Il luogotenente che fa paura a Putin
Il peggior nemico del Cremlino di cui non avete mai sentito parlare è un funzionario di nome Kyle Parker. Al Foglio spiega perché Mosca lo ha messo nella lista nera e perché Trump sbaglia a mostrare deferenza in questa guerra
Cambridge, Massachusetts. Nella lista degli americani che Vladimir Putin vorrebbe ardentemente far interrogare dai servizi di sicurezza russi ci sono personaggi in vista come l’ambasciatore Michael McFaul, antagonista fiero e vociante del regime con centinaia di migliaia di follower sui social, bestseller in libreria sulla “pace calda” fra Stati Uniti e Russia, impeccabili credenziali accademiche e tutte le protezioni che derivano dalla popolarità e dalla massima esposizione pubblica. Accanto a lui ci sono personaggi di profilo più basso come Kyle Parker, chief of staff della commissione Helsinki, agenzia federale del Congresso che si occupa di sicurezza e cooperazione con gli alleati europei. Parker è un oppositore a fari spenti del regime, un funzionario di medio livello di una struttura burocratica poco sexy per il racconto giornalistico ma che infastidisce per davvero il Cremlino. Il fatto che il nome di questo esperto di Russia cresciuto nel Maine sia sostanzialmente ignoto al pubblico non ha impedito ai funzionari della sicurezza di Putin di inserirlo nel novero degli americani su cui vorrebbe mettere le mani. Il peccato originale di Parker è quello di avere scritto per la gran parte il Magnitsky Act, la legge americana che sanziona a livello globale i violatori di diritti umani in Russia. La legge prende il nome da Sergei Magnitsky, l’avvocato di Bill Browder trovato morto in un carcere russo dopo undici mesi di detenzione.
Parker parla con il Foglio dopo che la “incredibile offerta” formulata da Putin a Helsinki è tramontata: Washington non accetterà che gli uomini di Mosca interroghino gli americani nella lista in cambio dello stesso “favore” a parti inverse per i dodici agenti dell’intelligence russa incriminati dallo special counsel Robert Mueller. Il dipartimento di stato ha qualificato l’idea come “totalmente assurda”, il Senato ha votato 98 a 0 una mozione per impedire lo scambio, la Casa Bianca ha rifiutato l’offerta formulata a Helsinki ma allo stesso tempo ha apprezzato la “sincerità” dimostrata dal Cremlino, quasi avendo cura di esibire un certo grado di apprezzamento per la mano tesa del regime. Per Parker è uno dei dettagli più importanti in una vicenda che è ben lontana dalla sua conclusione: “E’ significativo che anche quando l’Amministrazione Trump ha rifiutato l’offerta di Putin ha deciso di rappresentarla come una proposta sincera. Si vede in questo il tentativo di trattare Putin con deferenza. Ma quella non era un’offerta sincera, era un’idea delirante. Non c’è il minimo paragone fra dodici persone della Gru incriminate da un procuratore americano e una invenzione totale”. Il capo di gabinetto della commissione Helsinki osserva che il Magnitsky Act non è appena un’iniziativa americana sgradita a Putin, ma è il centro in cui convergono tutte le ossessioni del Cremlino. Tutti gli americani nella lista sono in un modo o nell’altro legati alla vicenda dell’avvocato ucciso o alla legge che porta il suo nome. “Io sono nella lista – dice Parker – perché il Cremlino vuole rendere me e quelli della commissione pedine di scambio fra Mueller e l’intelligence russa. L’unico tema che unisce gli undici americani nella lista è la connessione con il caso Magnitsky. Si tratta di persone che hanno implementato la legge o che hanno cintribuito a scriverla, come me. Perché questa ossessione? Certamente a Putin interessano gli effetti della legge, ma al contrario di molti altri programmi sanzionatori, questo è molto personale, semplice ed equo. Non danneggia interi settori dell’economia russa, ma si concentra esclusivamente sui comportamenti individuali dei singoli. In un certo senso credo che Putin tema una legge che è efficace sulle persone che un domani potrebbero essere in strada a rovesciare il suo regime”.
Quelli come Parker, operai silenti ed efficaci nel contrasto al governo di Putin, sono quelli che distribuiscono le armi a oppositori del governo che per il momento sono soltanto potenziali. Includere anche lui e la commissione che rappresenta, un organo bipartisan inquadrato nel ramo legislativo del potere, in una lista di persone di interesse esprime “una forma di escalation del conflitto”. Passare dal castigo a un ambasciatore molto ciarliero a un funzionario semisconosciuto che di mestiere scrive le leggi è un salto di qualità. Spiega Parker: “Putin sta criminalizzando l’intero processo legislativo americano. Noi non abbiamo fra gli obiettivi nessun rappresentante di uno staff legislativo in Russia. Penso che Putin stia cercando di indurre un clima di paura nelle seconde linee, nei luogotenenti, perché crede che siano più facili da intimidire e allo stesso tempo producono iniziative che minacciano davvero il suo regime”. La personalità sempre eccessiva e strabordante di Trump trasforma ogni cosa in un rumoroso scontro di tweet e personalità, ma la nuova guerra fredda si combatte in gran parte nelle seconde linee.
Dalle piazze ai palazzi