Tra sicurezza e allerta, tutto è pronto per l'apertura dell'ambasciata Usa a Gerusalemme
Il giorno del trasloco strategico è stato scelto appositamente il 14 maggio, settantesimo anniversario della nascita dello stato d’Israele
Milano. Le basse case in pietra bianca lasciano spazio a condomini moderni tra le strade tranquille e poco trafficate del quartiere Arnona. E’ in quest’area di Gerusalemme, non particolarmente chic né popolare, che lunedì si sposterà da Tel Aviv parte dello staff dell’ambasciata americana. L’area si trova a sud della città vecchia, a meno di cinque minuti di automobile dalle sue mura, sulla via verso Betlemme e la Cisgiordania palestinesi. Agli abitanti di Gerusalemme occorre avere una ragione per recarsi nel quartiere di Arnona, un’area residenziale senza nulla di particolarmente attrattivo, a parte la vista a est sul deserto della Giudea. Da pochi giorni, però, i nuovi cartelli stradali in ebraico, arabo e inglese puntano verso questa tranquilla zona i timori della comunità internazionale.
Il sindaco della città, Nir Barkat, ha aiutato gli operai a issare la nuova segnaletica che indica la strada per raggiungere l’ambasciata degli Stati Uniti nella Gerusalemme contesa. Il presidente Donald Trump ha annunciato – in una prima storica – il trasferimento della sede a dicembre. Lunedì avverrà un trasloco, per ora simbolico, cui parteciperanno le alte cariche dello stato d’Israele, il presidente Reuven Rivlin e il premier Benjamin Netanyahu, e da parte americana il vicesegretario di Stato John Sullivan, il segretario al Tesoro Steven Mnuchin e il genero di Trump, che ha avuto per mesi in mano il dossier mediorientale, Jared Kushner. Si sposteranno per ora soltanto l’ambasciatore David Friedman e il suo staff, mentre gran parte dei servizi diplomatici resterà nella sede di Tel Aviv: un massiccio edificio blindato lungo HaYarkon Street, il lungomare della città.
Ovunque in medio oriente, un’ambasciata americana non passa inosservata, per ragioni di numeri, misure e sicurezza. Da Amman a Baghdad al Cairo, i compound della sedi diplomatiche degli Stati Uniti sono spesso giganteschi fortini cubici, evidenti e percepibili a centinaia di metri di distanza a causa di blocchi stradali e vie interrotte. La sezione consolare del quartiere di Arnona, sorta nel 2010, in cui apriranno i nuovi uffici diplomatici americani, è invece una sede secondaria, fortificata ma defilata. Il principale sito del consolato degli Stati Uniti a Gerusalemme è quello nel cuore della parte ovest della città, su Agron Street: l’antica casa in stile arabo di un missionario luterano tedesco a pochi metri dalla città vecchia, davanti a un antico cimitero islamico e vicino a via Balfour, dove sorge la residenza dei premier israeliani. Per i numeri del corpo diplomatico americano, il consolato di Agron è già stretto. Il più recente compound del quartiere Arnona garantisce spazio, maggiore sicurezza, discrezione, e la disponibilità di un terreno adiacente pronto per la costruzione di nuovi edifici. Il calmo quartiere lontano dal centro congestionato dal traffico è infatti più controllabile; la controversa mossa del trasferimento dell’ambasciata avviene in una zona defilata, non nel pulsante della città protagonista di un decennale conflitto, anche se, come hanno già sottolineato i quotidiani americani, il compound è parzialmente situato in quella terra di nessuno, contesa, che rappresentava il confine tra Israele e la Giordania prima della guerra del 1967.
Il giorno del trasloco dell’ambasciata americana è stato scelto appositamente il 14 maggio, settantesimo anniversario della nascita dello stato d’Israele. Il 15, i palestinesi marcano il giorno della “nakba”, catastrofe in arabo, ricordando le migliaia di persone costrette durante la guerra tra il 1948 e il 1949 a lasciare i propri villaggi e le proprie case senza più farvi ritorno. Esercito e forze di sicurezza israeliani sono in allerta soprattutto attorno a Gaza. Per la settima settimana, ieri, manifestanti hanno protestato bruciando copertoni lungo la barriera che separa la Striscia da Israele. E per lunedì è prevista un’altra marcia del “ritorno” verso le terre da cui i palestinesi sono stati allontanati nel 1948, oggi in Israele, oltre la barriera. Israele accusa il movimento Hamas che controlla Gaza di aver strumentalizzato le manifestazioni. Da fine marzo, 40 palestinesi sono rimasti uccisi negli scontri, che con il passare delle settimane sono scesi di intensità, assieme alle proteste. Se la notizia dirompente del trasferimento dell’ambasciata americana a Gerusalemme non ha causato nei Territori palestinesi e nei paesi arabi – che hanno condannato la decisione di Trump – l’ondata di violenze temuta, le preoccupazioni che la situazione possa degenerare tra lunedì e martedì restano alte.
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