Lombardi, il vicino di Donald che traduce il verbo gialloverde a Washington
La cerniera fra la Trump Tower e i “popolarismi” europei
Cambridge, Massachusetts. Guido “George” Lombardi insiste sul fatto che il suo ruolo nella galassia di Donald Trump è strettamente informale, senza titoli né ruoli ufficiali, ma talvolta gli uomini del presidente ricorrono ai suoi consigli – sempre rigorosamente informali – sulla sua area di expertise, quella dei movimenti nazionalisti e sovranisti europei, che lui preferisce chiamare “popolaristi”.
Foto tratta dalla pagina Facebook di Guido “George” Lombardi
E’ successo, racconta al Foglio, anche per la visita del premier Giuseppe Conte alla Casa Bianca: “Mi hanno chiesto di aiutare a spiegare questa coalizione di governo inedita al presidente, perché non è facile capire l’attuale situazione collocandola sullo sfondo della storia politica italiana. L’ambasciatore italiano è un amico e una bravissima persona, ma a parte lui non è che ci siano molti in grado di farlo”, dice Lombardi. Così è andato a Washington, ha illustrato la sua prospettiva in incontri di cui non può rivelare i dettagli, poi in gran fretta è volato a Tampa, per accompagnare il presidente nel suo tour.
Lombardi dice che il dossier più importante emerso dall’incontro è la rinnovata cooperazione sul terrorismo, “che per Trump significa esclusivamente terrorismo islamico, e dunque è collegato alla situazione in Iran: l’Italia ha ottenuto garanzie sulla protezione delle aziende che fanno affari con Teheran se ci sarà una destabilizzazione delle relazioni”. Poi ci sono i rapporti con l’Europa. Il governo italiano, dice Lombardi, è il partner ideale di Trump per moderare il potere di Angela Merkel e “dell’altro scemo con l’amico marocchino in Francia”, ma offre anche la sponda per prendere le distanze dal “sottomarino inglese”: “Probabilmente Trump vuole mollare il sottomarino Gran Bretagna e mettere più peso sulla portaerei italiana: ho detto così agli interlocutori americani”, racconta. Non c’è traccia della presenza di Lombardi negli incontri ufficiali, ma è un po’ questo il vantaggio strategico che si attribuisce: la sua azione di influenza avviene in altre sale, in altre forme, più sui campi da golf di Mar-a-Lago che nei briefing ufficiali. Del resto, Trump è il re indiscusso delle relazioni informali che affiancano e talvolta si confondono con quelle ufficiali.
Investitore immobiliare, consulente politico, ex direttore esecutivo del Consiglio internazionale per lo sviluppo economico, animatore di fondazioni dai nomi pretenziosi tipo North Atlantic League, scrittore di libri di nicchia come “Libertà e Progresso Economico” e l’atteso sequel “The Value Matrix”, creatore di gruppi social che rifiuta l’etichetta di troll, Lombardi si presenta come cerniera fra i sovranismi europei e il trumpismo. E’ stato lui a portare Marine Le Pen nella lobby della Trump Tower durante la campagna presidenziale, nella vana speranza che il candidato la ricevesse. Lombardi ha spiegato che sono state ragioni di sicurezza ad impedire l’incontro. Nel curriculum vanta collaborazioni di vecchia data con la Lega e contatti con tutti i protagonisti della destra europea, da Geert Wilders a Viktor Orban. La relazione personale con Trump è nata per circostanze immobiliari. Ha comprato un appartamento alla Trump Tower, qualche piano sotto quello di Donald, e nei circoli trumpiani di Palm Beach è stato introdotto dalla sua seconda moglie, Gianna Lahainer, vedova dell’immobiliarista Frank Lahainer. Instancabile socialite e uomo di relazioni, si è esercitato a lungo in quell’arte di confine fra la photo opportunity e il photo bombing: sul suo sito è ritratto innumerevoli volte insieme a Trump, ma anche accanto a Giovanni Paolo II, Antonin Scalia, Shimon Peres, Bill Clinton. C’è pure Roberto Maroni, assieme al ciuffo più famoso d’America. Il presidente lo ha definito un “amico di vecchia data” e durante la campagna gli ha affidato, sempre informalmente, il compito di creare e mettere in contatto gruppi sui social di sostegno a Trump, una foresta di nomi e prestanomi che va da “People Front for the Liberation of Europe” a “Trumpaholics Anonymous”. Un profilo sovranista-trumpiano del genere dovrebbe teoricamente associarlo a una figura come quella di Steve Bannon, ma per Lombardi l’ex stratega della Casa Bianca che ora agita i populismi europei è un “falso profeta”, un “filo-nazista” che nel complicatissimo universo delle relazioni trumpiane “vale meno del due di picche”. Lui, al contrario di Bannon, è un vero amico di Trump. Rigorosamente senza ruoli formali.
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