Le elezioni in Europa creano una catena continua di paesi filorussi
Se il M5s o la Coalizione a maggioranza leghista, oppure entrambi, prendessero la guida del paese, l’Italia diverrebbe il tassello più recente di un blocco di paesi europei allineati con la Russia
Roma. Ancora non si sa che governo uscirà da queste settimane di consultazioni ma se le cose dovessero andare per il verso naturale – se cioè il movimento Cinque stelle o la Coalizione a maggioranza leghista oppure entrambi prendessero la guida del paese – allora l’Italia diverrebbe il tassello più recente di un blocco di paesi europei allineati con la Russia del presidente Vladimir Putin, grazie a elezioni che si sono consumate nello spazio di diciotto mesi. Considerato che Putin vincerà le elezioni di domenica prossima a Mosca secondo tutte le previsioni e che resterà in carica fino al 2024, l’esistenza di una catena ininterrotta di paesi che hanno confini in comune e che si riconoscono nella visione del mondo che domina al Cremlino diventa un fatto importante per gli anni a venire.
Vediamo i voti che hanno disegnato il nuovo pezzo di Europa proteso verso Mosca. Si parte da est con la Bulgaria, dove Ruman Radev nel novembre 2016 ha vinto le elezioni presidenziali. Radev è un amico personale di Putin e la sua carica è meno influente di quella di primo ministro, ma la sua vittoria ha dato un’indicazione molto forte di dove va il paese. Con la Bulgaria confina la Serbia, dove il presidente russo è senz’altro popolarissimo – non si può dimenticare per esempio la parata militare del 2014 a Belgrado, dove Putin parlò a una folla in estasi che alzava suoi ritratti – e che finisce spesso nelle notizie per colpa della tensione che si respira di nuovo nei Balcani. Nell’aprile 2017 i serbi hanno eletto presidente Aleksandar Vucic, che tre mesi fa ha visitato Putin in un clima di intesa profonda.
A nord della Serbia la catena prosegue con l’Ungheria dove il primo ministro Viktor Orbán, già confermato nell’aprile 2014, è in testa ai sondaggi per le elezioni di aprile e resta sempre un interlocutore cruciale e molto disponibile per la Russia. A ovest dell’Ungheria c’è l’Austria del giovane Sebastian Kurz, nominato cancelliere a ottobre 2017. Kurz ha incontrato Putin due settimane fa a Mosca e da là ha chiesto a Bruxelles una completa inversione di rotta per quanto riguarda le relazioni con la Russia. A nord dell’Austria c’è la Repubblica Ceca che a fine gennaio ha eletto il presidente Milos Zeman, nazionalista e filorusso. E a sud ovviamente c’è l’Italia, che potrebbe presto unirsi al blocco. Tutte queste capitali condividono con più o meno forza una stessa linea politica fatta soprattutto da due punti: la necessità di revocare le sanzioni economiche contro Mosca e un’ostilità programmatica contro l’Unione europea.
Tra le elezioni che sono andate a favore di Putin c’è anche da contare il referendum inglese del giugno 2016, che non ha eletto nessuno ma ha deciso la Brexit, l’uscita del Regno Unito dall’Unione europea che in questo momento è al centro di negoziati complicati. Il governo inglese nato dopo la Brexit non simpatizza con Mosca e ieri il primo ministro Theresa May ha accusato il governo russo di essere dietro il tentato omicidio di una ex spia russa domenica scorsa a Salisbury – i sicari hanno usato una sostanza tossica che ha costretto le autorità a mandare centinaia di soldati per la decontaminazione della zona.
Questo insieme di paesi filorussi sulla mappa forma più o meno un cuneo puntato contro l’altra Europa, quella del centro-ovest, quindi Francia (dove le elezioni si sono tenute a maggio 2017) Olanda (elezioni a marzo 2017) e Germania (settembre 2017), che al voto hanno premiato i candidati che non sono allineati con la Russia. Non che questo fosse l’obiettivo principale degli elettori, ma il risultato è stato quello di conservare in salute un blocco europeista e molto poco disponibile con la Russia, un blocco che ora può fare da contrappeso. Ieri l’Unione europea ha rinnovato per altri sei mesi, fino al 15 settembre, le sanzioni decise come reazione all’aggressione russa in Ucraina e all’annessione della Crimea, ma è possibile che questo atto di rinnovo per ora sempre riuscito diventerà molto più discusso nei prossimi mesi.