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Ma i due sospettati di Salisbury non erano turisti?

Micol Flammini

Uno degli attentatori è un colonnello dell’intelligence militare russa. Le smentite goffe del Cremlino

Roma. A marzo Sergei Skripal, un’ex spia russa, e sua figlia Yulia vengono ritrovati su una panchina, accasciati l’uno sull’altra, a Salisbury, in Gran Bretagna. Erano stati avvelenati da un agente nervino di produzione russa, il Novichok. Pochi mesi dopo, anche Charlie Rowley e Dawn Sturgess, due cittadini britannici, entrano in contatto con la sostanza. Lei muore pochi giorni dopo. La polizia inglese fa sapere che ci sono dei sospetti tutti di nazionalità russa e a settembre svela che a compiere l’attacco contro Skripal sono stati Alexander Petrov e Ruslan Boshirov. “Non sappiamo chi siano”, dice Mosca. “Sono due agenti dei servizi militari russi”, sostiene Londra. Sono poi i siti investigativi Bellingcat e Insider a ottenere l’accesso ai passaporti dei due uomini e sui documenti trovano dei numeri e delle stampigliature usati dai servizi di sicurezza russi. I nomi, Petrov e Boshirov, non corrispondono alla vera identità dei due. Esaminando foto su foto, annuario su annuario e con l’aiuto di fonti anonime – il Cremlino sta tentando di scoprire in ogni modo chi sia stato ad aiutare i giornalisti – mercoledì sono riusciti a determinare l’identità di uno degli uomini: Ruslan Boshirov è un colonnello del Gru, l’intelligence militare russa, e il suo vero nome è Anatoli Chepiga. Vladimir Putin aveva detto che i due non erano noti alle autorità russe. Ma i fatti presentati da Bellingcat e Insider stanno diventando sempre più evidenti, ogni parola dei russi viene contraddetta da prove fattuali, ogni smentita del Cremlino si scontra con delle evidenze. E’ stato qualcuno del ministero dell’Interno a dare ai media foto, documenti, numeri di identificazione e, come ha detto una fonte all’agenzia di stampa Rosbalt, l’Fsb sta cercando i colpevoli, “i traditori”. I due “ordinari cittadini”, come li aveva definiti Putin, dieci giorni fa sono stati intervistati anche da Russia Today, la televisione del Cremlino. A ospitarli in studio c’era Margarita Simonyan, la direttrice dell’emittente. I due uomini sudavano, erano nervosi, hanno raccontato che a Salisbury hanno visitato la cattedrale, si presentano come Alexander Petrov e Ruslan Boshirov, due rappresentanti di prodotti dietetici. Altro errore, quell’intervista ha aiutato i giornalisti a confermare l’identità di Boshirov, anzi del colonnello Anatoli Chepiga, nato a Nikolaevsk, un villaggio siberiano di 300 abitanti, nel 1979. Subito dal paesino hanno confermato la sua identità: “Certo – ha detto una donna in un’intervista al quotidiano Kommersant – E’ Tolya, l’ho riconosciuto dalla voce e dall’aspetto”, anche lei era incappata nell’intervista della Simonyan.

  

Da Chepiga a Boshirov

Dopo aver prestato servizio in Cecenia, nel 2010 Chepiga riceve il suo primo passaporto segreto e il nome di Ruslan Boshirov: non tutti gli agenti del Gru hanno degli alter ego, solo coloro che svolgono missioni segrete. Nel 2014 Chepiga riceve la massima onorificenza conferita ai militari, quella di Eroe della Federazione russa. Ed è questo premio che ha portato Bellingcat e Insider a pensare che Vladimir Putin non poteva non conoscere Boshirov, dal momento che fu lui a premiarlo “per una missione di mantenimento della pace”, non meglio specificata. I giornali governativi, come la Komsomolskaya Pravda, che fino a martedì sostenevano che Boshirov e Petrov fossero dei “cittadini ordinari”, oggi, di fronte alle evidenze, scrivevano che sì, Boshirov in realtà è il colonnello Chepiga, ma proprio per questo non può aver avvelenato nessuno, il 4 marzo il colonnello era in una scuola di addestramento. Mercoledì la premier britannica, Theresa May, all’Onu ha attaccato nuovamente la Russia, ha parlato di prove, evidenze, fatti e ha chiesto forti ripercussioni. Il ministro degli Esteri russo, Sergei Lavrov, seduto non distante da lei le ha risposto che la “retorica britannica del molto probabile” sta ostacolando le indagini del Cremlino. Ma negli alibi di Mosca, goffi e distratti, si trova l’evidenza delle colpe dei russi che, nella fretta, hanno abbandonato il sarcasmo e sono arrivati al panico.