Kim Jong-un è ambiguo. La Corea del sud salva ancora la faccia a Trump
I dubbi del presidente americano sulla denuclearizzazione di Pyongyang rendono cruciale il ruolo diplomatico di Seul e l'incontro di settembre tra il dittatore e il presidente Moon Jae-in
Roma. Il terzo incontro tra il presidente sudcoreano Moon Jae-in e il leader nordcoreano Kim Jong-un si terrà a settembre a Pyongyang. La notizia è stata diffusa con un comunicato congiunto ieri, dopo un incontro a livello ministeriale nella parte nord del villaggio di Panmunjeom, nella Zona demilitarizzata. Il ministro dell’Unificazione di Seul, Cho Myoung-gyon, ha incontrato il suo omologo nordcoreano Ri Son-gwon, presidente del Comitato per la pacifica riunificazione, per discutere di “diverse questioni” volte alla “implementazione della dichiarazione di Panmunjom” e alla cooperazione tra i due paesi, che comprende anche la riunificazione delle famiglie e l’eventuale apertura di un ufficio diplomatico all’interno del complesso industriale congiunto di Kaesong, chiuso sin dal 2016. Moon e Kim si erano visti per la prima volta il 27 aprile scorso, per lo storico summit intercoreano avvenuto sempre al confine tra le due Coree, e poi si erano visti di nuovo a sorpresa un mese dopo, sempre a Panmunjom, ma senza giornalisti: una riunione d’emergenza, sembra, a seguito delle ripetute minacce di annullare il vertice America-Corea del nord, che poi si è svolto a Singapore il 12 giugno.
Il ruolo diplomatico della Corea del sud di Moon Jae-in, fino a oggi, è stato determinante per garantire al resto del mondo un dialogo con il Nord. Il problema, semmai, è la fiducia riposta da Washington nei confronti della “sincerità” di Pyongyang sulla denuclearizzazione. Il presidente americano Donald Trump ha detto che la questione della minaccia nordcoreana è “risolta”, ma a distanza di due mesi è ancora difficile capire quale siano i risultati. La Corea del nord si sta muovendo per dimostrare all’America di aver ottemperato ai suoi obblighi minimi con segnali “cosmetici”, ma nessun progresso è stato fatto finora sulla denuclearizzazione. Anzi: qualche giorno fa Alex Ward su Vox ha pubblicato per la prima volta i dettagli della timeline che l’Amministrazione Trump avrebbe presentato ai nordcoreani, che consisterebbe nella consegna del 60-70 per cento dell’arsenale nucleare “all’America o a uno stato terzo” entro i prossimi sei, otto mesi. Una proposta già rifiutata da Pyongyang, anche quando il segretario di stato Mike Pompeo si è recato di nuovo di persona nella capitale nordcoreana, subito dopo il vertice di Singapore. Una fonte ha detto a Ward che l’obiettivo primario di Pompeo, in questa fase negoziale, è quello di sapere il numero esatto di testate nucleari in possesso dei nordcoreani. Le trattative tra Stati Uniti e Corea del nord sono in stallo, ed è perfino tornato a parlare il consigliere per la Sicurezza nazionale John Bolton, falco anticoreano, che ha detto che l’America “sta ancora aspettando” l’inizio della denuclearizzazione.
In questo impasse è chiaro che, ancora una volta, cruciale sarà il terzo incontro tra il leader Kim e il presidente Moon. Già alla fine del loro primo incontro avevano deciso che il presidente sudcoreano avrebbe visitato la capitale del Nord “durante l’autunno”. Vuol dire che tra le Coree – a parte qualche scaramuccia di percorso – tutto procede. La data del summit non è ancora stata ufficializzata, ma secondo una fonte diplomatica del Foglio potrebbe avvenire tra il 9 e il 18 settembre. Il 9, infatti, in Corea del nord si celebra la festa dell’Indipendenza. Sarà importante osservare che cosa faranno sfilare i nordcoreani alla parata, e se ci saranno i missili balistici: “In quel caso ci saranno problemi. Il 18, invece, si apre la 73° assemblea generale delle nazioni Unite a New York. Si chiacchiera molto di una eventuale dichiarazione di Pace congiunta tra Corea del nord e Corea del sud per quell’occasione. Addirittura si parla della presenza dello stesso Kim Jong-un nella Grande Mela”, spiega la fonte. Fino a oggi, oltre all’alleggerimento delle sanzioni economiche, la richiesta dei funzionari di Pyongyang riguarda la trasformazione dell’armistizio del 1953, un obiettivo che è strategico soprattutto per l’altro gran manovratore di questa partita, la Cina. Un trattato di pace tra le Coree vorrebbe dire rendere “non necessaria” la presenza americana nella penisola.