La famiglia del pensiero dominante
Il caso di Kevin Williamson, licenziato dall'Atlantic, è il simbolo delle false aperture dei liberal
New York. Nella ricostruzione che il giornalista Kevin Williamson ha offerto della sua vicenda di assunzione e immediato licenziamento da parte di un importante mensile liberal, l’Atlantic, portata a compimento a causa delle idee di Williamson ed eseguita per tramite di un feroce linciaggio digitale, la parte più importante è quella in cui riporta la risposta del direttore a una sua obiezione. L’obiezione suonava così: Christopher Hitchens aveva spesso opinioni in attrito con il mainstream della sinistra americana, era un ardente sostenitore della guerra al terrore, diceva che in Afghanistan gli americani non ne avevano uccisi abbastanza, giudicava “malvagi e folli” i testi sacri dell’ebraismo e attaccava Madre Teresa e Bill Clinton con uguale ferocia. Eppure, ha fatto notare il licenziato Williamson, l’Atlantic ha sempre pubblicato i suoi articoli abrasivi senza battere ciglio, anche quando la sinistra lo attaccava per le sue posizioni in dissenso con l’élite. Jeffrey Goldberg, il direttore dell’Atlantic, ha dato la risposta definitiva: sì è vero, “ma Hitchens era parte della famiglia, tu no”.
Williamson è stato il protagonista di una vicenda di esclusione e marginalizzazione non tanto (e non soltanto) per le sue idee impopolari sull’aborto, ma perché non è parte della famiglia, non ha cioè quella patente di legittimità che garantisce il privilegio di dissentire, benché in misura limitata e circoscritta, dall’ortodossia delle opinioni prevalenti. Goldberg avrebbe potuto difendere la decisione di assumerlo, se fosse stato della famiglia, ma senza quella l’attacco coordinato alla scorrettezza espressa dall’ex giornalista della National Review era invincibile.
Cos’è successo? Goldberg, direttore illuminato di un mensile che è (stranamente) in salute grazie agli investimenti di Laurene Powell Jobs e a un’intensa attività di shopping presso le migliori redazioni americane, ha deciso di allargare il parco ideologico dei collaboratori per includere uno dei più brillanti critici conservatori in circolazione, nel nome di una presunta tradizione liberale che punta sulla qualità argomentativa, è libera da ordini di scuderia, ama il pluralismo, il confronto, la diversità di opinioni.
Alla fine di marzo Goldberg ha sancito l’unione professionale con Williamson e ha risposto così alle preoccupazioni dell’interessato, che prevedeva una reazione indignata: “L’Atlantic non è il New York Times. Non è il tempio sacro dei liberal”. Il primo articolo di Williamson è stato pubblicato il 2 aprile, il 5 aprile è stato licenziato. La motivazione ufficiale del licenziamento riguarda un tweet di quattro anni prima a proposito dell’aborto e della pena di morte, nel quale Williamson diceva di volere “più impiccagioni” per le donne che abortiscono. Com’era piuttosto facile capire dal contesto del tweet e da un seguente podcast nel quale spiegava il senso della provocazione, Williamson non stava invocando la pena di morte per chi abortisce, semplicemente rispondeva con tono tagliente e arguto da polemista – proprio quel tono per cui Goldberg aveva deciso di assumerlo – a un noto “argomento scemo” dei pro choice secondo cui gli antiabortisti per essere davvero coerenti con la loro posizione dovrebbero anche invocare pene severissime per chi si macchia dell’omicidio di un bambino.
Sul Wall Street Journal, Williamson ha spiegato quello che aveva già chiarito nella sua carriera decennale di osservatore e critico della condizione contemporanea, cioè che ritiene l’aborto un omicidio ed è contrario alla pena di morte. In generale, per qualunque delitto. Il motivo per cui aveva tirato fuori l’impiccagione è che secondo lui il governo che ammette la pena di morte dovrebbe usare metodi esplicitamente violenti (plotone d’esecuzione, impiccagione ecc.) per dire chiaramente ciò che sta facendo, senza nascondersi dietro l’asettica medicalizzazione di un’iniezione letale, che distorce la pratica medica e sterilizza il fatto che sta accadendo.
Di fronte al ruggito del web scandalizzato per una posizione condivisa da circa metà degli americani, l’Atlantic, che non era il tempo sacro dei liberal, lo è improvvisamente diventato. Goldberg ha detto che la lettura di certi interventi che gli erano sfuggiti e le conversazioni con Williamson gli hanno fatto capire che “il tweet rappresenta in effetti le sue idee”, non era il frutto di una reazione sconsiderata, l’impulso provocatorio di un momento, e senza colpo ferire è tornato sui suoi passi. Come l’autore ha ribadito, non è a favore della pena di morte per chi abortisce, ma pensa che l’aborto sia un omicidio, “e se è un omicidio allora dobbiamo discutere più seriamente cosa fare per mettervi fine. Per quanto si cianci di diversità di opinioni e del bisogno di un discorso pubblico aperto, non ci sono molte persone nel mondo pro choice che sono pronte a parlare apertamente della realtà dell’aborto”. Williamson non faceva parte della famiglia, e per questo è stato licenziato. Ma con idee tanto chiare e distinte circa la realtà dell’aborto, era un’illusione credere che potesse arrivare, un giorno, a farne parte.