Il dolce emiro
Non solo affari e politica, anche uno spiccato senso della storia. Come il Qatar è diventato il principale finanziatore delle moschee in Francia
E’ stato durante il quinquennio di Nicolas Sarkozy che il Qatar è entrato nel capitale di molti gruppi francesi. Dopo la parentesi “saudita” di François Hollande, questa settimana Tamim bin Hamad al Thani è tornato a mostrare perché l’Esagono è il campo privilegiato di proiezione per il suo paese, che ha resistito per più di un anno al severo boicottaggio imposto dai suoi vicini del Golfo, a cominciare dall’Arabia Saudita. Si è appena svolto il terzo incontro in pochi mesi tra l’emiro del Qatar al Thani e il presidente francese Emmanuel Macron. Sono stati firmati contratti del valore di oltre 9,5 miliardi di euro, che fanno del Qatar il terzo maggiore cliente francese nel Golfo dopo l’Arabia Saudita e gli Emirati Arabi Uniti. Il principe del Qatar ha trasformato Parigi in uno dei suoi porti principali. Francofilo, il poligamo emiro qatariota fa studiare alcuni dei suoi nove figli al liceo Voltaire di Doha, dove le iscrizioni hanno una lunga lista d’attesa.
Nel 1972, un anno dopo l’indipendenza del Qatar, la Francia fu uno dei primi paesi al mondo a ospitare una missione diplomatica del Qatar. Che oggi è il miglior alleato della Francia in medio oriente. E questa alleanza si basa su legami fortissimi con molti politici francesi, di destra e di sinistra. Amico personale della famiglia dell’emiro, Dominique de Villepin, ora avvocato d’affari, ha come principale cliente il Qatar Luxury Group, un fondo di investimento personale della Sheikha Mozah bint Nasser al Missned. Ma il dolce emiro proietta la sua ombra non soltanto sulla politica estera ed economica francese, ma anche sul suo islam. E considerando che il Qatar è accusato da anni di essere uno dei poli mondiali dell’islamismo, questo suo attivismo in Francia dovrebbe preoccupare non poco chi ha a cuore le democrazie europee.
“L’abbiamo costruita grazie ad Allah e alla carità del Qatar”, ha detto l’imam della Grande moschea di Poitiers
Doha da qualche anno è il più prolifico costruttore e finanziatore di “moschee-cattedrali” in Francia, ovvero le grandi strutture islamiche importanti, col minareto, non le auto-improvvisate moschee sorte nei garage e nei centri culturali. Una è la Grande moschea di Poitiers. L’hanno chiamata “Balat al Shuhada”. E’ il nome islamico della battaglia di Poitiers del 732, quella con cui il capo dei Franchi Carlo Martello fermò l’avanzata islamica a nord dei Pirenei e dell’Europa. E’ l’imam Boubaker El-Hadj Amor ad aver ammesso che la moschea è stata resa possibile grazie ai soldi del Qatar. La moschea è di settemila metri quadri, dispone di una sala di preghiera per 700 fedeli e di un minareto di 22 metri e ha avuto un costo complessivo di oltre tre milioni di euro. Bérengère Bonte, in un libro pubblicato per Fayard, l’ha definita la “République française du Qatar”. “Perché avete chiamato questa moschea ‘Pavé des Martyrs’?”, ha chiesto il giornalista qatariota ad Amor. “Sì, grazie ad Allah, questo posto è sulla linea principale passata dall’esercito islamico. Era una strada dei Romani e l’esercito islamico transitava su questa strada. Vogliamo che questa sia una moschea e un centro di influenza culturale. Lo scopo di questo centro è creare le condizioni per un incontro con l’islam e parlare di questa santa religione ed essere un centro di predicazione. Inshallah”.
Nel video, l’imam di Poitiers ammette di aver beneficiato di fondi stranieri per continuare la costruzione della moschea, interrotta per diversi anni a causa della mancanza di finanziamenti da parte dei fedeli locali. “Quello che abbiamo costruito è grazie ad Allah e con l’aiuto dell’organizzazione di carità del Qatar”, ammette.
