La forza di volontà degli esseri umani
Un uomo dimostra di essere un uomo quando lotta per salvare gli altri. La grande storia di civiltà e di umanità in Thailandia
Nessun bambino prima di loro ha mai fatto niente del genere per salvarsi la vita. Nessuna madre ha mai pensato alle bombole d’ossigeno e ai cunicoli allagati nella totale oscurità per suo figlio di undici, dodici, sedici anni, a ottocento metri di profondità.
Noi immaginiamo e costruiamo con la mente tutti i pericoli possibili, tutte le apocalissi, ma questi giorni di tormento, paura e trionfo hanno dipinto nuovo terrore e nuova speranza nei pensieri dei genitori e dei figli. L’attesa, dentro e fuori da quella grotta, la necessità di modificare il respiro per rallentare il tempo e il corpo, la gioia e lo strazio della madre dell’ultimo bambino, il più piccolo, tirato fuori da lì dopo diciassette giorni di buio. Questi bambini per dieci giorni sono rimasti sepolti sotto terra, con le loro divise da calcio, ad aspettare una salvezza che poteva anche non arrivare mai e che, poi, si sono dovuti guadagnare: i bambini hanno dovuto strisciare e immergersi e di nuovo strisciare e arrampicarsi e non sbagliare mai. Tante emozioni tutte nuove, un eroismo che non conoscevamo, e la dedizione dei sommozzatori inglesi che per una gran parte della vita si sono chiesti se la loro fissazione per grotte, cunicoli e labiriniti avesse un senso. Se servisse a qualcosa. Ecco, la squadra dei cinghiali è salva soprattutto grazie a quella fissazione. E a quella fiducia incrollabile nelle possibilità degli uomini. Nel sangue freddo, nell’ostinazione, nel coraggio e soprattutto nella volontà di aiutare, nella speranza di riuscirci.
Il proprietario di una grossa lavanderia ha preso in consegna tutti gli abiti dei soccorritori la sera, li ha lavati la notte e restituiti la mattina: “Non possiamo entrare là sotto per salvare quei bambini perché non sappiamo farlo, ma sappiamo fare questo”. Una nonna si è seduta in giardino e non ha più smesso di pregare, per due settimane. I giornalisti hanno rispettato il riserbo. L’allenatore (un giovane uomo di venticinque anni) ha chiesto scusa a tutti, mentre era ancora laggiù, e si è occupato dei suoi bambini, chissà con quale tormento nel cuore, ma con la volontà di tranquillizzarli e mantenerli vivi. Abbiamo assistito con la nostra ammirazione e apprensione a una grande storia di civiltà e di umanità, in cui l’uomo riesce a vincere sulla natura indifferente e quindi crudele: vince i monsoni, vince il buio, vince la pioggia, e per vincere è disposto a morire. Abbiamo messo tutta la nostra attesa, empatia e commozione davanti a quella grotta, davanti a quei bambini magrissimi e affamati che con aiuto eccezionale ed eccezionale forza di volontà e di sopravvivenza sono usciti da lì, fieri di camminare sulle proprie gambe, fieri di sorridere, fieri di essere diventati adulti in diciassette giorni. Quello che succederà da domani dentro di loro, noi non possiamo saperlo. Ma dobbiamo sapere che tutti i bambini, non solo quelli dentro una grotta in Thailandia, hanno diritto alla nostra empatia e alla nostra commozione. Tutti i bambini hanno diritto alla nostra volontà di salvezza, e all’ostinazione e all’espressione di civiltà con cui un uomo dimostra di essere un uomo.