Il 30 dicembre 2016, auto sfrecciano davanti al quartier generale del Dipartimento di intelligence dello stato maggiore russo (Gru) a Mosca (foto LaPresse)

Cattivissimo Gru

Daniele Raineri

L’intelligence militare russa è al collasso, affetta da una forma letale di sciatteria nelle missioni

New York. Stiamo assistendo al meltdown dell’intelligence militare russa (Gru) a causa di una serie di fughe di notizie e di rivelazioni nate da operazioni finite male. Ieri due siti investigativi che lavorano in tandem, l’inglese Bellingcat e il russo Insider, sono entrati in possesso di una lista di 305 nomi che è potenzialmente catastrofica per i servizi segreti russi. Si tratta dei nomi, numeri di telefono e date di nascita di tutti i proprietari di automobili che hanno registrato la propria vettura presso un indirizzo di Mosca che corrisponde a una base dell’intelligence militare. L’indirizzo è Prospettiva Komsomolsky 20 ed è quello dell’edificio dove lavora l’unità 26165, che si occupa di rubare dati via internet ed è cruciale nelle operazioni russe (per esempio ha scaricato illegalmente tutte le mail della campagna elettorale dei democratici americani nella primavera 2016 e poi le ha passate al sito Wikileaks, che le ha pubblicate con il pretesto della trasparenza). Se la lista fosse confermata l’intelligence militare russa perderebbe di colpo trecento agenti perché il primo requisito di un servizio segreto è, appunto, quello di essere segreto. Ovviamente il governo russo non confermerà, ma tutti i servizi segreti del mondo terranno quella lista di nomi nel primo cassetto della scrivania.

      

Alexander Gabuev, del think tank Carnegie, spiega che questo disastro molto evitabile è stato causato da fattori come la corruzione e la sciatteria. La lista del registro automobilistico russo non dovrebbe essere pubblica, ma si può recuperare facilmente sul mercato nero “fin dagli anni Novanta” perché è compilata da un ente che è notoriamente corrotto. Gli uomini sulla lista erano evidentemente riluttanti a dare il loro indirizzo privato di casa al momento dell’acquisto della vettura perché non si sa mai, e poi mettere l’indirizzo del Gru garantiva alcuni bonus molto comodi: per esempio niente multe, niente tasse e la polizia non ti può fermare. I siti investigativi sono arrivati a quella lista a partire da un altro disastro, successo due giorni fa.

   

Il ministero della Difesa olandese, in collaborazione con inglesi e americani, ha smascherato con molti dettagli un’operazione di spionaggio fallita ad aprile. Una squadra di agenti russi ha tentato di penetrare il wi-fi dell’edificio dell’Organizzazione per la proibizione delle armi chimiche all’Aia da una macchina posteggiata nelle vicinanze, ma è stata scoperta. Gli olandesi hanno pubblicato i nomi degli agenti e da lì, incrociando i nomi con i database che si possono scaricare da internet, si arriva alle trecento vetture registrate con i relativi guidatori all’indirizzo dell’intelligence militare. Ma c’è ancora un altro problema.

 

Gli agenti del Gru lavorano sotto copertura con passaporti russi che portano numeri seriali consecutivi. Esempio: se smascheri l’agente russo con documento 100 e in un’altra occasione ne smascheri un altro con documento 110, puoi sospettare a ragione che i nove passaporti in mezzo (101, 102, 103…) appartengono a nove spie. Di nuovo, le agenzie di sicurezza in tutto il mondo ringraziano. Questo dettaglio dei numeri consecutivi è saltato fuori durante un’altra operazione fallita – il tentato omicidio vicino a Londra del disertore russo Sergei Skripal, che due giorni fa Putin ha definito: “Sacco di merda, barbone, traditore della patria”. La lista con i numeri dei documenti in teoria non dovrebbe essere pubblica, ma è saltata fuori e il governo russo indaga. E’ chiaro che i servizi segreti russi non godono più di quella libertà operativa che avevano negli anni scorsi, sono in circolo dei nuovi anticorpi.

  • Daniele Raineri
  • Di Genova. Nella redazione del Foglio mi occupo soprattutto delle notizie dall'estero. Sono stato corrispondente dal Cairo e da New York. Ho lavorato in Iraq, Siria e altri paesi. Ho studiato arabo in Yemen. Sono stato giornalista embedded con i soldati americani, con l'esercito iracheno, con i paracadutisti italiani e con i ribelli siriani durante la rivoluzione. Segui la pagina Facebook (https://www.facebook.com/news.danieleraineri/)