La debolezza di May e la cena del Labour
Il governo inglese si ingolfa sulla Brexit e a Liverpool i laburisti nascondono le loro faide, ma gli assenti si vedono
Milano. Il Labour inglese ha la fortuna di organizzare il proprio congresso di partito una settimana prima dei conservatori, e così spesso vive di rendita, o meglio: il lavoro dell’opposizione viene eseguito direttamente dai Tory, fratelli contro fratelli, che si scannano allegramente a mezzo stampa, mentre i laburisti continuano a occuparsi delle loro questioni, i redditi di cittadinanza e le nazionalizzazioni, aspettando che sia pronta la cena, a Downing Street magari. La fortuna del Labour è di avere un’avversaria, la premier Theresa May, debole e indebolita, schiacciata dai suoi falchi e schiacciata dall’Europa, che deve tenere il punto sulla Brexit. L’incontro a Salisburgo con i colleghi dell’Unione europea è stato un disastro per la May, i giornali parlano soltanto di “umiliazione” e la sterlina precipitava, e anche quando la May è ricomparsa davanti alle telecamere per confermare la sua posizione negoziale – il moribondo piano dei Chequers, unico progetto onnicomprensivo prodotto da Londra dal 2016 – è sembrata sfinita (è pure saltata la corrente a Downing Street, per dire).
Quale occasione migliore per riunirsi e festeggiare e non proporre qualcosa di concreto sulla Brexit? Oggi i laburisti iniziano ad arrivare a Liverpool, le donne sono attese in massa – la ministra ombra Emily Thornberry ha 17 discorsi, l’astro nascente all’Istruzione Angela Rayner ha quasi l’aria da leader, con la famiglia disfunzionale alle spalle e la fama di una che parla chiaro. Ma le fratture ci sono e ci saranno: il vice di Jeremy Corbyn, Tom Watson, non ha trovato uno spazio decente dove tenere il suo discorso, i suoi rapporti con il leader sono pessimi. Però se le tue faide sono meno dannose di quelle degli altri, va bene così.
I Tory sono sempre i più litigiosi, la May è sempre la più debole del reame, ma il Labour visto da vicino non è affatto in forma. Se si pensa anche solo all’anno scorso, quando le elezioni erano passate da poco e Corbyn sembrava il leader più rappresentativo della voglia di cambiamento e di futuro del Regno, il clima oggi è molto cambiato. E i sondaggi lo dicono: al governo c’è un partito davvero impopolare, ma il Labour non riesce a superarlo, e se la May è al 27 per cento dei consensi, Corbyn sta al 21. Lo scontro sull’antisemitismo ha avvelenato un partito già zeppo di scontri ideologici, e anche se l’ala moderata è sempre meno vitale – è la stagione del socialismo, bellezza – non si riesce a trovare una sintesi, nemmeno sul tema più facile di tutti (se sei all’opposizione, ovviamente) che è la Brexit. A Liverpool ci saranno molti sostenitori della campagna del People’s vote, il gruppo che chiede un referendum sull’accordo che il governo siglerà – se lo siglerà – con Bruxelles e che sta riempiendo sempre più piazze. Un documento fatto abilmente circolare tra le redazioni inglesi dice che se il Labour accettasse di allearsi con People’s vote e si schierasse per un secondo referendum guadagnerebbe almeno un milione e mezzo di elettori. Corbyn non ha mai voluto assecondare questa proposta, non fino a ora, così come non ha mai opposto una resistenza costruttiva ai piani del governo: preferisce l’ambiguità, anche se non è efficace. E sì che animare un partito contro la Brexit potrebbe essere divertente, persino di successo.
Liverpool, dove fino a mercoledì si terranno gli eventi del Labour, con tutto il nuovo mondo imposto dal corbinismo e da Momentum, era il cuore del Militant movement degli anni Ottanta, un gruppo trotskista che cercò di infiltrarsi nel Labour e che fu esplicitamente condannato da Neil Kinnock al congresso laburista del 1985. Frank Field – ha ricordato il Financial Times – che è stato parlamentare di una circoscrizione vicino a Liverpool dal 1979, fu “deselezionato” tre volte negli anni Ottanta dalla sinistra radicale: lo scorso mese ha detto di voler rimanere in Parlamento come indipendente, non più come un deputato laburista. Perché l’equilibrio è cambiato, si è ribaltato, è tornato al passato, con il potere che pende verso i radicali e tra le tredicimila persone che sono attese a Liverpool non ci sono molti parlamentari: non sentono il bisogno di esserci, non sono nemmeno troppo graditi. Field dice che il partito è stato travolto da “una cultura di cattiveria, aggressione e intimidazione”. La stessa dei Tory, si dirà, con la differenza che al Labour oggi basta stare fermo, opposizione statica, senza troppe ambizioni.
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