E se nel 2020 un tweet di Trump provocasse un attacco nucleare contro l'America?
Un romanzo che è molto più credibile della propaganda
Roma. “Il cielo sulla penisola coreana il 21 marzo del 2020 era limpido e azzurro. Nessuno dei 228 passeggeri a bordo dell’Air Busan (BX) 411 all’aeroporto internazionale di Gimhae di Busan, in Corea del sud, aveva alcuna ragione per pensare a un volo turbolento”. Inizia così l’ultimo romanzo di Jeffrey Lewis, accademico al James Martin Center for Nonproliferation Studies e meglio conosciuto per il suo blog Arms Control Wonk, ma soprattutto uno dei massimi esperti al mondo di Corea del nord. Un romanzo sulla prevedibilità dell’imprevedibile, e sulle lezioni politiche che abbiamo ancora da imparare. Succederà ancora? E se succederà, come sarà?
Il libro si chiama “The 2020 Commission Report on the North Korean Nuclear Attacks Against the United States - A Speculative Novel” (Penguin, 2018), titolo eloquente. “Speculative” sta proprio per indagine, perché non c’è una sola riga del romanzo di Lewis che non sia legata ai fatti, ai dati reali, ed è una cronaca esatta di quello che sarebbe potuto accadere, se l’azzardo non avesse portato, per qualche motivo legato al destino o all’imprevedibile, appunto, la storia del mondo da un’altra parte. Per ora.
Le armi atomiche sono un nemico infido e imprevedibile. Chi le possiede sa di avere il controllo su ciò che è più difficile controllare: la paura, l’inganno del negoziato, l’inganno delle pasticche di iodio e dei rifugi antiatomici, e poi di nuovo la paura. L’unica volta nella storia dell’umanità in cui le Bombe sono state usate con fini bellici è stato in un attacco a sorpresa. E sono settantatré anni che il Giappone cerca di superare il trauma del tradimento, la strage più grande del mondo che ha cambiato il mondo. Quel precedente è la nostra lente, attraverso le immagini di Hiroshima e Nagasaki abbiamo interiorizzato la paura della Bomba, a partire dall’orrore del ’45 siamo passati al terrore della Guerra fredda: succederà ancora? E se succederà, come sarà?
Per anni la narrazione sulla Corea del nord è stata fondata sulla questione del nemico “imprevedibile”. Un nemico che voleva le armi atomiche e non sapevamo se le avesse davvero. Poi, tra il 2016 e il 2017, siamo stati costretti a riconoscere la verità. Kim Jong-un, il leader nordcoreano, non è un dittatore psicopatico con manie di grandezza e uno strambo taglio di capelli, ma ha guidato il suo paese per realizzare il sogno del nonno Kim Il-sung: trasformare la Corea del nord in una potenza nucleare.
Ci è riuscito. Ed ecco di nuovo la paura dell’imprevedibile, del giovane leader che con l’asse del male ha una cosa in comune, l’odio per l’America. La paura ha percorso l’intero 2017 fino alla cerimonia di apertura delle Olimpiadi invernali, e poi l’incontro con il presidente sudcoreano Moon Jae-in e quello americano Donald Trump, e in pochi mesi il nemico dell’America è diventato un “problema risolto” – come ha detto più volte Trump. Ma sappiamo che di denuclearizzazione non se ne parla. Eppure è stato il presidente tycoon, una volta arrivato alla Casa Bianca nel novembre del 2016, a decidere di usare Twitter per alzare l’asticella della tensione – una mossa mai tentata da nessuno, sempre in nome di quella “imprevedibilità” che divide l’analisi e la strategia politica dall’azzardo.
Il racconto di Lewis inizia nel 2023, il primo marzo. La voce narrante è un membro della Commissione istituita dal governo americano – che nel frattempo si è trasferito in una zona rurale della Virginia mentre si ricostruisce Washington – che investiga sul disastro dei bombardamenti avvenuti nel marzo del 2020. “Il nostro mandato era piuttosto vasto”, scrive Lewis, “indagare su come è iniziata la guerra nucleare, se i nostri sforzi per prepararci all’emergenza siano stati sufficienti, e se il nostro governo aveva capito la visione della Corea del nord in merito alle armi nucleari e se fosse adeguatamente preparato per combattere una potenza atomica”. In un suo articolo su Foreign Policy, pubblicato nel gennaio del 2017, Lewis già scriveva che l’imprevedibile, l’incidente, avrebbe potuto portare alla guerra con la Corea del nord. Perfino un cinguettio sbagliato del presidente.
Usa la stessa intuizione per portare avanti il romanzo: il dialogo tra America e Corea del nord fallisce. Washington e i suoi alleati ricominciano le esercitazioni militari, sempre più aggressive, per mandare “dei messaggi di guerra a Pechino e Pyongyang”, che nel frattempo testa dei missili. L’aria è tesissima. Il volo commerciale sudcoreano partito da Busan passa troppo vicino alla Zona demilitarizzata, i nordcoreani lo scambiano per un bombardiere americano. Lo abbattono. Donald Trump, da Mar-a-Lago, subito prima del briefing nella Situation Room, tuitta: “Il Little Rocket Man non sarà in giro ancora per molto”. Un cinguettio messo online un’ora prima che uno strike di missili convenzionali fosse ordinato dal governo sudcoreano come rappresaglia per la morte dei 228 passeggeri.
A Pyongyang prendono il messaggio molto seriamente: Trump sapeva, stanno per attaccarci sul serio. Dopo poche ore, Kim Jong-un ordina di usare le armi nucleari contro i nemici. Si alzano in volo tredici missili, che lo scudo americano in Alaska non riesce a intercettare. Sette Icbm colpiscono il territorio americano con la potenza di venti Little Boy. Fanno un milione e mezzo di morti. “The 2020 Commission Report” è un romanzo – dettagliato, convincente, e pieno di note e riferimenti a fatti realmente accaduti. Come spesso accade nelle questioni nordcoreane, è grazie alla fiction che possiamo immaginare la peggiore delle ipotesi. Per prevederla, ed evitarla.