Christine Blasey Ford durante la deposizione in commissione Giustizia del Senato

L'audizione letale di Kavanaugh

Daniele Raineri

Calma, mite, precisa. Il giudice accusato di molestie trova una testimone da incubo sulla strada per la Corte suprema

New York. Christine Blasey Ford racconta alla commissione Giustizia del Senato americano cosa le hanno fatto “Brett” e “Mark” una sera d’estate in una delle audizioni pubbliche più attese di sempre e questo usare i nomi e i nomi soltanto riporta di colpo tutta la stanza dell’audizione – molto piccola – indietro al 1982. “Non era un party, eravamo lì in attesa che forse poi un party cominciasse davvero, c’erano Brett e Mark che chiaramente erano arrivati già ubriachi. Io sono salita al piano di sopra per andare in bagno ma quando sono arrivata in cima alle scale ho sentito qualcuno che mi spingeva da dietro in una camera da letto che era davanti al bagno e che mi buttava sul letto. Brett stava sopra di me, mi toccava dappertutto, cercava di spogliarmi ma non ci riusciva un po’ perché era ubriaco un po’ perché io sotto avevo ancora il costume intero che avevo usato in piscina, Mark stava in piedi a guardare, hanno alzato il volume dello stereo per coprire le mie urla, la cosa più terrificante è stata Brett che mi teneva la mano sulla bocca per impedirmi di urlare, credevo che mi avrebbe ucciso accidentalmente, che sarei morta soffocata. Per un paio di volte sono riuscita a incontrare gli occhi di Mark, ma non mi ha aiutato”. Come fa a essere sicura che si trattasse proprio di Brett Kavanaugh? “Come sono sicura di parlare con lei ora, senatrice”. Che cosa ricorda di più di quella sera? “Che ridevano entrambi, si stavano divertendo molto a mie spese, mentre io ero sotto Brett”, dice – mentre un numero enorme di tv americane, dagli aeroporti a Wall Street, è sintonizzato sulla diretta. La testimonianza va avanti. “Mark è saltato un paio di volte sul letto, la seconda volta sono riuscita a divincolarmi e a scappare dalla stanza e sono entrata nel bagno e mi sono chiusa dentro. Ho aspettato fino a quando non li ho sentiti scendere le scale, ridevano e colpivano le pareti con i pugni. Quando ho avuto la certezza che erano di sotto con gli altri sono scesa anche io, sono passata davanti a loro e sono uscita in strada. Mentre mi allontanavo dalla casa sono stata molto sollevata dal fatto che non mi stavano inseguendo”.

  

La deposizione giurata della professoressa Ford poggia su un fatto centrale: lei è una testimone educata, intelligente, mite, che quasi singhiozza mentre parla del tentato stupro ma per il resto si comporta con compostezza. A un certo punto dice che l’ansia di cui ha sofferto negli anni seguenti può essere stata aggravata anche da altri motivi perché si tratta di un disturbo “multifattoriale”. Viene da chiedersi cosa sarebbe successo se al suo posto ci fosse stata una persona meno capace di essere chiara e di spiegare bene le cose. In sintesi: è una testimone da incubo per i repubblicani, che ora si trovano a fare i conti con una deposizione credibile da parte di una donna che già si era rassegnata a non parlare per non diventare un bersaglio – com’è diventata, ha dovuto lasciare la casa per le minacce di morte – ma che poi ha deciso di parlare “per dovere civico”. 

  

Nel pomeriggio è cominciata la contro-deposizione di Brett Kavanaugh, che resta fedele a una linea semplice: negare tutto.

  

A questo punto, dice il commentatore conservatore Ross Douthat, è difficile ignorare la testimonianza credibile della Ford e fare finta che non abbia mai parlato, soprattutto perché non si tratta di un processo penale per stabilire la verità ma di un voto per portare Kavanaugh alla Corte suprema, l’istituzione più prestigiosa del paese. Il presidente Donald Trump, che conosce il valore delle immagini, due giorni fa s’era riservato di vedere la diretta dal Senato prima di decidere. Il voto di conferma o di respingimento della commissione Giustizia, dove i repubblicani dominano 11 seggi a 10, è alle tre di pomeriggio italiane di oggi e molti osservano che è stato fissato troppo presto, meno di ventiquattr’ore dopo la deposizione e che si tratta di un tempo troppo breve per giudicare. I democratici si fregano le mani e sognano a occhi aperti di tirare in lungo la faccenda fino al 6 novembre, il giorno delle elezioni di metà mandato. Se riuscissero a prendere il controllo della Camera (probabile) e del Senato (poco probabile) potrebbero bloccare le altre nomine di giudici da parte di Trump. Se i repubblicani procedessero a testa bassa e domani nominassero Kavanaugh, sul giudice e su ogni decisione della Corte penderebbe per sempre questa deposizione, sempre che il Senato lo confermi al suo posto. I repubblicani al Senato hanno una maggioranza risicata di 51 a 49 e ci sono due senatrici del partito, Lisa Murkowski e Susan Collins, che potrebbero decidere di stare dalla parte della professoressa Ford e di affossare Kavanaugh.

Di più su questi argomenti:
  • Daniele Raineri
  • Di Genova. Nella redazione del Foglio mi occupo soprattutto delle notizie dall'estero. Sono stato corrispondente dal Cairo e da New York. Ho lavorato in Iraq, Siria e altri paesi. Ho studiato arabo in Yemen. Sono stato giornalista embedded con i soldati americani, con l'esercito iracheno, con i paracadutisti italiani e con i ribelli siriani durante la rivoluzione. Segui la pagina Facebook (https://www.facebook.com/news.danieleraineri/)