Il valzer di Trump con Putin
Sanzioni, inviti a casa, espulsioni, favori. America ondivaga con Mosca
Ecosì ieri è saltato fuori che il presidente americano, Donald Trump, nella telefonata del 20 marzo con il presidente russo Vladimir Putin lo ha invitato alla Casa Bianca. Si era nel mezzo del caso Skripal, il disertore russo che il 4 marzo è stato colpito da un’arma chimica che non si può fabbricare in cantina e la cui formula è stata inventata per la prima volta nei laboratori dell’Unione sovietica. Lo staff di Trump lo implorava di non fare le congratulazioni a Putin per la vittoria alle elezioni – esito scontato per la mancanza di una vera opposizione, come si sapeva molto in anticipo – e mantenere in questo modo un certo distacco che aiuta nelle questioni internazionali. Soprattutto se sei accusato di essere troppo vicino alla Russia, e di avere avuto rapporti poco chiari durante la campagna elettorale. E invece si va avanti così, un passo avanti e due indietro. Il 15 marzo il governo americano annuncia sanzioni contro la Russia per le interferenze (provate e dimostrate) in campagna elettorale, il 20 marzo Trump invita Putin alla Casa Bianca durante una conversazione al telefono, il 29 l’Amministrazione Trump espelle sessanta “diplomatici” russi – qualcuno con meno understatement li chiama agenti dei servizi segreti russi – e pochi giorni fa Trump dice che vorrebbe tutti i suoi militari fuori dalla Siria presto – che sarebbe un bel favore ai russi, un piacere molto più grande e a lunga durata del dispiacere inflitto con l’espulsione delle spie. La sensazione è che le decisioni siano prese da due teste diverse dentro l’Amministrazione americana: lo staff che tenta di contenere Putin e il presidente, sedotto irrimediabilmente. Ma l’ultima parola è sempre la sua.