Se Marocco e Algeria rimangono opulenti donatori dell’islam francese, essi mantengono stretti legami con le prime generazioni di immigrati e hanno posizioni chiave nel Consiglio francese del culto musulmano, ma questi due paesi vedono la loro influenza appassire tra i più giovani in Francia. E qui interviene il Qatar. Fino ad alcuni anni fa, l’islam francese era strutturato intorno alla ricomposizione delle comunità nazionali: algerini con algerini, marocchini con marocchini, tunisini con tunisini. Oggi questi equilibri sono strappati e al suo posto c’è una nuova linea di frattura ideologica. E l’emirato si è lanciato a tutta velocità nella corsa per il finanziamento delle moschee francesi, poiché la legge del 1905 non consente allo Stato di prendersene cura.
Nella maggior parte dei casi, il Qatar investe nelle moschee gestite dai Fratelli musulmani. Così, la moschea Assalam di Nantes, amministrata dall’Associazione islamica della Francia occidentale, è in gran parte finanziata dal Qatar. E’ costata 4,4 milioni di euro e sorge nel quartiere “sensibile” di Malakoff. Con il minareto alto diciassette metri e la cupola che cambia colore in base alla luce, la moschea Assalam illumina la città di Nantes. Il sindaco, il presidente della regione della Loira, il prefetto e il presidente dell’Unione delle organizzazioni islamiche di Francia, Ahmed Jaballah, hanno partecipato all’inaugurazione della moschea.
A Nantes, l’apertura della moschea Assalam rispondeva a un’esigenza reale. I fedeli erano soliti pregare nella moschea di El Forqane, che sorge su un’antica cappella trasformata in sala da preghiera islamica. Ma uno spazio troppo piccolo e angusto. “Per otto anni, c’è stata una vera richiesta. La moschea El Forqane è satura. Le persone sono costrette a pregare fuori. Abbiamo avuto un periodo difficile in inverno”, spiega Abdelkhalek Chadli, presidente dell’Associazione islamica della Francia occidentale dietro il progetto.
La moschea è la “quarta più grande in Francia”, dice Mohammed Guerroumi, esperto edile e leader comunitario. A Nantes, la moschea sorge su una chiesa abbandonata dai fedeli e trasformata in centro di culto islamico, prima di essere rasa al suolo per fare spazio a un edificio più grande.
Una storia “edificante”. Costruita negli anni Cinquanta, la chiesa di Saint-Christophe accolse i lavoratori portoghesi e italiani che vivevano nel quartiere. Ma a poco a poco, questi hanno lasciato il posto agli immigrati dal Maghreb. Nel 1984, l’Associazione islamica della Francia occidentale ottenne dalla città e dalla diocesi la cessione della cappella. Sostenuto dal comune, poi guidato da Jean-Marc Ayrault, la comunità islamica ha quindi deciso di acquistare, nel 2007, un grande terreno confinante sul quale erigere un nuovo edificio in sostituzione della moschea El Forqane.
Il 18 maggio 2018, un fedele prega durante il mese sacro del Ramadan, nella moschea Ennour,
una delle più importanti della città di Le Havre, nel nord-ovest della Francia (foto LaPresse)
A Mulhouse, al confine tedesco, il Qatar costruisce “la più grande moschea d’Europa”. Ma è attivo anche nella provincia francese
Il Qatar è attivo a Mulhouse, la città alsaziana, dove la Qatar Charity ha speso milioni di euro per costruirvi “la più grande moschea d’Europa” (i lavori sono al 70 per cento di avanzamento). I media del regime qatariota hanno dato così la notizia: “La Qatar Charity aprirà un centro islamico in Francia, descritto come il più grande di tali impianti in Europa. Il centro è situato strategicamente tra Francia, Germania e Svizzera, dove i musulmani costituiscono oltre il 20 per cento della popolazione totale. Oltre 150 mila persone provenienti dai tre paesi beneficeranno del progetto”.
A Marsiglia, l’emirato qatariota ha finanziato il 25 per cento dei 22 milioni di euro necessari per la futura grande moschea che ospiterà tra 10 e 14 mila fedeli, ma che è ancora ferma a causa delle polemiche politiche. Fatima Orsatelli, consigliera regionale di Paca e membro del consiglio di amministrazione dell’associazione La Grande Mosquée de Marseille, ammette con Libération: “Sono ben informati, reattivi e così ricchi…”.
