Mattis dice che gli americani restano in Siria assieme ai francesi
Smentita l’opzione, citata spesso da Trump, di un ritiro totale delle truppe americane. Il segretario alla Difesa si aspetta uno scontro tra Israele e Iran
Roma. Il capo della Difesa americana, l’ex generale Jim Mattis, ieri è andato a parlare davanti al Senato e ha chiarito molti punti della strategia americana che erano rimasti in sospeso. “Non ci ritiriamo dalla Siria – ha detto – le operazioni di guerra continuano, le operazioni di guerra si espanderanno e avremo più aiuto dagli stati della regione. Nelle prossime settimane vedrete una campagna militare ri-energizzata nella valle dell’Eufrate”. Mattis quindi per ora smentisce l’opzione, citata spesso dal presidente Donald Trump, di un ritiro totale delle duemila truppe americane dal nord-est della Siria – dove aiutano da due anni la lotta delle milizie curdo-arabe contro quel che rimane dello Stato islamico (e quel che rimane non è poco, purtroppo).
Due giorni fa la questione Siria era stata al centro dell’incontro alla Casa Bianca tra Trump e il presidente francese Emmanuel Macron. Trump vuole abbandonare il teatro di operazioni e rimpiazzare i soldati americani con non meglio specificate truppe arabe, Macron invece punta a prolungare la presenza delle forze occidentali, per impostare una politica un po’ meno caotica di quella vista finora: quindi spazzare via i gruppi terroristi, ma anche trattare da una posizione di parità con i russi, con il governo di Bashar el Assad e con la Turchia. Mattis conferma anche che nelle ultime due settimane sono arrivate forze speciali francesi a dare manforte agli americani – il che vuol dire che la collaborazione franco-americana cominciata con i raid aerei della notte del 14 aprile contro i siti del programma governativo siriano per la produzione di armi chimiche si è trasferita ora a terra contro lo Stato islamico.
Quando Mattis dice che ci sarà una campagna “energizzata” nella valle dell’Eufrate si riferisce al fatto che lo Stato islamico controlla ancora una porzione di territorio siriano vicino al confine con l’Iraq – lo chiama Wilayat Furat, “la provincia dell’Eufrate” – e negli ultimi due mesi quasi nessuno l’ha disturbato con scontri a terra. Ci sono stati però importanti raid aerei. Il 17 aprile secondo fonti del Foglio gli americani grazie a informazioni d’intelligence hanno colpito alcuni capi dello Stato islamico riuniti per un incontro nella città di Hajin, al centro del Wilayat Furat, e hanno ucciso Abu Luqman, che era diventato un capo di rango elevatissimo del gruppo fin da quando era stato rilasciato dalle prigioni siriane nella primavera 2011.
Mattis ha citato la situazione di “deconfliction” con i russi e ha spiegato che funziona, più o meno. A febbraio una forza d’assalto di milizie siriane e mercenari russi attaccò un quartier generale curdo vicino a Deir Ezzor dove erano presenti anche forze speciali americane. Mattis ordinò di bombardare i mercenari perché “avevamo sentito prima il comando militare russo e ci avevano detto che non erano dei loro”. Il capo del Pentagono chiese di “annientarli”. Gli americani uccisero decine di russi e Mosca insabbiò la notizia. La tensione fra le due parti è molto alta e il capo delle forze speciali americane, Raymond Thomas, ha detto tre giorni fa che i russi stanno conducendo una campagna molto aggressiva di guerra elettronica contro gli aerei americani in Siria – con interferenze che rendono più difficile trovare l’orientamento e comunicare a terra.
Mattis ha anche detto che si aspetta che Israele e Iran combatteranno in Siria. “Gli iraniani stanno portando missili per il gruppo Hezbollah in Siria e gli israeliani non aspetteranno di vederli in volo”.
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