La chiesa ortodossa tra religione e politica
Il patriarcato di Mosca non vuole perdere Kiev. Ci pensano gli hacker russi
Roma. Ieri Bartolomeo e Kirill si sono incontrati a Istanbul per parlare della questione ucraina. Il patriarca ecumenico di Costantinopoli è preoccupato. Il patriarca di Mosca è in agitazione. Petro Poroshenko, primo ministro ucraino, dice che è un fatto di “sicurezza nazionale”. Intanto Filarete Deniseko, approfittando dei vari stati d’animo che, tra politica e spiritualità, stanno mettendo sottosopra il mondo dell’ortodossia, si è autoproclamato patriarca di Kiev, ma la chiesa ortodossa ucraina non è autocefala. Non ancora almeno, non fino a quando Bartolomeo I, che è l’unico a poter prendere una decisione simile nel mondo ortodosso, non deciderà che il patriarcato di Kiev potrà smettere di essere dipendente da quello di Mosca e gli assegnerà il tomos di autocefalia. La guerra nel Donbass, l’annessione della Crimea da parte della Russia nel 2014, hanno avuto delle forti ripercussioni anche nel mondo religioso. Gli ucraini non sono più disposti a dipendere dal patriarcato di Mosca e non vogliono nemmeno tornare sotto Costantinopoli. Vogliono una chiesa autocefala. Il metropolita russo, Hilarion Alfeyev, portavoce del patriarcato di Mosca, mesi fa in un’intervista all’agenzia greca di informazione religiosa Romfea, profetizzava che se a Kiev verrà concessa la possibilità di creare una chiesa ortodossa nazionale e autonoma, in Ucraina “scorrerà del sangue”. La questione ucraina preoccupa tutti, non solo Bartolomeo che a giugno in un comunicato aveva ricordato che “quando un fratello viene definito scismatico e quindi viene a trovarsi fuori dalla canonicità della chiesa, siamo tutti chiamati a metterci in allerta”.
Anche il Cremlino, che da almeno vent’anni ha imparato a governare con l’esercito e la chiesa al suo fianco, sta cercando di tutelare gli interessi di Kirill in ogni modo. Anche con gli hacker. Il divorzio spirituale da Kiev infliggerebbe un duro colpo alla chiesa russa e secondo quanto riportato da Associated Press, lo stesso gruppo di hacker accusato di aver interferito nelle elezioni americane, Fancy Bear, avrebbe preso di mira le mail di alcuni assistenti di Bartolomeo: Bartolomeo Samara, un confidente del patriarca, Emmanuel Adamakis, un autorevole gerarca nella chiesa, ed Elpidophoros Lambriniadis, che dirige un prestigioso seminario sull’isola turca di Halki. Tutti coinvolti nel problema tomos. Il patriarca è l’unica persona che può risolvere la questione ucraina e il Cremlino starebbe cercando di aiutare la chiesa russa a mantenere il suo potere tradizionale e il controllo su Kiev, culla dell’ortodossia e dell’identità religiosa russa. Vladimir Putin ha sempre cercato di ristabilire il tradizionale rapporto tra chiesa e potere, interrotto durante l’Unione sovietica, ha capito che tanti voti possono arrivare proprio attraverso l’attività religiosa e, proteggendo il ruolo e l’autorità del patriarcato, il presidente si è anche conquistato il titolo di difensore dei valori tradizionali. Ma è anche una questione di potere, se non di principio. Se Bartolomeo concedesse a Kiev il tomos di autocefalia, Mosca perderebbe prestigio. La chiesa ortodossa ha detto di non sapere nulla dell’hackeraggio, si è rifiutata di rilasciare altri commenti sull’argomento e i funzionari del governo hanno ribadito di non avere nulla a che fare con Fancy Bear. Ma se il patriarcato di Mosca dovesse perdere Kiev sarebbe lo stesso Cremlino, Putin in prima persona, a perdere popolarità. Che la questione ucraina non sia un argomento meramente religioso, lo sa bene anche Petro Poroshenko. Il primo ministro ucraino ne sta facendo un argomento da campagna elettorale – a marzo del 2019 ci saranno le elezioni e anche lì gli hacker russi sembrano essere molto impegnati – e lo scorso aprile è andato a Istanbul a cercare di convincere Bartolomeo ad accettare una scissione. Non si tratterebbe di una scissione, ha avvertito Hilarion Alfeyev, ma di uno scisma, il più grande nel mondo cristiano dal 1054. Anche il metropolita di Mosca ha detto di non credere alla storia degli hacker, ma è convinto che dietro il tentativo di creare una chiesa ortodossa ucraina indipendente da Mosca ci siano tre forze: una è la forza politica; l’altra è quella ortodossa e infine ci sarebbero i greco cattolici uniti che vogliono indebolire l’ortodossia e sognano una chiesa nazionale dipendente da Roma.