Il Nobel della Pace pro Israele. “Lo stato ebraico è un esempio per noi yazidi”
“Gli ebrei e gli yazidi condividono una storia comune di genocidio che ha modellato l’identità dei nostri popoli”. Così Nadia Murad, l’ex schiava sessuale dell’Isis
Roma. Il Premio Nobel per la Pace non è mai stata una istituzione considerata amica di Israele. Basta pensare all’arcivescovo sudafricano Desmond Tutu, a Yasser Arafat, all’ex presidente americano Jimmy Carter, al finlandese Martti Ahtisaari, per citare soltanto alcuni grandi avversari e critici dello stato ebraico. Quest'anno il Nobel è andato invece a una accesa sostenitrice e ammiratrice di Israele, l’ex schiava del sesso dell’Isis, la yazida Nadia Murad.
“Gli ebrei e gli yazidi condividono una storia comune di genocidio che ha modellato l’identità dei nostri popoli” ha detto Nadia qualche mese fa proprio in visita in Israele, dove è stata accolta alla Knesset, all’Università di Tel Aviv e allo Yad Vashem, il memoriale della Shoah. “La storia del popolo ebraico è una storia unica, eppure riecheggia nelle esperienze della mia stessa comunità. Come gli ebrei, gli yazidi hanno una storia antica millenaria. E nonostante la persecuzione, entrambi i nostri popoli sono sopravvissuti”. Nadia è stata aiutata dall’organizzazione umanitaria IsraAID e dall’ufficio israeliano della Società per lo sviluppo internazionale (Sid), che aiuta gli yazidi a vedere riconosciuto come un genocidio quello che hanno attraversato in Iraq. Quella ong israeliana IsraAID che Nadia ha definito “più efficace di molti governi”, e grazie alla quale Nadia è stata in grado di raccontare la sua storia al pubblico occidentale. È stato attraverso il lavoro di IsraAID con i rifugiati yazidi nel campo di Petra in Grecia, ora sgomberato, che il direttore dell’organizzazione Yotam Polizer ha capito che Israele poteva svolgere un ruolo importante per la causa yazida. “A differenza dei rifugiati siriani, che hanno visto il nostro logo con la stella di David e forse sono rimasti confusi, gli yazidi ci hanno accolto con un sorriso enorme. Hanno detto che per loro era una connessione naturale”, ha detto Polizer.
Nelle fonti ebraiche tradizionali, ci sono riferimenti a un gruppo noto come “Amgoshim”. Sono gli stessi “Magi” delle fonti cristiane, come i tre Magi che visitarono Gesù dopo la nascita, identificati da molti studiosi come sacerdoti zoroastriani. Alcuni studiosi israeliani, come Idan Barir, hanno ipotizzato che gli Amgoshim siano gli yazidi e che il termine sia l’origine della parola “magico”, perché sia gli zoroastriani sia gli yazidi sono considerati dei maghi. Gli yazidi ritengono poi che il pogrom antiebraico a Baghdad del 1941, il “Farhud”, fu il precursore di quello che sarebbe successo in Iraq alle minoranze religiose. In Israele, Nadia hanno tenuto incontri con i legislatori della Knesset e si è incontrata con i vertici dell’Università di Tel Aviv insieme a Polizer, nel tentativo di portare gli studenti yazidi a studiare in Israele. Decisivo il ruolo della parlamentare Ksenia Svetlova, che è a capo alla Knesset dell’intergruppo per il rafforzamento delle relazioni tra lo stato di Israele e il popolo curdo. “Ho sempre desiderato venire qui in Israele, molte vittime volevano venire a chiedere aiuto al governo e al popolo di Israele” ha detto Nadia. E ancora: “Prima di questo genocidio, avevo poche informazioni sulla comunità ebraica perché non abbiamo molti ebrei in Iraq. Poi ho visto che le comunità ebraiche ci sostengono. Come gli ebrei, gli yazidi hanno mostrato resilienza di fronte all’oppressione. Mantenere la propria identità è una forza di resistenza. Rifiutiamo di consentire che gli oppressori siano più forti di noi”. E’ questa la storia dei 70 anni di Israele.
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