Perché in Spagna tutti amano l'Ue e in Italia no? Politica ed economia
Tra le tante somiglianze che accomunano l’ascesa dei nuovi governi italiano e spagnolo c’è un elemento che non quadra: l’Europa
Roma. Tra le tante somiglianze che accomunano l’ascesa dei nuovi governi italiano e spagnolo – a partire da quel nome: gobierno del cambio – c’è tuttavia un elemento che non quadra: l’Europa. In Italia, il governo gialloverde flirta con l’uscita dall’euro e si nutre di sentimento anti europeo, come ha scritto Greg Ip sul Wall Street Journal di ieri. La Spagna, al contrario, è uno dei paesi più europeisti dell’Unione, e nessuna forza politica di rilievo – nessuna sopra al 3 per cento dei consensi – si sogna nemmeno di fare campagna contro l’Europa: tutti sanno che non funzionerebbe. Lo stesso vale per il nuovo governo guidato dal socialista Pedro Sánchez, la cui squadra è ancora incerta ma su cui si ha una certezza fondamentale: come tutti i governi che l’hanno preceduto, di qualunque colore fossero, anche quello di Sánchez porterà alta la bandiera dell’europeismo. Il fatto che il principale alleato dei socialisti sia Podemos, una forza di estrema sinistra e antisistema, non cambia l’equazione: in Spagna, anche i populisti sono pro Europa, e questo è un unicum in tutto il continente. Com’è possibile? La Spagna è stata colpita dalla crisi dell’euro molto più duramente dell’Italia, eppure è da noi che la popolarità dell’Ue è crollata, mentre tra i cittadini iberici non è stata nemmeno scalfita.
Il Wall Street Journal spiega la differenza abissale con i numeri, e dice: in Spagna i governi hanno fatto le riforme e i cittadini hanno visto i risultati del lavoro svolto, in Italia no. Ancora ieri il País, giornale della sinistra, elogiava l’ex premier conservatore Mariano Rajoy scrivendo: “Rajoy dà l’addio con un record di posti di lavoro creati”. Al contrario, l’Italia è entrata nella crisi con enormi problemi strutturali e non li ha mai risolti, condannando il paese a una crescita anemica. Questo ha generato uno scontento diffuso che le forze politiche più opportuniste hanno riversato contro l’Europa, mentre in Spagna questo fenomeno non si è verificato, ed è per questo che oggi l’Italia è uno dei paesi con meno fiducia nei confronti dell’Ue, mentre l’88 per cento degli spagnoli dice di sentirsi “cittadino dell’Unione europea” (dati di febbraio di Eurobarometro).
In realtà, in Spagna lo scontento per la crisi c’è stato, potente, come testimonia l’ascesa parallela di due forze che fanno del rinnovamento del sistema la loro ragion d’essere come Ciudadanos e Podemos. Per spiegare perché neppure i disobbedienti di Podemos si sono rivoltati contro l’Europa non basta l’economia, serve anche la politica: “Storicamente, per la Spagna che usciva dal franchismo l’Europa è stata sinonimo di democratizzazione, sviluppo, modernizzazione, ancoraggio al mondo democratico occidentale”, spiega al Foglio Jorge del Palacio, professore all’Università Rey Juan Carlos di Madrid. La democrazia spagnola è giovane, è nata soltanto nel 1978, e gli spagnoli si ricordano com’erano le cose prima. I leader politici sanno che anche in momenti di crisi gli spagnoli non metterebbero a repentaglio la democrazia guadagnata anche grazie all’Europa, e questa è una regola non scritta e non derogabile nel sistema spagnolo – almeno per ora: non si fa politica contro l’Ue.
A contribuire a mantenere salde le radici dell’europeismo hanno inoltre contribuito alcuni leader: Mariano Rajoy del Partito popolare, che è stato leader della formazione conservatrice per tutta la durata della crisi (e presidente del governo negli ultimi sette anni), con la sua strategia del: “nessun nemico a destra del Pp” ha evitato la formazione di partiti di destra estrema che avrebbero potuto sentire il richiamo dell’antieuropeismo. Anche Pablo Iglesias di Podemos ha dato una mano: l’egemonia sull’estrema sinistra spagnola di una formazione ispirata all’internazionalismo classico ha fatto in modo che un’ente sovranazionale come l’Ue fosse visto di buon occhio anche dentro a un partito che spesso è accomunato (a torto) al Movimento cinque stelle italiano.