un film, “Le Brio”, su una studentessa formata dal suo professore universitario all’arte dell’eloquenza). Il “grand oral” immaginato da Mathiot durerà trenta minuti e si baserà su una tesina interdisciplinare che lo studente presenterà davanti a tre esaminatori: un professore del proprio liceo, un esterno, e, probabilmente, una persona proveniente dalla società civile. A differenza di quello italiano, tuttavia, la prova orale varrà il 15 per cento del voto finale, e non il 30. Il progetto di Blanquer ha fatto però storcere preventivamente il naso a molti professori e studenti, secondo cui il “grand oral” sarebbe troppo “stressante” e “ansiogeno”, e rafforzerebbe le “diseguaglianze sociali”. “Sicuramente questo esame orale fa molto chic, ma temiamo che possa trasformarsi in una camera a gas” per gli studenti, ha dichiarato Hubert Tison, presidente dell’associazione dei professori di storia e geografia. “Per ora, la padronanza dell’eloquenza non è, per così dire, insegnata, e quelli che dimostrano di averla vengono dai milieu benestanti”, ha commentato Inès Bordet, studentessa a Sciences Po e incoronata “campione del mondo di dibattito” nel 2015. Tra le proposte della riforma c’è la suddivisione dell’anno scolastico in semestri, e non in trimestri e la soppressione delle filiere L (littéraire), ES (économique et social) e S (scientifique) al liceo a favore di un tronco comune di materie. Ma la questione che in questi giorni ha fatto scendere in piazza migliaia di studenti al grido di “no alla selezione”, è il lancio della nuova piattaforma di ammissione “post-bac”, che si chiama Parcoursup e sostituisce la vecchia Apb, “admission post-bac”. Attraverso cui le università, a differenza di prima, imporranno dei requisiti ben definiti, e, de facto, selezioneranno gli studenti all’entrata. “Un massacro neoliberale!”, gridano gli studenti. Lo stesso Mathiot ha riconosciuto che “non bisogna sottovalutare la difficoltà di cambiare un’istituzione napoleonica”. Ma Blanquer è convinto che sia il momento propizio per agire, perché da questa riforma passa la selezione della futura classe dirigente sulla base dell’eccellenza.