Roseanne Barr (foto LaPresse)

Bastonare i populisti li rafforza: Trump sfrutta l'effetto Roseanne Barr

Un paradosso politico a margine di un tweet razzista

New York. Una legge non scritta della fenomenologia transoceanica sovran-populista può essere così enunciata: maggiore è lo zelo che si impiega per castigare errori e scivoloni, anche quelli espliciti e dichiarati, dei populisti, maggiore è il guadagno che questi ne ricavano in termini di consolidamento del consenso. Donald Trump e i suoi derivati si nutrono delle ramanzine santimoniose dei liberal, i quali per la foga di comminarle finiscono talvolta per mostrare tratti piuttosto illiberali. A tutto il resto ci pensa l’arte della falsa equivalenza, che Trump padroneggia meglio di chiunque altro. La vicenda di Roseanne Barr è un caso di scuola. L’attrice è stata licenziata dalla Abc e il suo show è stato cancellato ex abrupto dopo che su Twitter, dove non è nuova a esternazioni incendiarie, ha insultato l’ex consigliere di Obama, Valerie Jarret, definendola la figlia della “fratellanza musulmana e del pianeta delle scimmie”. Chi ha osato diminuire la gravità dell’espressione definendola “a sfondo razziale” o “connotata razzialmente” è stato subito messo in riga: si tratta di razzismo, punto. Ai manager della Abc sono bastate alcune telefonate nella primissima mattina per capire che la situazione era irreparabile e andava sanzionata in modo definitivo e immediato. La rete si è espressa senza mezze misure: “La dichiarazione via Twitter di Roseanne è ripugnante, disgustosa e in contrasto con i nostri valori, perciò abbiamo deciso di cancellare il suo show”. Lei ha fatto ammenda, si è scusata e ha in parte dato la colpa dell’accaduto a un sonnifero, e la casa farmaceutica che lo produce ha dichiarato che fra gli effetti collaterali del farmaco non c’è il razzismo. Nulla di tutto questo ha fatto cambiare idea alla Abc e all’opinione pubblica.

  

 

Per afferrare la dinamica che l’incidente svela bisogna però capire cosa rappresenta Roseanne e come ha reagito il suo popolo al suicidio pubblico della star. Roseanne è l’eroina eponima di una sitcom degli anni Novanta riesumata perché s’accorda bene con il tempo della rabbia dell’uomo bianco. La nuova serie è diventata immediatamente volto e voce del forgotten man trumpiano, ché Roseanne è una donna sboccata, politicamente scorretta, sotto stress economico e culturalmente oppressa dai dogmi del pensiero unico che vive (male) in una cinta suburbana depressa qualunque. E’ la mascotte televisiva di Trumplandia, e il suo ritorno via cavo ha dato al network ascolti favolosi, per la gioia di quel fissato dello share di Trump, che qualche mese fa le ha telefonato per complimentarsi. Il tweet di Roseanne sembra pubblicamente indifendibile anche per l’elettore più trumpiano, ma subito si è scatenata la gara a trovare episodi analoghi a parte invertite che dimostrerebbero l’applicazione di un double standard per progressisti e conservatori. Mercoledì il cospirazionista Alex Jones difendeva il diritto di satira e si è improvvisato darwinista sostenendo che “siamo della stessa famiglia delle scimmie” per giustificare la battuta di Roseanne, su Twitter era trending topic il nome di Bill Maher, anchorman di sinistra che paragona Trump a un gorilla, il popolo trumpiano ha tirato fuori tutti gli accostamenti zoologici al presidente e a qualunque altro repubblicano per mostrare la differenza di trattamento, l’inqualificabile bias, il pregiudizio dell’élite contro il popolo.

  

 

Trump stesso è intervenuto non per sedare ma per vidimare tutto questo: “Bob Iger della Abc ha chiamato Valerie Jarrett per dirle che la Abc non tollera commenti come quelli di Roseanne Barr. Non ha mai chiamato il presidente Donald J. Trump per scusarsi delle orribili dichiarazioni fatte su di me. Forse non ho visto le chiamate?”. Ed ecco l’effetto Roseanne: passato al tritacarne mentale della tifoseria di Trump, il provvedimento della Abc diventa una conferma indiretta dell’ingiustizia di un sistema che punisce alcuni e risparmia altri a seconda del colore politico, un elemento che rinforza la convinzione che l’intero sistema sia viziato, marcio, venduto. Sono gli effetti collaterali della tolleranza zero dei liberali.

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