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Corbyn l'antisemita

Giulio Meotti

Se il leader del Labour dialoga con i terroristi palestinesi responsabili della morte di cento israeliani

Roma. Molti ebrei inglesi, ha rivelato la Cnn la scorsa settimana, stanno pensando di andarsene, specie in caso si realizzasse il worst-case scenario: una eventuale vittoria di Jeremy Corbyn, il leader del Labour. Finora si era temuto che Corbyn fosse soltanto un vecchio arnese marxista incapace di scandire il diritto di Israele a esistere, reticente di fronte alla slavina giudeofoba presente nella sua nuova costituency di origine immigrata, infine un maestro di distinguo fra l’antisemitismo e l’antisionismo. Nell’ultima settimana, grazie a una serie di sensazionali inchieste giornalistiche, sembra che Corbyn abbia gettato la maschera. “Corbyn è un antisemita e deve scomparire dalla scena politica”, ha detto Shaul Ladany, il sopravvissuto alla Shoah che scampò al massacro alle Olimpiadi di Monaco ’72, quando undici atleti israeliani furono torturati e massacrati dai fedayn palestinesi. Era appena emerso che a Tunisi nel 2012 Corbyn aveva preso parte a una cerimonia sulla tomba di uno dei terroristi palestinesi di Monaco, Atef Bseiso. In quell’occasione (esclusiva del Times) Corbyn è stato anche fotografato con Maher al Taher, leader in esilio del Fronte popolare per la liberazione della Palestina. Un mese dopo l’incontro con Corbyn, Taher rivendicò la strage alla sinagoga di Har Nof a Gerusalemme, in cui quattro rabbini furono trucidati durante le preghiere del mattino. Tra le vittime c’era anche Avraham Shmuel Goldberg, un rabbino inglese, un concittadino del leader laburista.

 

Ieri il Daily Telegraph ha messo un altro carico da novanta sul leader laburista inglese. Jeremy Corbyn ha partecipato a una conferenza con alcuni leader militari di Hamas condannati per aver orchestrato una serie di spaventosi attacchi terroristici durante la Seconda Intifada. Si tratta di una conferenza alla quale ha partecipato un certo numero di alti funzionari di Hamas, tra cui Khaled Meshaal, l’ex leader numero uno di Hamas, che è in una lista nera di terroristi del Regno Unito, e Husam Badran e Abdul Aziz Umar, condannati all’ergastolo in Israele per aver contribuito alla preparazione di numerosi attentati poi scambiati con il caporale Gilad Shalit.

 

“La nakba (giorno della catastrofe, come gli arabi chiamano la nascita di Israele, ndr) che ci ha reso rifugiati è avvenuta tramite la forza e il ritorno sarà realizzabile soltanto attraverso la resistenza militare e armata e nient’altro”, dice Badran alla conferenza in Qatar cui prese parte anche Corbyn. Tre giorni dopo la conferenza, Jeremy Corbyn ne scrive sulla sua rubrica che tiene per il Morning Star, dove spiega di aver ascoltato i discorsi tenuti dai palestinesi rilasciati “in cambio del soldato israeliano Gilad Shalit”, aggiungendo che “il loro contributo era affascinante ed elettrizzante”.

 

Quando Corbyn rifiutò di andare a Yad Vashem

Badran è responsabile per gli attentati alla discoteca Dolphinarium di Tel Aviv, a due ristoranti a Gerusalemme e Haifa, a una stazione ferroviaria, a due autobus e al Park Hotel a Netanya (il peggior attentato terroristico nella storia israeliana). Attacchi che in totale hanno provocato la morte di oltre cento civili israeliani. Se il leader del potenziale primo partito del Regno Unito non trova nulla di strano nell’omaggiare la tomba degli assassini di Monaco, nel farsi fotografare con chi ha ordinato la strage dei rabbini in una sinagoga di Gerusalemme e nel tenere conferenze con chi ha diretto micidiali attentati suicidi durante l’Intifada e assemblato cinture esplosive, significa che qualcosa non va soltanto in Corbyn, ma nell’Inghilterra che lo ha incoronato a capo del Labour.

 

Nel settembre del 2016, Jeremy Corbyn rigettò una richiesta del Labour israeliano di Yitzhak Herzog di andare a Gerusalemme a deporre una corona di fiori al memoriale della Shoah, lo Yad Vashem. Corbyn li aveva usati tutti sulle tombe dei terroristi di Monaco.

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  • Giulio Meotti
  • Giulio Meotti è giornalista de «Il Foglio» dal 2003. È autore di numerosi libri, fra cui Non smetteremo di danzare. Le storie mai raccontate dei martiri di Israele (Premio Capalbio); Hanno ucciso Charlie Hebdo; La fine dell’Europa (Premio Capri); Israele. L’ultimo Stato europeo; Il suicidio della cultura occidentale; La tomba di Dio; Notre Dame brucia; L’Ultimo Papa d’Occidente? e L’Europa senza ebrei.