Quel movimento di intellettuali che rilancia dalla Francia il sogno europeo
Raphael Glucksmann e le voci su una candidatura europea
Parigi. Mancano otto mesi alle elezioni europee, ma a Parigi qualcosa già si muove, anche al di fuori della macronia, in questi giorni molto impegnata a gestire l’affaire Benalla. Il Parisien ha rivelato che nel microcosmo parigino si rincorrono le voci di una possibile candidatura di Raphaël Glucksmann, intellettuale e direttore del Nouveau Magazine littéraire, alle elezioni europee. “Ha voglia di candidarsi”, ha sussurrato una fonte al quotidiano di Parigi. Glucksmann, 38 anni, è uno dei pensatori di riferimento della nouvelle vague progressista ed è l’autore di un pamphlet contro i reazionari à la Zemmour, “Manuel de lutte contre les réacs”. Il Monde lo ha definito “l’antireazionario”, e nella capitale sono in molti a credere nella sua figura per federare gli intellettuali smarriti dalla crisi dell’europeismo e del progressismo. “Preferisco l’insolenza della rivolta alla gentilezza della dominazione”, afferma Glucksmann.
Secondo le informazioni del Parisien, il direttore del Nouveau Magazine littéraire starebbe pensando di creare un movimento, politico e metapolitico, riunendo intellettuali, scrittori ed economisti che condividono la sua stessa idea del mondo e considerano la democrazia transnazionale europea l’idea più bella e coraggiosa degli ultimi cent’anni. Le sue intenzioni sembravano chiare già lo scorso maggio, quando sulle pagine della rivista che dirige ha pubblicato un intervento che assomigliava molto a un manifesto: “Europe année zéro”. “Essere una donna polacca che manifesta per i suoi diritti, un giovane ungherese che sfila contro Orbán, un indignato della Puerta del Sol a Madrid, un volontario del Parc Maximilien di Bruxelles. Essere europeo, insomma. O non esserlo, rassegnarsi a non diventarlo mai veramente. Questo è l’immenso quesito cui dobbiamo rispondere. La grande sfida della nostra generazione. Raramente nella storia un’idea così bella e coraggiosa – la creazione di una democrazia transnazionale – è stata difesa da persone così pusillanimi e titubanti come i nostri attuali dirigenti”, si legge all’inizio dell’intervento. E ancora: “Abbiamo internet, EasyJet, l’euro, eppure i nostri orizzonti sono spesso meno europei e meno cosmopoliti di quelli dei pensatori fiorentini del Quindicesimo secolo o dei filosofi francesi del Diciottesimo. Mobilizziamoci per lanciare un Erasmus della cultura che non sia una confederazione di guardiani dei musei (…) Non abbiamo più tempo da perdere. Appropriamoci della campagna che verrà per ridare a questa Unione traballante il profumo d’utopia che è evaporato nei corridoi di Bruxelles. E’ giunto il momento”. Se non sarà una candidatura quella che ufficializzerà Glucksmann entro le prossime settimane, sarà comunque un “messaggio forte in vista delle elezioni europee”, racconta il Parisien: una scossa intellettuale da parte di una quarantenne da sempre impegnato a sinistra con idee chiare sulla necessità di tornare a pesare gramscianamente nel dibattito cultuale.
Per Jean Birnbaum, giornalista e scrittore responsabile dell’inserto letterario del Monde, “la battaglia per riappropriarsi collettivamente dell’idea europea lanciata da Glucksmann è fondamentale perché pone al centro un tema spinoso come quello dell’identità”. Secondo Birnbaum, “per molto tempo il progressista è stato un patriota europeo anche se questo patriottismo non è mai stato rivendicato in maniera chiara. Cos’è il progressismo? E’ l’umanità in cammino verso un mondo migliore. E questo ‘mondo migliore’ era l’Europa, la vita europea, le società europee, il modus vivendi europeo. Ma oggi il progressismo non rivendica più totalmente il suo eurocentrismo, il fatto che sia ancorato a una certa civiltà, quella europea appunto, con dei valori ben definiti e un certo modo di vivere”. La sfida, sottolinea Birnbaum, “è quella di ritrovare la capacità di dire ‘noi, europei’, di dire forte e chiaro in nome di quali valori viviamo e lottiamo tutti i giorni, a cosa teniamo e per cosa siamo disposti ad arrabbiarci, per non lasciare ai populisti il monopolio di questioni centrali come l’identità, la nazione, l’eredità culturale, le origini. I progressisti, ora, fanno fatica ad affrontarle, ma dovranno farlo se vorranno organizzare una controffensiva. Nel cuore del progressismo come ideologia e come immaginario c’è un eurocentrismo forte che va riesumato”.