La frammentazione europea spiega l'indecisione di En Marche sul M5s
Calcolatrice alla mano, nella prossima legislatura servirà un accordo a tre per governare l’Ue. Il duopolio popolari-socialisti non ci sarà più
Bruxelles. Lo stato confusionale di En Marche sui 5 stelle, con una parte del mondo macroniano favorevole al dialogo per spingere alla loro “normalizzazione” e l’altra parte ostile a qualsiasi contatto per incompatibilità con le posizioni demagogiche e populiste, rivela la profonda incertezza che pesa sulle elezioni europee del 2019 e gli equilibri politici che si verranno a creare nell’Unione europea nei successivi cinque anni. Il voto nel 2014 aveva scosso l’Europarlamento, con l’emergere di tre gruppi politici atipici che mettevano in discussione, senza minacciare seriamente, il “Brussels consensus” europeista: gli eurocritici dell’Ecr aggregatisi attorno ai Tories; gli euroscettici dell’Efdd della coppia Farage-Grillo; e gli eurofobi dell’Efn capeggiati da Le Pen-Salvini. Ma quattro anni fa il dominio tradizionale del Partito popolare europeo (Ppe) e dei Socialisti e Democratici (S&D) aveva retto. Le forze marcatamente europeiste – l’Alleanza dei Liberali e Democratici per l’Europa (Alde) e i Verdi – avevano conservato la loro base. L’estrema sinistra (Gue) era rimasta marginale. Ma il 26 di maggio del 2019 i due pilastri popolare e socialista del “Brussels consensus” potrebbero essere abbattuti dalla frammentazione nazionale, dall’Europe En Marche di Emmanuel Macron e dalla progressione dei populisti.
I Socialisti e Democratici sono il gruppo che rischia il ridimensionamento più significativo. La Brexit priverà gli S&D del Labour, un contingente tradizionalmente importante. Ma è soprattutto la crisi dei socialdemocratici a minare gli S&D. In Germania i sondaggi danno la Spd 10 punti sotto al risultato del 2014. In Francia il Ps non esiste praticamente più. In Italia il Pd ha ottenuto 22 punti in meno di quattro anni fa, si ritrova senza leadership e una parte del gruppo dirigente preferisce guardare a un futuro con Macron che a un passato con gli S&D. In Spagna il Psoe subisce una spietata concorrenza di Ciudadandos a destra e di Podemos a sinistra. In Olanda i laburisti sono stati quasi cancellati alle ultime politiche. Secondo una simulazione interna riservata, il gruppo di S&D potrebbe passare dai 187 deputati attuali a 120 (nel migliore dei casi) o 90 (nel peggiore dei casi) seggi. “Per noi sarà un bagno di sangue”, confessa al Foglio una fonte socialista. Alcuni prevedono un sorpasso dell’area liberale, nella forma del gruppo Alde o della nuova aggregazione macroniana.
Il Ppe dovrebbe rimanere il gruppo più solido, ma non fermerà quello che appare come un inesorabile declino. Nel 2009 il Ppe aveva ottenuto 265 deputati, oggi sono 219, tra quattordici mesi saranno ancora meno. Se la Cdu di Angela Merkel dovrebbe confermare il risultato di quattro anni fa (35 per cento), le componenti del Ppe negli altri grandi paesi stanno subendo un’erosione analoga a quello dei partiti socialisti. In Francia Les Républicains faticano a riprendersi gli elettori che sono fuggiti verso Macron o Le Pen. In Spagna il Partido popular di Mariano Rajoy potrebbe essere superato da Ciudadandos. In Italia Forza Italia il 4 marzo ha ottenuto un risultato peggiore del 17 per cento del 2014. Il Ppe sembra poter contare solo su leader che si sono fatti contagiare dal populismo, come l’ungherese Vitkor Orbán e l’austriaco Sebastian Kurz. Ma una virata verso l’estrema destra potrebbe spingere alcune componenti del Ppe (come gli svedesi o i finlandesi) nelle braccia di Macron.
L’Europe En Marche (il nome potrebbe essere un altro) dovrebbe essere la novità positiva per il “Brussels consensus”. Macron vuole che il 2019-2024 sia un mandato di “rifondazione” dell’Ue. I partiti liberali oggi membri dell’Alde dovrebbero costituirne l’ossatura. Grazie all’aiuto di Daniel Cohn Bendit, alcuni Verdi dovrebbe confluire. Ma le vicissitudini sui 5 stelle hanno rivelato quanto sia indietro il progetto. Al di là di Ciudadanos e di En Marche, per ora non ci sono contingenti nazionali pesanti. Dentro il gruppo Alde sta crescendo il timore di una spaccatura interna alla famiglia. “C’è un arco di partiti liberali del nord, dall’Olanda ai Baltici, che sono contrari alle proposte di Macron sulla zona euro o sul bilancio dell’Ue”, spiega una fonte Alde. “Potrebbero farsi un loro piccolo gruppo di 35 deputati”. In questo contesto i 25-30 futuri eurodeputati dei 5 Stelle fanno gola per dare peso all’Europe En Marche.
Calcolatrice alla mano, nella prossima legislatura servirà un accordo a tre per governare l’Ue. Il duopolio popolari-socialisti non ci sarà più, ma Macron non avrà mano libera per rifondare. L’unica consolazione per il “Brussels consensus” è che anche il mondo anti-Ue sarà costretto a ristrutturarsi causa Brexit e partenza dei Tories e dell’Ukip. “Il gruppo con Farage è morto e cerchiamo una nuova collocazione”, riconosce una fonte dei 5 stelle. Gli anti-Ue dovranno decidere se unirsi in uno o due gruppi consistenti, con la complicata convivenza tra nazionalisti. L’alternativa è disperdersi tra tanti piccoli gruppetti politicamente insignificanti.