“I sauditi contribuiscono molto meno” ha detto Bernard Godard, che per anni si è occupato di islam per il governo francese
Per il rinnovamento della Grande moschea di Parigi, lanciata nel 2002, il Qatar ha pagato un milione di euro. Tra gli stati del Golfo Persico, il Qatar non è il primo a segnare la storia islamica in Francia. Bernard Godard lo sa a memoria. L’ex “Signor Islam della Repubblica”, ovvero l’uomo che al ministero dell’Interno ha gestito per anni il dossier islamico, ha rivelato: “Oggi i sauditi contribuiscono ancora, ma molto meno di paesi come il Qatar o il Kuwait. Sono traumatizzati dagli attacchi dell’11 settembre 2001 e dal fatto che sono stati ingannati da richieste di fondi da imam apparentemente ben intenzionati. Il Qatar non ha questa moderazione”. Poi, in una intervista al Point, alla domanda se l’islam in Francia è finanziato principalmente dall’Arabia Saudita, Godard ha risposto: “No. Non si può dire che l’Islam in Francia sia finanziato principalmente dall’Arabia Saudita. Contribuisce un po’ ma molto meno di paesi come il Qatar o il Kuwait”.
Il Qatar ha dato una mano anche a creare l’Istituto europeo di scienze umane (Iesh) di Saint-Denis, uno dei principali centri privati di formazione musulmana in Francia che offre corsi di lingua e teologia araba a studenti post-diploma. E’ stato fondato nel 2001 nella ex sede di una società di attrezzature fotografiche, in boulevard de la Libération.
A Saint-Denis sorge il più grande centro privato di formazione di imam in Francia. Anche lì, denaro da Doha
Ma gli edifici, situati tra la stazione e la Senna, erano diventati “troppo angusti”, secondo Ahmed Jaballah, fondatore dell’Istituto ed ex presidente dell’Unione delle organizzazioni islamiche in Francia. In quindici anni, l’Iesh è cresciuto da 180 iscritti a quasi 1.500. La gestione dell’istituto ora vuole espandersi, con un progetto di ampliamento e ristrutturazione il cui valore è stimato in oltre dieci milioni di euro. Il progetto prevede la costruzione di due nuovi edifici. Uno dedicato all’insegnamento, con auditorium e anfiteatro. Il secondo, più piccolo, potrebbe essere affittato per attività terziarie (uffici, libreria, palestra, centro medico) e fornire una fonte di reddito per l’associazione che gestisce l’Iesh. Nell’immediato futuro, l’associazione ha acquisito un padiglione a La Courneuve, per ospitare alcuni studenti. A Saint-Denis, nel migliore dei casi, i lavori potrebbero iniziare alla fine del 2018. E come ha spiegato M’Hamed Henniche, presidente dell’Unione delle associazioni musulmane, “l’Iesh è uno dei pochi centri di formazione per gli imam in Francia, con la Moschea di Parigi. Gli altri si sono fermati a causa della mancanza di mezzi. L’Iesh è stato in grado di continuare le sue attività solo con l’aiuto dall’estero, dal Qatar o dal Kuwait”.
Nel progetto è coinvolto Amar Lasfar, a capo della Fratellanza musulmana in Francia e fondatore del liceo musulmano privato Averroè di Lilla, nel nord, anch’esso propiziato dai soldi del Qatar (si parla di 800 mila euro) ma finito alle cronache, due anni fa, dopo che un docente, Sofiane Zitouni, si era licenziato in polemica con l’estremismo islamico della scuola. Il Qatar investe anche nelle moschee della provincia francese, come a Villeneuve d’Ascq, così come nella moschea parigina di rue Henri-Barbusse a Saint-Denis, quartiere ad altissima concentrazione di immigrati musulmani della capitale. “Con una sala di preghiera di 1.200 metri quadri e 300 al piano di sopra per le donne, la nuova moschea può ospitare il doppio dei fedeli” recita l’annuncio. Secondo France Inter nel programma “Un jour en France” del 22 aprile 2016, anche il Qatar avrebbe dato un importante contributo.
A Saint-Denis, dove il Qatar è molto attivo, riposano i re franchi, compreso Carlo Martello. L’emiro sembra avere un senso della storia dell’occidente molto più spiccato dei decostruzionisti al potere in Francia.