Chi ha provato a uccidere Maduro?
Girano molte ipotesi sull'attacco al presidente venezuelano, dall'auto-attentato alla bombola del gas esplosa fino ai droni
Chi ha provato a uccidere il presidente del Venezuela Nicolás Maduro? E si è trattato davvero di un attentato? Erano le 17,41 locali di sabato 4 agosto, le 23,41 italiane, quando durante una sfilata militare per commemorare gli 81 anni della Guardia nazionale si sono sentite tre esplosioni. Come ha riferito il ministro della Comunicazione e dell'Informazione, Jorge Rodríguez, “una esplosione proveniva da un drone di fronte al palco presidenziale; un'altra da un secondo drone che si è alzato ed è esploso verso il lato destro del palco; il terzo è saltato in aria nei pressi di un edificio al sud del palco”. Sarebbe stato in particolare il secondo drone a provocare quel fuggi fuggi di militari e dei loro familiari in diretta tv, su cui molti venezuelani sui social network hanno ironizzato. “Ecco il coraggio dei soldati che ci devono difendere dall'imperialismo yankee”, dicevano. Sette militari sono comunque rimasti feriti.
Subito dopo, Maduro ha dato la colpa al presidente colombiano Juan Manuel Santos, sostenendo che era quella l'autentica interpretazione di un suo recente discorso, secondo cui “il regime venezuelano è alla fine”. Ma in Colombia il presidente uscente è invece ancora investito di pesanti polemiche per la pace con le Farc da lui imposta malgrado la bocciatura per via referendaria, e per cui ha ricevuto il Nobel della Pace. “Ma se era Santos il miglior amico di Maduro!”, ha ironizzato l'ex presidente Andrés Pastrana, tra i più duri critici del processo di pace.
#CaraotaEnCaracas | #Testimonio "En este apartamento no había ninguna bombona de gas, simplemente fue un dron casero que chocó contra el edificio y explotó", declaró habitante del edificio afectado por situación irregular / Reportó @IreneMSola pic.twitter.com/ncvDgy3rva
— CaraotaDigital (@CaraotaDigital) 5 agosto 2018
“Abbiamo arrestato sei terroristi e sicari”, ha detto il ministro dell'Interno, Néstor Reverol. Non appena arrivata la notizia, l'opposizione ha parlato di una montatura del regime per giustificare una ulteriore stretta repressiva. “Auto-attentato”, è ad esempio il secco commento che ha rilasciato al Foglio Antonio Ledezma, destituto sindaco di Caracas che ha ricevuto il Premio Sakharov del Parlamento europeo. Ma presto si è diffusa un'altra interpretazione, secondo cui in realtà a esplodere era stata una bombola del gas in un appartamento nei paraggi. Ne ha parlato la stessa Associated Press, citando fonti dei Vigili del Fuoco. Enrique Aristeguieta Gramcko, 85enne dirigente dell'opposizione già nel 1958 e membro della Giunta patriottica che rovesciò la dittatura di Marcos Pérez Jiménez, ha diffuso via Twitter la tesi secondo cui, spaventati dall'esplosione improvvisa, i militari avrebbe semplicemente abbattuto i droni con cui la tv di stato Vtv stava seguendo l'evento. I video mostrano effettivamente droni che esplodono, ma piuttosto lontano dal bersaglio. In molti osservano che non ci sono spari e che i feriti sono vittime del fuggi fuggi generale.
Me llegó esta versión sobre lo de ayer: La explosión del gas en un apartamento, causó alarma y por confusión derribaron los drones de VTV que cubrían el acto. Lo demás fue el pánico desatado que todos vimos. Ni atentado ni montaje,solo miedo y nerviosismo.
— Enrique Aristeguieta (@EAristeguieta) 5 agosto 2018
È un fatto che comunque l'attentato è stato condannato solo dai governi più stretti alleati di Maduro: Cuba, Nicaragua, Bolivia, Russia, Iran, Siria. Il resto del mondo è rimasto in un sostanziale silenzio che sembra accreditare l'impressione della montatura. Però non è mancata una rivendicazione. È a nome di un misterioso Movimiento Nacional Soldados de Franela che ha sostenuto di aver utilizzato esplosivo plastico C4. “Non ci siamo riusciti adesso ma abbiamo dimostrato che Maduro è vulnerabile”, hanno detto. “È solo questione di tempo”.
Dalle piazze ai palazzi