Ora Merkel e Macron copiano il bilateralismo di Trump
Le visite dei leader di Francia e Germania a Washington dimostrano un cambio di rotta delle loro strategie nei confronti della Casa Bianca. E per l'Italia queste "fughe in avanti" sono un problema
Qual è la migliore strategia da adottare nei confronti degli Stati Uniti di Donald Trump? Le potenze europee del G7 si sono trovate spiazzate durante i primi mesi di amministrazione da parte del nuovo inquilino della Casa Bianca: la tradizionale unità di vedute, il multilateralismo come approccio per risolvere le grandi questioni globali, la fiducia incondizionata nel liberalismo economico non sono più elementi validi del paradigma in base al quale impostare le relazioni transatlantiche nell’era di The Donald.
Ci è voluto circa un anno, ma alla fine Francia e Germania sembrano aver capito che gli Stati Uniti di Trump non sono più quelli di Obama e Clinton, e neppure quelli di Bush. Ecco perché le visite di Emmanuel Macron e di Angela Merkel a Washington, in corso questa settimana, sono molto importanti per comprendere la direzione che la sponda europea del G7, e anche l’Unione europea, prenderanno nei prossimi mesi per ricalibrare il rapporto con il nostro più grande alleato.
Il presidente francese vuole approfittare del vuoto lasciato dal Regno Unito in seguito alla Brexit per prenderne il posto come principale partner militare di Washington nell’ambito della Nato: il recente supporto fornito dalla Francia agli Stati Uniti in occasione del raid aereo contro il regime di Assad in Siria ha dimostrato chiaramente da che parte ha deciso di stare Parigi. Macron vuole chiaramente approfittare dell’attuale congiuntura politica per presentarsi come alleato affidabile degli Stati Uniti in Europa e, di riflesso, portare avanti il proprio progetto teso a costruire una Difesa comune in ambito Ue nel quale avrebbe un ruolo preponderante. Il presidente francese sta anche cercando di persuadere Trump a non ritirarsi dall’accordo sul nucleare iraniano, considerato fondamentale per la stabilità dell’intera regione mediorientale offrendogli la possibilità di negoziare un inasprimento delle misure di contenimento.
Lo stesso sta cercando di fare la Germania in ambito economico. Prima ancora di Washington durante la presidenza Trump, è Berlino ad aver giocato il ruolo di potenza mercantilista, potendo vantare un enorme surplus commerciale non solo nei confronti dei partner europei, ma anche verso gli Stati Uniti. La Germania sarebbe molto penalizzata dai dazi americani, nel caso essi venissero imposti anche all’Ue, ed ecco perché la missione della Merkel sarà essenzialmente votata a fare in modo che venga mantenuta l’esenzione dell’Ue dai dazi che hanno colpito la Cina. Come contropartita, la Cancelliera può offrire a Trump un aiuto importante nel processo di mediazione e riavvicinamento con la Russia: Berlino ha cercato di mantenere negli ultimi anni un ruolo di apertura nei confronti di Mosca e questo pragmatismo ben si coniuga con le attuali priorità statunitensi.
Si potrebbe dunque affermare che l’approccio votato al bilateralismo adottato da Trump viene adottato ora anche dai principali stati europei che, in nome della difesa del proprio interesse nazionale, hanno deciso di prendere iniziative autonome che possono sembrare delle “fughe in avanti” rispetto ad altri partner continentali. Se la pressione congiunta di Macron e della Merkel su Trump per convincerlo a non mandare all’aria l’accordo con Teheran avrà successo, allora si potrà parlare di un consolidamento dell’asse franco-tedesco. Il rischio è che, quando il riposizionamento di Parigi e Berlino nei confronti di Washington sarà completato, potrebbe essere troppo tardi per Roma risultare ancora importante e decisiva agli occhi di un presidente come Trump. La Francia, in particolare, rischia di avere un ruolo sbilanciato rispetto agli altri partner europei se non metterà a fattor comune i propri asset: dopo l’uscita del Regno Unito dall’Ue diventerebbe infatti l’unica potenza continentale ad avere, nell’ambito del Consiglio di Sicurezza dell’Onu, sia la deterrenza nucleare sia il diritto di veto.
Un’Italia autorevole (che potrebbe ad esempio avere un ruolo determinante nella risoluzione del puzzle mediterraneo, svolgendo un ruolo chiave in Libia come in Siria, ma anche nella mediazione con Russia e Turchia) potrebbe impostare con Parigi e Berlino un dialogo su basi diverse, che possano portare nel lungo periodo alla condivisione della potenza militare ed economica per il bene del progetto europeo nel suo complesso. L’auspicio è che ci possa essere presto un governo nel pieno delle sue funzioni in grado di dialogare e coordinarsi con Francia e Germania senza doverne subire le iniziative.
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