Attraversa la strada e liberati della cupa demagogia, Europa
Macron, come la Thatcher, ha detto a un giovane quel che deve fare. E a tutti quanti come liberarsi dai totem populisti
Tutti a sfruculiare Macron perché a un giovane che in strada gli ha detto avvilito la brutta fine che fanno i curriculum inviati alle imprese ha risposto che nella ristorazione e in altre attività produttive è pieno di imprenditori che cercano lavoratori, “se attraverso la strada le trovo un posto, via, si dia da fare”. L’uomo è fatto così, gentile, frizzante, ma indisponibile alla demagogia nella sua forma più diffusa e più indifferente ai fatti, cioè la cultura del piagnisteo. Il vittimismo non gli piace, sospetta l’elemento gallico di essere refrattario ai cambiamenti, alle riforme, e lo dice incurante della minima cautela, prende di petto tutto quello che sa di risentimento convenzionale contro la società e le leggi dell’economia, conta di risolvere le questioni serie con le misure riformiste ma poi, come fece la Thatcher quando disse che per trovare lavoro bisognava inforcare la bicicletta o prendere un aereo, il mondo è pieno di posti di lavoro in attesa di essere occupati, sbotta contro la cupa e autolesionista disfatta delle energie e delle coscienze, che è un tratto orripilante dell’umor nero contemporaneo.
Non si è fatto ingannare in principio dall’ottimismo e dalla faciloneria, da subito ha detto ai francesi che per liberare forze e attitudini occorre anche proteggere, sa quanto conti lo stato nel cuore statuale della centralizzazione e del colbertismo, e al suo paese e all’Europa ripete che il proteggere non è antiliberale, un quantum di welfare e di socialdemocrazia è incistato ormai nella storia, e con ragione, però non basta piangersi addosso, e liberarsi è giusto, un politico di movimento e di stato con la testa sulle spalle non può inseguire i feticci cupi delle masse per come i profeti della loro ribellione le rappresentano. Inoltre, ha un certo rispetto per i dati. Si sa anche da noi che ci sono e sono molti gli imprenditori in cerca di gente che lavori, e non la trovano, ma è d’uso comune credere come in un totem diabolico, in un fenomeno oscuro da esorcizzare, nelle stime sulla disoccupazione giovanile, la prova di un passato che non passa (l’arretratezza del sud e delle periferie) e di un futuro minaccioso (le tecnologie mangialavoro). Eppure le fortune dei demagoghi si costruiscono proprio su questi totem, l’immigrazione in Italia è calata del settantacinque per cento, in Europa del cinquanta per cento, ma è sull’ideologia della lotta allo straniero, della caccia al negher protagonista del grande rimpiazzo, che boss novissimi e vecchissimi bulli costruiscono le loro fortune elettorali.
Dire “attraverso la strada e ti trovo un lavoro” a un giovane che si lamenta è eccelso e anche eccessivo, se vogliamo, espone chi lo dice, specie se è il capo del sistema di decisione politica, a ironie e riprovazioni e ritorsioni già belle e fatte, già pronte per l’uso. Ma è un atto di coraggio e di verità. Può essere che sbagli, ma insisto: coraggio e verità contro le falsificazioni e la paura, è una linea senza alternative, bisogna non temere la riprovazione sociale usuale ed essere spavaldi, certo in un quadro in cui qualcosa si fa, e di importante, per proteggere, appunto, e per offrire garanzie e sicurezze. Il riformismo liberale del nostro tempo ha molte cose da rivedere, molte premesse da verificare di bel nuovo, molte correzioni alle sue tecniche da apportare, ma alla fine è questo, è un ottimismo filosofico e retorico suffragato da fatti e intenzioni e decisioni. Senza i fatti e il bagno di realtà non si combina nulla, ma con la cultura del piagnisteo, che è arrivata ad assumere le proporzioni gigantesche di un orco, e sta distruggendo ogni fiducia e ogni slancio, non si arriva ad alcuna conclusione positiva, si lascia il campo a orde di piagnoni capitanate dai praticoni della “democrazia illiberale”.