L'Italia può facilitare una stretta di mano necessaria tra America e Iran
L'occasione è l'annuale Sessione dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite, dove si incontreranno a fine settembre i leader del pianeti
Alla fine di settembre i leader del pianeta si ritroveranno a New York per la consueta apertura della annuale Sessione dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite. Gli occhi saranno tutti puntati su Donald Trump e sulle modalità poco ortodosse attraverso le quali ha cambiato sostanzialmente l’approccio degli Stati Uniti alla diplomazia. L’atteggiamento “ruvido” dell’inquilino della Casa Bianca ha ottenuto indubbi successi ma ha anche contribuito ad alzare la tensione internazionale e a riaprire contrasti che sembravano avere imboccato la strada di una soluzione condivisa. Su tutti, il più importante e potenzialmente critico rimane quello con l’Iran. Di recente il New York Times ha adombrato la possibilità che possa essere organizzato proprio nel palazzo delle Nazioni Unite un incontro con il presidente Rohani sullo stile di quello avvenuto con l’arcinemico nordcoreano minacciato in passato di essere colpito da una offensiva militare senza precedenti. Non credo che l’incontro potrà avvenire così presto.
L’invito del NYT è comunque un sintomo che in molti ambienti americani, anche repubblicani, si stia valutando l’opportunità che la politica americana nei confronti dell’Iran possa ripartire su altre basi negoziali, a guida essenzialmente americana e questa volta senza interferenze europee, accantonando l’idea del regime change e oltrepassando il desiderio di molti paesi di mantenerlo come ” il miglior nemico possibile”.
L’ostilità dimostrata da Trump nei confronti del regime di Teheran ha portato in effetti a cancellare per ora gli importanti progressi che erano stati fatti negli anni scorsi con la conclusione dell’accordo di Ginevra per la dismissione del nucleare e la progressiva piena reintroduzione dell’Iran nella comunità internazionale. Le sanzioni economiche imposte alla Repubblica islamica hanno sortito l’effetto di isolare nuovamente il paese radicalizzandolo ulteriormente, e indirettamente di penalizzare anche gli altri stati occidentali (come anche l’Italia) intenzionati a ridare slancio alle relazioni economiche con l’Iran in tema di commercio e di investimenti. Il nuovo orientamento dell’attuale amministrazione americana ha soprattutto dimostrato che in medio oriente esistono ormai due fronti pericolosamente contrapposti. Da un lato gli Stati Uniti che hanno rafforzato l’alleanza con Israele e Arabia Saudita; dall’altro lato, la Russia che appoggia con sospetta decisione Iran e Siria.
Una situazione del genere rischia nel breve periodo di esacerbare l’attuale stallo, impedendo il raggiungimento di una soluzione definitiva dei principali dossier aperti. In primis, ovviamente, la questione siriana: Assad ha riconquistato il controllo di buona parte del territorio e ora si prepara ad attaccare l’ultima roccaforte dove rimangono gruppi di ribelli e fondamentalisti affiliati all’Isis, l’Idlib, con il sostegno di Iran, Russia e Turchia. L’Onu ha però lanciato l’allarme relativo al pericolo che a fare le spese di questa ennesima operazione militare siano i civili inermi, che rappresentano tuttora la maggioranza degli individui presenti a Idlib. Ecco perché la chiave della questione dovrebbe passare da una ripresa del dialogo tra gli Stati Uniti e l’Iran, al fine di trovare una modalità concordata per intervenire e riportare pace e stabilità in una martoriata Siria.
Il summit di New York potrebbe offrire alle diplomazie di America e Iran una prima occasione per cominciare a lavorare a una “stretta di mano” tra i due leader che potrebbe rivelarsi storica per mirare successivamente a una intesa che consenta, da un lato, di riportare Teheran fuori dall’angolo in cui si trova attualmente, e dall’altro alla regione mediorientale di pervenire a un quadro di stabilità politica. L’Europa si è dimostrata finora troppo prudente e accomodante di fronte alla volontà americana di smantellare l’accordo con l’Iran, di cui anch’essa faceva parte a pieno titolo. L’Italia in questa partita potrebbe invece trovare uno spazio per giocare un ruolo di facilitatore che le deriva dai tradizionali legami storici ed economici e dall’esperienza personale sul campo mai interrotta.