Chi è il giovane “Macron boy” che vorrebbe fare il sindaco di Parigi
Si prepara un progetto per scalzare la socialistissima Hidalgo l’anno prossimo alla guida della capitale francese. Storia e ambizioni di Benjamin Griveaux
Parigi. Fino allo scorso novembre, da segretario di stato, occupava al ministero dell’Economia l’ufficio che fu di Emmanuel Macron. Poi, con l’elezione di Christophe Castaner alla presidenza della République en marche (Lrem), è stato nominato portavoce del governo, e spedito alla corte del primo ministro Édouard Philippe. Ma chi diceva che le ambizioni di Benjamin Griveaux, il più rampante dei “Macron boys”, si sarebbero arrestate dopo aver ottenuto uno dei posti più strategici e concupiti della République, si sbagliava di grosso.
Secondo quanto raccontato dal settimanale Paris Match, Griveaux avrebbe infatti già individuato il suo prossimo obiettivo: il comune di Parigi, per scalzare dall’Hôtel de Ville la socialista Anne Hidalgo. Per ora, non c’è niente di ufficiale. Ma Griveaux, in vista delle elezioni comunali del 2020, starebbe già affinando la sua macchina da guerra elettorale formata da 52mila marcheurs, molti dei quali lo avevano votato alle elezioni legislative dello scorso anno (prima di essere promosso a Bercy, accanto al ministro dell’Economia Bruno Le Maire, è stato deputato della Quinta circoscrizione di Parigi per un mese).
“Vedremo fra un anno chi sarà il nostro capolista, ma se non ci organizziamo fin da subito, non ce la faremo”, ha detto sibillino il portavoce dell’esecutivo. Nato a Saint-Rémy, in Borgogna, Griveaux si è diplomato a Sciences Po e all’Hec, provando, senza successo, a entrare all’Ena. Sposato con l’avvocatessa Julie Minkowski, che ha partecipato alla stesura del programma giustizia di En Marche!, questo liberale formatosi nel think tank À gauche en Europe ha la stessa età di Macron, ma a differenza del presidente ha un passato molto politico. Inizialmente vicino al socialismo rocardiano, dove si era formato anche l’ex premier Manuel Valls, Griveaux, nel 2006, entra nel dream team dei giovani di Dominique Strauss-Kahn, assieme ad altri futuri pasdaran del macronismo: Ismaël Emelien, pilastro dell’avventura di En Marche!, ora consigliere speciale di Macron all’Eliseo, Cédric O., consigliere del presidente per l’economia digitale, e Stanislas Guerini, capogruppo Lrem all’Assemblea nazionale.
Nel 2012, sotto la presidenza Hollande, lavora nel gabinetto della ministra della Salute Marisol Touraine, due anni dopo passa nel privato come direttore della comunicazione di Unibail-Rodamco, gigante del settore immobiliare, poi, nell’ottobre del 2015, riceve una chiamata inaspettata dal suo vecchio amico Emelien: “Vieni a Bercy, stiamo preparando il lancio di una nuova creatura politica, oltre la destra e oltre la sinistra, abbiamo bisogno di te”.
Emmanuel e Benjamin si piacciono subito, quest’ultimo viene nominato portavoce di En Marche!, e da quel momento la sua ascesa sarà inarrestabile. “E’ simpatico, ironico, con dei lampi di genio”, dice di lui un vecchio compagno della piccola banda che si ritrovava a rue de la Planche, a Parigi, per preparare la candidatura di Dsk alle primarie socialiste del 2006, poi vinte da Ségolène Royal. Ora, invece, è la sua candidatura a essere in fase di preparazione.
Lo aiuteranno Guerini e Pâcome Rupin, giovane deputato Lrem del Settimo arrondissement di Parigi. “Non c’è alcuna possibilità che venga sostenuta, perché i nostri elettori non sarebbero d’accordo”, ha assicurato Griveaux a proposito di una possibile alleanza con la Hidalgo. Nessuna riappacificazione, insomma, tra la macronia e il sindaco socialista, come alcuni lasciavano intendere negli ultimi mesi. La guerra sarà spietata, come quando la Hidalgo criticava le misure liberali dell’allora ministro dell’Economia Macron, diceva che era troppo “narciso”, che non era di sinistra e lo bollava come “persona non grata” per le manifestazioni organizzate dal comune.
Stando a quanto riportato da Paris Match, il progetto dei macronisti sarà incentrato sui “punti deboli” dell’attuale giunta: la pulizia della città, i trasporti, la sicurezza e le politiche abitative. Non saranno toccate, invece, le misure che hanno trovato d’accordo la maggioranza dei parigini, come la pedonalizzazione di ampi tratti del Lungosenna. “Sarà un progetto non troppo di rottura rispetto alla politica della giunta uscente, ma sufficientemente innovativo”, si sussurra nella macronia. Griveaux, intanto, lascia cadere questa frase, che suona come un principio di programma elettorale: “Parigi si guarda troppo l’ombelico. Bisogna essere più aperti, parlare ai sindaci delle città della piccola corona (i dipartimenti limitrofi a Parigi, gli Hauts-de-Seine, il Seine-Saint-Denis e il Val-de-Marne, ndr)”.
Del resto, aveva già fatto le prove generali nel settembre del 2017, quando nei panni di ambasciatore del macronismo era andato a Londra a sedurre le imprese della City, annunciando di voler trasformare la capitale francese nella “prima piazza finanziaria europea”. Quell’annuncio, dal quale già trasparivano le sue intenzioni, aveva infastidito alcuni deputati macronisti, diffidenti verso questo ex strausskahniano che ostentava la sua voglia di essere ai posti di comando con dei modi, talvolta, un po’ troppo arroganti. Ma all’Eliseo, assicurano che il presidente non è per niente preoccupato. “Ha ricevuto delle garanzie. Macron gli ha promesso l’investitura nella capitale davanti a otto persone”, dice un habitué delle riunioni della macronia.
“Molti hanno lasciato intendere che Macron non si fidava di Griveaux. Ma è falso. Benjamin partecipa a tutte le riunioni strategiche dell’Eliseo, a differenza di altri compagni di strada”, assicura un membro dell’entourage presidenziale. E Griveaux, che a Londra, lo scorso anno, ha trovato il tempo per incontrare il sindaco Sadiq Khan, scalpita.