May e il golpe dei “sognatori della Brexit”
La premier britannica resiste stando ferma sulla sua formula del semi-divorzio. Tre incognite
Milano. Il sogno della Brexit sta morendo, ha scritto lunedì l’ex ministro degli Esteri britannico, Boris Johnson, nella lettera di dimissioni, e ieri mattina molti giornali titolavano su questo, il sogno infranto, la “semi-Brexit”, come la chiama Johnson, e le parole dell’accordo dei Chequers che sono morte in gola, impronunciabili.
Il sogno non ha contorni né dettagli: è il motivo per cui Theresa May, la premier, ha superato il giorno del caos facendo un rimpasto di governo, andando ai Comuni a difendere l’accordo che era stato raggiunto con i ministri venerdì scorso – anche con i ministri che si sono poi dimessi protestando contro quell’accordo – rispondendo alle domande feroci dei parlamentari conservatori e ripetendo: da questo accordo non si torna indietro, possiamo soltanto andare avanti. E il golpe che pareva imminente e irrevocabile si è bloccato: ci vuole qualcuno che sappia trasformare il sogno in realtà, e non c’è. Al contrario c’è chi dice che ora la May ha un’occasione, lei che è così abile nello sprecarle: fuori i falchi dal governo, si lavora al piano più concreto che è stato presentato in due anni di annunci e smentite. La semi-Brexit, con un’area di libero scambio tra Regno Unito e Unione europea che assomiglia al mercato unico, forse è l’unica chance di portare a termine il negoziato senza farsi tutti del male.
Restano tre incognite. La prima riguarda il Partito conservatore e la lotta intestina dei “nasty tories” che azzoppa i leader senza sapere come sostituirli. La seconda riguarda Donald Trump, l’imprevedibile in chief, che arriva a Londra domani sera e dice che il paese è “in subbuglio” e che sul futuro della May non si esprime, ma intanto pensa di incontrare proprio Boris Johnson, “un amico”, “è sempre stato gentile con me”, magari ci si vede. Che è come dire che il presidente americano non vuole intromettersi, ma intanto lo fa, e destabilizza. La terza incognita riguarda l’Europa e la sua volontà di sostenere il processo della May. La Germania di Angela Merkel si presenta dialogante; la Francia di Emmanuel Macron pensa ai propri vantaggi, Brexit morbida o dura basta che a guadagnarci sia Parigi. Poi c’è Michel Barnier, capo negoziatore europeo che a Londra è visto come il capo dei bulli, che ieri ha detto una cosa vera, anche se con la consueta presunzione: “Posso dirvi con certezza cristallina che alla fine del negoziato la situazione migliore e la relazione migliore con l’Ue sarà quella di rimanere membri dell’Ue”. O semi-membri, può persino andare bene.